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Dopo Reja, Bianchi e Bigon sarà Bossi a salvare Napoli?

C’è un impalpabile timore: e cioè, che quando verrà il tempo in cui alcune faccende della città dovranno essere affrontate per forza, non ci tocchi dover chiedere una mano al vecchio Umberto Bossi

Dopo Reja, Bianchi e Bigon sarà Bossi a salvare Napoli?
Eddy Reja Image Sport

Ma a proposito di questa Lazio-Napoli e di tutto il gran parlare che si fa intorno a Eddy Reia, al suo amore (ricambiato) per la città e alla incredibile scalata che portò gli azzurri dalla serie C all’Europa, c’è una questione che andrebbe presa per le corna e sulla quale, invece – per pudore o incertezza – si continua a glissare. Anche noi napolisti – pure belli e intelligenti – facciamo finta che il problema non ci sia. E qual è il problema? Che almeno per quel che riguarda il calcio, ci tocca ogni volta chiedere una mano – e poi ringraziare – a qualcuno del nord. Infatti da soli – cioè con gente nostra o con uomini del sud – la storia dimostra che non ce la facciamo.

Dopo Reja, Bianchi e Bigon

Il primo scudetto, infatti, arrivò sotto la guida severa di Ottavio Bianchi, un bresciano (poi diventato bergamasco d’adozione) duttile come una barra di titanio e capace perfino di porre all’allora patron Ferlaino lo storico ultimatum: o me o Maradona. Il secondo lo portò in dono Albertino Bigon, veneto tutto d’un pezzo che riuscì a regalare l’ultimo tricolore agli azzurri giusto mentre si chiudeva l’era di Diego Armando Maradona. E l’impensabile salto triplo dalla C all’Europa – cioè dal Cittadella fino al Benfica – è avvenuto (appunto) a cura di Eddy Reia: per noi quasi un tecnico straniero, essendo goriziano di nascita e di tradizione.
Magari non è un problema, ma certo è un fatto: per vincere – o per riscosse miracolose – abbiamo bisogno dell’”uomo che viene dal nord”. Non che il Napoli non ci abbia provato, con quelli che vengono dal sud (e perfino dal profondo sud…) ma Luis Vinicio e Bruno Pesaola, Gianni Di Marzio, Claudio Ranieri e centromeridionali vari, hanno sempre e tristemente fallito. Dicono che a una città “calda” debba far da contraltare un condottiero “freddo”: può essere, ma non è esaltante.

La conclusione? La conclusione non c’è. C’è, piuttosto, un impalpabile timore: e cioè, che quando verrà il tempo in cui alcune faccende della città dovranno essere affrontate per forza, non ci tocchi dover chiedere una mano al vecchio Umberto… Bossi, certo, non risponderebbe di no: del resto ha cominciato a occupare già l’Emilia e un poco di Toscana. Perché – proprio come Bianchi, Bigon e Reia – non dovrebbe occuparsi anche un po’ di noi?

Federico Geremicca

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