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Il mio Napoli-Juve in treno con uno juventino

C’è modo e modo di seguire una partita di calcio. Allo stadio, prima di tutto, con il gioco davanti agli occhi. Dinanzi allo schermo tv, come opzione che consente comunque di vedere le squadre in campo e valutarne il rendimento. Ma se ci si trova in treno per necessità di spostarsi e nel frattempo Napoli e Juve si sfidano al san Paolo, allora è come farsi un giro sulle montagne russe.?Si ride o si soffre tra gente insonnolita e pensierosa, mentre i momenti essenziali dello scontro trovano vita solo in virtù di sintetici messagini telefonici, inoltrati da pietosi volontari. E non avere altri strumenti tecnologici con sé significa presdisporsi al tormento. Alle 20,45 di martedì i passeggeri in vettura davano segni di torpore, mentre a Fuorigrotta lo stadio ribolliva. Nella carrozza nessuna faccia da calciofilo, tranne quella d’un signore che, mio dirimpettaio di due file più avanti, si rigirava tra le dita le pagine di “Tuttosport”. Meglio far finta di niente e guardare il buio dal finestrino blindato. Primo messaggio di Manù, nipotino azzurro. Rigore fatto ripetere dall’arbitro e secondo tiro di Hamsik oltre il fondo. Mi accorgo che il signore sospetto ha un sottile filo pendente dall’orecchio. Un contatto. In quel momento si scuote, alza gli occhi e sorride. Poco dopo un altro sms dice “Hamsik, gol”. E il sospetto si fa certezza: l’uomo seduto fa un gesto di stizza, è juventino. Mi controllo, fingo di frugare nelle tasche. Lui , sempre in silenzio, alterna espressioni cupe e disperate con misurati sobbalzi che gli fanno tendere il busto in avanti e roteare gli occhi. Al gol di Pandev del tre a uno non mi contengo. Leggo il messaggio e balzo in piedi, per poi simulare un inutile controllo della valigia. Lui mi scruta con aria velenosa e batte le mani sulle ginocchia. Mi rilasso, penso che sia fatta. Impossibile intuire, dal vagone d’un treno, che la squadra con due gol di vantaggio sia in debito d’ossigeno. Con perfetta sincronia arrivano le notizie della rimonta bianconera. Sprofondo sulla poltroncina, mentre i viaggiatori si preparano all’arrivo. Lui invece si alza e si guarda tronfio intorno, come se tutti sapessero di quel 3 a 3 appena consegnato al risultato finale. Si scende, mentre un pensiero molesto comincia a farsi sentire: due gol di vantaggio, come è stato possibile? Lui mi precede, poi si gira per dirmi: «Sa come è finita la partita della Juventus?». La mia risposta parte da sola: «Un pareggio. Non ha vinto al san Paolo neanche stavolta». Mimmo Liguoro

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