Roba da non crederci. Stamattina mi sveglio, leggo il mio feed RSS e scopro una paginata di elogi a DeLaurentis perche’ e’ andato contro Berlusconi. Magari dalle stesse persone che non gli han perdonato una virgola quest’estate.
Sara’ che negli ultimi mesi l’antiberlusconismo e’ diventato il sentimento unificante di questo paese (lo spero sinceramente) ma credo che questi giudizi parecchio ondivaghi su De laurentis siano dovuti al fatto che non lo si e’ capito.
Carchiamo dunque di capirci: DeLaurentis e’ un imprenditore. Per la precisione un imprenditore dello spettacolo. Perche’ il calcio e lo sport in generale, sono uno spettacolo, come il circo o i film in 3D.
DeLaurentis e’ entrato nel mondo del calcio per fare soldi. Capisco che questa affermazione sconvolga sia i puristi della pelota che i tifosi cinici, ma tant’e’. Finora in Italia il calcio e’ stato usato per motivi politici, di visibilita’ economica e sociale su determinati territori, raramente perfino per passione. Insomma tutto fuorché per ragioni economiche. Qualcuno, a onor del vero, ci ha provato, mi riferisco a Della Valle, ma e’ rimasto stritolato dalla vecchia politica ed ora si e’ ritirato in buon ordine in attesa di cambiamenti. Comunque questo uso del calcio per altri scopi ha prodotto la crisi attuale: campionato impoverito sia economicamente che tecnicamente, marginalità sempre più evidente in Europa, fallimenti a catena.
La cosa direi agghiacciante e’ che a parte il nostro Aurelio siano tutti abbastanza acquiescenti all’attuale modello, ma del resto chi non ha il coraggio non se lo puo’ dare, quindi meglio lucrare il possibile fino al fallimento e poi Dio ci pensa.
Se quindi partiamo da questo presupposto, che DeLaurentis e’ un imprenditore e che vuole fare i soldi con il calcio, si spiega tutto.
Qual e’ il modello di business vincente nel campo sportivo? La NBA. Fanno soldi a palate da quelle parti. Magari hanno conflitti duri, ma anche in periodo di lock triturano profitti con il merchandising.
E quindi questo e’ il motivo per cui DeLaurentis parla un giorno si e un giorno no di superleghe europee e cosi’ via.
Se la squadra di calcio e’ un impresa occorre programmarla. E quindi per quest’anno il tetto di ingaggi e’ tot, e non si sgarra. E se e’ un impresa devi pretendere rispetto dai tuoi dipendenti e impegno da loro, niente mattane, per quanto possibile con questi protagonisti.
Essendo un impresa occorre avere buoni rapporti con la politica, quindi prima mi alliscio il probabile nuovo sindaco e poi vado tranquillo a cena con quello che effettivamente viene eletto, magari a sorpresa.
E se e’ un impresa, devo fare soldi. E quindi mi incazzo se mi fanno un calendario a membro di canide o quando svendono diritti televisivi per fare un favore al potente di turno.
Per cui non ha senso lodare DeLaurentis per una cosa e contestarlo per l’altra. DeLaurentis si muove coerentemente alla sua idea di impresa.
Poi certo lo si puo’ criticare anche per motivi diversi. Comprendo ad esempio, quelli che non vogliono che si mischi la passione con la pecunia, ma dubito che il ritorno al semi-dilettantismo li soddisferebbe.
Rimango altresi’ stupito sul fatto che quasi nessuno critichi De laurentis sul fatto che sia l’unico in Italia a parlare di superleghe, mentre le altre squadre sembrano indirizzarsi a un modello di sviluppo incentrato sullo stadio, come il Manchester United.
Tuttavia e’ inutile arrabbiarsi se De Laurentis non da’ 3 milioni di stipendio a Criscito. Nella sua visione delle cose, e nella realta’, il risultati sportivi verranno come conseguenza della crescita economica, e non viceversa. E noi che siam passati dai trionfi maradoniani al fallimento dovremmo saperlo bene.
I politici passano, i miliardari prima o poi si stancano dei loro giocattoli, l’unica salvezza per la nostra passione e’ che si trasformi in un’impresa che si regge sulle proprie gambe e che fattura profitti.
Alla fin fine, come si dice dalle parti degli Ultra’, SOLO LA MAGLIA.
Eugenio angelillo