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L’organizzazione di un’azienda di calcio: dalla comunicazione alla struttura

Dalla comunicazione alla struttura societaria. Il presidente dovrebbe favorire il rapporto tra la proprietà e il management. Il confronto col Napoli.

L’organizzazione di un’azienda di calcio: dalla comunicazione alla struttura
Tutti (o quasi) gli uomini dell'Inter

Nel corso della prima puntata dedicata agli aspetti organizzativi delle aziende calcio abbiamo visto come il fattore critico di successo del futuro sarà indubbiamente dato, da una strutturazione della dimensione organizzativa che dovrà essere in grado non solo di adattarsi e di trasformarsi con successo di fronte alle nuove sfide della concorrenza, ma anche di anticiparle e di generare continui cambiamenti e innovazioni all’interno del mercato calcistico.

Questa settimana faremo focus sui pilastri procedurali ed organizzativi che una azienda calcio deve necessariamente possedere per rispettare quel fattore critico di successo.

Quali sono questi pilastri?

Non si può prescindere dal fatto che queste società dovranno fondare la propria azione su:

  • l’assoluta preminenza della comunicazione nel disegno organizzativo;
  • l’istituzionalizzazione dei diversi ruoli (ed esperienze) che concorrono a disegnare il network organizzativo;
  • la progressiva strutturazione di una vasta rete organizzativa.

Il sistema comunicativo ricopre un ruolo centrale all’interno del nuovo modello organizzativo poiché permette di gestire in modo differenziato e specifico i diversi pubblici interni ed esterni: la produzione e la gestione delle informazioni interne ed esterne e dell’immagine societaria deve essere affidata all’alta direzione che, a sua volta, si avvale della sistemica consulenza di esperti per impiegare tecniche comunicative e di marketing sempre più specializzate e sofisticate. In questo modo, si assiste a una divisione dei compiti e a una vera e propria specializzazione delle unità organizzative che porta il vertice aziendale a occuparsi delle strategie comunicative, gli esperti a controllare costantemente la domanda per avvicinare sempre più i messaggi e i prodotti aziendali alle esigenze della clientela e le aree funzionali a gestire operativamente i diversi pubblici. Anche nel calcio quindi i manager tuttologi producono solo disastri; occorrono specializzazioni e competenze

L’elemento dell’istituzionalizzazione risulta necessario in quanto «rappresenta il passaggio decisivo ai fini della legittimazione di una leadership aziendale assolutamente inedita rispetto al tradizionale modello dinastico-industriale». Grazie all’enfasi posta sulla missione e all’implementazione di forti elementi simbolici quali lo spirito di squadra e il carisma del leader si corre infatti il rischio di configurare la società calcistica secondo l’archetipo organizzativo del clan. Occorre invece strutturare una duratura rete organizzativa articolata su molteplici livelli, specializzati e interdipendenti tra di loro, tutti dipendenti da un centro costituito dal vertice aziendale. Questi livelli sono formati dalle diverse categorie di dipendenti, dai calciatori e dalla squadra, dai procuratori, dai tifosi, dalla clientela, dagli sponsor, da altre imprese calcistiche e, in alcune circostanze, dagli organismi nazionali e internazionali e dalle emittenti televisive.

La struttura organizzativa coerente con il nuovo prodotto calcistico deve essere funzionale alla rilevanza attribuita ai flussi comunicativi, cosi come traspare dall’organigramma di una società di serie A che, da tifoso del Napoli, faccio fatica a nominare per pura invidia della altrui efficienza. In tale società il vertice aziendale è costituito dal presidente, dal vicepresidente e dall’amministratore delegato, i quali sono preposti alla gestione dei differenti pubblici, interni ed esterni, alla rappresentanza della società e alla definizione della strategia aziendale. Storicamente nella maggior parte dei club italiani la figura del presidente è stata (ed è) spesso ricoperta dallo stesso proprietario mentre le imprese che stanno compiendo il percorso verso il modello innovativo hanno iniziato a diminuire il coinvolgimento delle dinastie proprietarie investendo di tale ruolo persone di loro fiducia. In questo modo si evita una presenza incombente da parte della proprietà che spesso è portata a intervenire in maniera eccessiva nella gestione aziendale e, talvolta, addirittura nelle scelte tecniche operate dall’allenatore: questo atteggiamento deriva in gran parte dalla paura di perdere il controllo dell’azienda e non tiene conto del fatto che, proprio delegando ad altri, l’imprenditore libera tempo ed energie per sviluppare nuove aree d’affari. Inoltre, molto spesso il presidente-proprietario non dispone del tempo e delle informazioni necessarie per vagliare tutte le alternative e finisce per circondarsi di una folta schiera di consiglieri-yes man con effetti deleteri per le sorti dell’azienda e della squadra. Il ruolo del presidente, in tal caso, è proprio quello di favorire il rapporto tra la proprietà e il management e la figura che lo ricopre deve essere caratterizzata da una forte valenza simbolica per costituire il punto di riferimento e di unificazione di tutti i destinatari dei flussi comunicativi aziendali.

In questo modello di efficienza l’intero vertice aziendale si avvale poi sul piano operativo:

  • della segreteria generale in quanto strumento esecutivo per gli affari correnti.
  • tre diverse aree funzionali si distinguono immediatamente la direzione sportiva, la direzione tecnica e il coordinamento medico-sportivo, in quanto sono funzioni caratteristiche delle aziende calcistiche, sia per l’attività svolta che per l’assoluta centralità nella gestione aziendale.

E allora chiediamoci: il nostro Napoli è organizzato in tal modo?

Se la risposta è negativa dobbiamo porci un’altra domanda: allora i brillanti risultati di gestione saranno duraturi?

Ma di questo parleremo nelle prossime puntate

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