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Quaranta secondi e Vinicio diventò ‘o lione

Campagna acquisti articolata e ancora senza fisionomia (ma come osserva Massimiliano Gallo la strategia non ci dispiace, aspettiamo fiduciosi), calcio-scommesse un po’ in sonno ma strisciante .Poco da emozionarsi, per il calcio di prima estate. Così, in un pomeriggio assonnato mi sono apparse, un po’ sfocate ma semprevive, le immagini di una lontana campagna acquisti. C’era la foto in prima pagina sui giornali napoletani: Luis Vinicius de Menezes dal Brasile al Napoli. Vinicius,chi era costui? Si diceva che Lauro l’avesse sottratto alla Lazio, cui il calciatore era destinato. Si raccontavano i suoi gol di potenza, il suo gioco trascinante. Si evocava l’appellativo conquistato in Brasile: “Il leone del Botafogo”. Sarà vero? E a Napoli che farà? Davanti al bar Brasiliano, in Galleria, pronostici, certezze, dubbi, entusiasmi, un po’ di prudenza. Intanto era diventato Vinicio all’italiana. E si discuteva del tandem con Jeppson, si sognavano  possibili goleade, che poi non ci furono perchè la convivenza trai due assi non produsse buoni risultati. Il Napoli avrebbe giocato con Bugatti in porta, il leone nostrano Comaschi a terzino con Greco II, i veterani Castelli e Granata come mediani, con il numero 5 Trerè, soprannominato Antony Quinn per una somiglianza con l’attore americano. In avanti,a fianco del  tandem, l’ala destra Vitali, il veterano Amadei, Pesaola a sinistra e le mezzeali Beltrandi e Posio. E venne il giorno, la prima di campionato con Vinicio ma senza Jeppson, infortunato in un incidente d’auto. Pomeriggio settembrino di dolce sole, nello stadio del Vomero, per Napoli-Torino. “Verimmo a ‘stu brasiliano”, urlò un tifoso dietro di me, ragazzo in curva A. Squadre pronte al via. “Ojllanno!” gridò un altro tifoso. E si vide Vinicio nel cerchio del centrocampo, toccava al Napoli il calcio d’inizio. Il clamore della folla era divenuto un brusìo diffuso. Fischio dell’arbitro Orlandini. Vinicio tocca per Castelli che dà ad Amadei. Lancio lungo. Forse troppo? Vinicio intanto s’è fiondato in avanti. Raggiunge il pallone, lo incolla al piede, supera di slancio due difensori granata e curvandosi un po’  fa partire un imprendibile siluro verso Rigamonti, portiere granata. La palla, come oggi si dice, gonfia la rete. Il Vomero è un’esplosione di urla, un vortice di occhi strabuzzati. E c’è un secondo movimento scenico, inedito per gli stadi  italiani. Vinicio,dopo il gol, non torna verso i compagni ma continua la corsa e va sotto la curva A, dalle cui inferriate si protende verso di lui una selva di braccia agitate e frenetiche. Louis segue di corsa, braccia al vento, il perimetro delle gradinate e solo dopo va verso l’abbraccio della squadra. Uno spicchio di Maracanà s’era manifestato sotto il sole settembrino di Napoli. Era il 18 settembre del ’55. Non ci fu la vittoria, finì 2 a 2. Ma anche il secondo gol azzurro fu  suo, di Louis Vinicio da Belo Horizonte, già diventato “leone” a Napoli, dopo non più di 40 secondi dal fischio d’inizio della sua prima partita in Italia. Mimmo Liguoro

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