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Eccoli, Rafa, i dieci luoghi di Napoli che non puoi perdere

1. Intanto il sangue, che da queste parti è il battesimo dei sovrani. Per i Savoia non si sciolse, per te lo farà. Nella scura cappella del Duomo il san Gennaro riberiano esce indenne dal fuoco e dall’aggressione delle belve e una serie di altre calamità. Trionfante.

2. E Santa Patrizia, perché se è vero che il miracolo del sangue è di Gennaro i miracoli del sangue sono di Patrizia, la parte femminile che non si risparmia, militante, assoluta, tenace, ogni martedì. Un Barocco esistenziale. Puntuale nelle attese.

3. Il Castel dell’Ovo, perché la nostra storia comincia lì, con una sirena che spiaggia e una città che nasce. Con un uovo – palla, rotonda, allungata, piantata nel cuore di un castello di tufo, commovente sospensione su uno degli sfondi più belli del mondo. Memoria.

4. Il sottosuolo, stretto impervio oscuro, il passaggio labirintico necessario. La catabasi di Orfeo che scendendo nell’Ade sconfigge la morte con la musica. Un budello lungo tombe, rifugi, cave, cisterne, cunicoli, strade intrecciate con le fondamenta dei palazzi; un mondo ribaltato e l’incontro con gli dèi di sotto, il ciclo della vita che non ti aspetti. Il Sacro.

5. La Pignasecca, la pizza a portafoglio, la calca, le voci la confusione, la rete di metropolitane e funicolari, che partono dal cuore della terra e ascendono alla vetta. Le Pedamentine tutte, di pietra, che si salgono e si scendono. Una città che si perde nel suo odore acre e se la percorri per intero ti porta fino al mare. Il rito d’iniziazione.

6. Castel Sant’Elmo e la Certosa di San Martino, imponenti conviventi dell’estremo limite napoletano verso l’alto. Il guerriero e il santo. Spettatori di rivoluzioni e miracoli. Il punto di vista della città, offerta allo sguardo nella sua interezza, contraddizioni e colori sospesi. Il mare che bagna le coste. Ispirante.

7. Piazza Mercato, la quinta di un teatro rovente. L’anima ingestibile dei napoletani, fedele e mai asservita, che non riconosce corone scettri né padroni. La Mamma Schiavona, che ha il volto scuro di un rimprovero sincero che come in un abbraccio consolatorio ci protegge. Prospettive d’amore.

8. Il Vulcano. La montagna di fuoco, perché i vesuviani la chiamano così. Con le baie che fanno da corona. le pianure ardenti e le colline. La potenza dormiente che influenza l’umore e lo spirito, che ci rende caduchi e forti allo stesso tempo, temprati da una delle forze più potenti della Natura. Il Vesuvio su cui Spartaco rivendicò la propria forza di gladiatore e la propria libertà di uomo. Entusiasmante.

9. Il Museo Archeologico. Le radici di marmo bianco, perfetta proporzione greca. La vera essenza di questa città, promemoria di un vissuto che siamo stati e siamo ancora, della nostra anima epicurea che ha percezione con tutti i sensi. I nostri marmi, dai superbi profili antichi ai secenteschi veli, ci richiamano a costumi eroici di sensualissime alchimie. Magnificante.

10. Il San Paolo e le due curve. Perché, per sapere dove vogliamo andare, dobbiamo ricordarci da dove siamo partiti. Perché se tutto passa una sola cosa resta ed è la maglia. E per quanta passione ci si possa mettere è la sola cosa che conta. Fedele.
Agnese Palumbo

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