Nostra Signora Clausola, protettrice di Cavani. Perché questo si sta rivelando finora. Se nel contratto del Matad’or non fosse prevista, oggi il Napoli vivrebbe giorni ancora più complessi. Nata come abitudine del calcio spagnolo, la abbiamo importata storpiandole il nome. Non è “rescissoria”, perché non revoca un contratto, non lo invalida; semmai è “risolutiva” perché scioglie un vincolo, lo disdice. Più semplicemente potremmo dirla “liberatoria”, però così pare che Cavani lo teniamo prigioniero. Invece prigioniero non è, quella clausola è pattuita con lui.
La clausola ha un difetto. Si presenta male. Quando si affaccia in un contratto, fa una brutta impressione. Offre un’idea di precarietà, di indefinitezza. Mette sul tavolo in modo esplicito il concetto che quel legame un giorno possa finire. Ma non è colpa sua, la colpa è del retaggio della nostra cultura. La clausola è anti-romantica. E’ un moto di ribellione al concetto borghese e languido dell’unione perenne. E’ come il patto prematrimoniale che firmano i ricchi quando si sposano, non vuol dire che vanno all’altare amandosi di meno rispetto a noi poveracci. E’ solo gente che si premunisce. La clausola è scapigliatura. “Date agli altri molta libertà, se volete averne”, dice Carlo Dossi, che di quel movimento in Italia fu il portavoce più noto.
La clausola elimina dalla scena l’altare dinanzi al quale giurarsi fedeltà eterna, ma ha il pregio di introdurre chiarezza nei rapporti. Il prezzo della libertà di Cavani è 63 milioni di euro. Se quel prezzo non ci fosse, non è affatto detto che non ci sarebbe la sua libertà, in ogni caso. Anzi, in questo momento è abbastanza verosimile l’ipotesi che senza clausola l’addio a Cavani si sarebbe già semi consumato, o comunque si sarebbe consumato il rapporto tra noi e lui. La clausola mette a nudo la realtà. E’ passato quasi un mese dal giro di campo che gli abbiamo visto fare al San Paolo dopo la partita con il Siena. Tutti convinti, quel giorno, che ci stesse salutando: ormai è fatta, ci sta dicendo addio. Era logico pensarlo, considerando i mesi durante i quali i media hanno dato per scontato che arrivasse qualcuno col tesoro per portarsi via la nostra sposa. Ma oggi Cavani è ancora qui. Abbiamo scoperto che non è facile per nessuno presentarsi con 63 milioni in mano. Se la clausola non ci fosse, tormenti lacerazioni e polemiche per un’offerta da 55 o poco più sarebbero devastanti. Pensate al Real che si presenta e offre 58. I procuratori soffierebbero sul fuoco, Cavani spingerebbe per andarsene, i calciomercatisti ogni giorno a dire che è fatta, e qualcuno persino a spingere perché si faccia. Basta guardare cosa sta succedendo a Jovetic. Nel suo contratto con la Fiorentina, la clausola risolutiva non esiste. C’è un accordo sulla parola con i Della Valle per la cifra di 30 milioni. Ma la Juve dietro le quinte preme in ogni modo, lecito e inelegante, perché Jovetic possa svignarsela a cifre inferiori. Con la moral suasion dei media a lei vicini, con i calci che Jo-Jo votta a Della Valle.
Tutto questo, per fortuna, ce lo siamo scansato. Forse perché De Laurentiis conosce i contratti prematrimoniali che firmano i suoi attori. Forse perché la clausola gli evita la rottura di scatole di parlare ogni giorno con i procuratori, che altrimenti sarebbero con lui in contatto per dirgli che l’offerta è salita a 51, anzi a 52, adesso è 53. Fissando una clausola si è invece evitato pure di stare al telefono per ore e ore: se lo volete, portate 63. Funziona. La clausola rasserena. Anzi, a questo punto il tormento è un altro: perché non mettiamo una clausola pure nel contratto di Hamsik?
“Per quanto cupa una vita, rado è che non abbia due luminosi momenti, come appunto succede nel matrimonio, cioè l’entrata e l’uscita” (Carlo Dossi)
Il Ciuccio