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Tu retrocedi e io ti taglio lo stipendio: il caso di Peragòn che tanto piace ai presidenti

Roberto Peragòn è un attaccante che non ha quasi mai cambiato una squadra, ma che adesso rischia di cambiare il calcio. Non che lui lo voglia, l’ha deciso il destino. Ha 33 anni e giochicchia ancora nella serie C spagnola, con la maglia del Cadice. Rischia di passare alla storia come il rovescio di Bosman. Se alla sentenza degli anni ’90 legata al belga i calciatori devono la crescita dei loro guadagni, ora a questo altrettanto oscuro centravanti madrileno con una carriera da vagabondo finiranno per dover attribuire il passo indietro nei loro guadagni. Tutto per via di una sentenza della magistratura spagnola firmata dalla giudice Veronica Ollé, con la quale si stabilisce che il taglio dell’80 per cento al salario di Peragòn è legittimo. La sentenza è inappellabile, costituirà un precedente, con il fondato sospetto che lo diventi nel territorio dell’intera Unione europea.
I fatti risalgono alla stagione scorsa, quando Peragòn ha giocato con il Gimnastic de Tarragona, il club più antico di Spagna fra quelli ancora in attività. Quando la squadra è retrocessa nella Segunda B, che è la terza divisione del calcio spagnolo, ha unilateralmente ridotto il compenso del suo calciatore di spicco dell’80%, sostenendo che la decisione fosse inevitabile, figlia della diminuzione degli introiti, dei ricavi da diritti tv e da pubblicità. Ad agosto Peragòn presenta denuncia in tribunale, a settembre viene licenziato, sulla scorta della legge sulla riforma del lavoro: con l’aggiunta di due sospensioni di 10 giorni dal lavoro e una multa per danni d’immagine al club. A gennaio scorso Peragòn trova un ingaggio al Cadice, ma intanto la causa va avanti. Fino alla sentenza della giudice Ollé che entra nel merito, prende posizione e dà ragione al Nàstic. Il taglio allo stipendio ha motivazioni fondate. E’ giusto.
A Rodrigo Gimeno, ex compagno di squadra, è andata persino un poco peggio: stipendio ridotto in estate e licenziamento per motivi disciplinari a gennaio, quando il mercato trasferimenti nel frattempo era anche chiuso. Adesso è disoccupato. Il sindacato calciatori di Spagna è in subbuglio. Parla di precedente pericolosissimo e sottolinea l’anomalia del calciatore sul mercato del lavoro. “Siamo indifesi”, le parole di Peragòn al quotidiano spagnolo El Mundo che stamattina riferisce della sentenza, “le perdite del club non le ho generate io. Licenziano me, ma nessuno chiede conto di queste perdite agli amministratori. I nostri diritti non sono rispettati. Il mondo del calcio non è uguale alle altre attività imprenditoriali”. Ora Roberto Peragòn gioca e vive da solo a Cadice, sua moglie e suo figlio sono rimasti a Madrid. “La maggior parte degli spettatori posa lo sguardo sui Cristiano Ronaldo e sulle altre stelle, ma la crisi economica quelli lì non li sfiora neppure. La realtà è che molti dei calciatori di terza divisione – fa sapere il sindacato – guadagnano poco più di mille euro al mese. La sentenza Peragòn li mette in una condizione di grande debolezza”.
Fra qualche altra retrocessione, e non solo in Spagna, capiremo se il nome di Peragòn diventerà il rovescio di Bosman.
Desmond Digger

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