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Poemetto Napolista in due vittorie e un pareggio

Al fin della licenza io tocco
Per questo poemetto saran le mie rime: “aggio”, “ezzi” e “vani”
Incominciam con le tre reti rifilateci dai romeni
A Bucarest sembrava ai napolisti d’esser vani
a tifar: questi ci spezzano il capo oltre che le reni.
Eppur ci fu Vitale e Hamsik, e infin matador Cavani
e al minuto 98 a urlar fummo e di gioa ripieni.
A Cagliari, in terra sarda maledetta, poi ci spostammo
che la vittoria da anni non cedeva ai nostri vezzi
fino all’ultimo con la squadra pero’ pugnammo
e in finir della tenzon, halas! che piacer, con Lavezzi
colpimmo e immantinente esultammo e sbeffegiammo
di Cellino il volto e dei sui pedatori gli scarsi mezzi.
Col Palermo parimenti erano anni che senz’aggio
di vittorie eravamo, e di cannoli e sberleffi pieni
che i siculi credono d’aver su di noi vantaggio
in storia e civilta’, e perfin di calciatori alieni
nostalgia non hanno, e con quale coraggio!
di Miccoli e Pastore infatti son di orgoglio ripieni
ma a nulla valse, che noi infin mostrammo loro Maggio.
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