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Su Repubblica un retroscena su una frattura tra Cavani e Lavezzi, con lo spogliatoio dalla parte di Cavani

SI SENTIVA in catene, dorate. Ma restava un anello da spezzare, l’unico che aveva resistito all’usura di cinque anni stravissuti e a volte straviziati, tra l’insofferenza per la città («Sono prigioniero in casa») e gli scontri con De Laurentiis (soprattutto) e con il tecnico di turno. Invece con i compagni mai: Lavezzi per tutti e tutti per Lavezzi, fino a quella notte in cui il Pocho decise di vuotare il sacco e fu chiaro, in maniera definitiva, che la sua storia d’amore con il Napoli era finita.

«Abbiamo perso la Champions per colpa di…». E giù i nomi, compreso quello insospettabile di Cavani. Eppure c’erano la musica soft, il vino buono e la compagnia giusta, l’amico Fideleff e l’inseparabile Yanina, nemmeno lei capace di restituirgli il sorriso. Il giocatore argentino, subito dopo il ko con la Lazio del 7 aprile, si era rifugiato in un bistrot della zona di Ponte Milvio: il salotto buono della movida romana. Lo stesso scelto da Mauri, autore proprio contro gli azzurri del gol più bello del campionato: in rovesciata.

La presenza di Mauri, eroe della notte, scosse Lavezzi dai suoi cattivi pensieri. «Sei stato straordinario». Ma il Pocho non si era alzato da tavola per rendere onore all’avversario. Voleva sfogarsi, anche se non è mai stato loquace con i giornalisti e li ha sempre dribblati come i difensori: per diffidenza o timidezza. Quella notte no. Fu lui ad avvicinarsi. «Cavani pensa solo alla classifica dei cannonieri, non gliene frega della squadra.

Britos è un disastro». E anche ad altri azzurri stoccate. «Abbiamo gettato via la Champions». Lavezzi ce l’aveva con i compagni, per la prima volta. E si capì che pure l’ultimo anello che poteva legarlo alNapoli si era spezzato. Per sempre, anche se l’addio si sta consumando ora: quasi tre mesi dopo la confessione – sfogo del 7 aprile. C’erano vino e musica soft, quella notte a Ponte Milvio. E la Coppa Italia ha in qualche modo riaggiustato il giocattolo.

Ma ora la verità può venire a galla: non è più una confidenza da custodire controvoglia, di quelle che fanno maledire la deontologia professionale. L’argentino e Cavani non si sopportavano più e la squadra ha scelto il Matador. Nemmeno lo spogliatoio rimpiangerà il Pocho. Repubblica.
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