Se davvero vuole costruire lo stadio, De Laurentiis ingaggi un Conte della diplomazia e delle relazioni istituzionali

Una figura alla Richelieu che abbia pieni poteri e assoluta autonomia (come il tecnico). Adl ha tanti pregi ma i tempi e i meccanismi della politica proprio non li concepisce

stadio De Laurentiis Napoli ingaggi Hojlund

Ni Castel di Sangro 28/07/2024 - amichevole / Napoli-Egnatia / foto Nicola Ianuale/Image Sport nella foto: Aurelio De Laurentiis

Costruire uno stadio di proprietà è realmente un obiettivo di Aurelio De Laurentiis? La domanda ha un suo fondamento. Il presidente del Napoli è un uomo che raggiunge spesso i propri obiettivi. Ha acquistato il Calcio Napoli nel 2004. Ha impiegato qualche anno (il tempo di tornare in Serie A) e poi ne ha fatto un’azienda virtuosa in grado chiudere in attivo la corposa maggioranza dei propri bilanci. Era un suo obiettivo. Il suo obiettivo. E l’ha raggiunto rapidamente. Il calcio Napoli è un’azienda florida da quasi vent’anni. Funziona. È solida. Si è via via ampliata. E dopo circa un ventennio ha persino ottenuto vittorie sportive significative come i due scudetti.

Ergo, quando De Laurentiis insegue un traguardo, quantomeno profonde il massimo impegno per conquistarlo. Se è diventato proprietario del Napoli nel 2004 e nel 2025/2026 lo stadio di proprietà fa ancora parte dell’album dei sogni, qualche domanda ce la poniamo. Adl ripete da quasi vent’anni sempre le stesse frasi. Identiche. Un po’ come le battute dei suoi datati cinepanettoni che ebbero tanto successo. Ricordiamo le liti con de Magistris neo-sindaco di Napoli, con Marilù Faraone Mennella moglie di Antonio D’Amato. Ricordiamo le pseudo trattative praticamente con tutti i comuni dell’hinterland. Il tutto intervallato, appunto, da quelle frasi sull’inadeguatezza dello stadio San Paolo (che nel frattempo ha persino cambiato nome). Vent’anni come nemmeno nel giorno della marmotta (film in cui il protagonista rivive ogni giorno la medesima giornata, sempre identica). Lo stadio della marmotta dovrebbero chiamarlo. Tutto questo per dire che a noi qualche dubbio sorge. Conoscendo il pragmatismo presidenziale quando un tema gli sta veramente a cuore, sospettiamo che se lo stadio di proprietà gli fosse realmente interessato, non saremmo a questo punto. Anche le cifre che circolano ogni volta, ci paiono cifre irrealistiche. Non bastano certo 200 milioni di euro per costruire uno stadio nuovo, all’avanguardia. Le cifre che leggiamo quotidianamente in tutta Europa indicano che l’importo debba essere almeno il triplo.

Ma oggi vogliamo provare a fare un giochino. Proviamo a credere realmente che De Laurentiis lo stadio lo voglia realizzare. E che non stia lì a traccheggiare in attesa che il Comune di Napoli prima o poi gli ammolli il Maradona a prezzi stracciati (che secondo noi è il vero scopo di Adl). Proviamo a crederci davvero. E allora nel giorno in cui sembra tramontare anche l’ipotesi dello stadio a Poggioreale (la conferenza dei servizi è stata rinviata non si sa a quando), ci sentiamo di suggerire a De Laurentiis di attrezzarsi.

Che cosa manca al presidente del Napoli per arrivare alla realizzazione dello stadio di proprietà? Su tutto, gli manca la conoscenza della politica. Delle relazioni istituzionali. Della diplomazia. Adl è come se avesse una forma mentis statunitense. Come se non fosse italiano. Per realizzare una grande opera (lo stadio tutto sommato è una grande opera), occorre anche e soprattutto un laborioso compito relazionale. E nelle relazioni istituzionali si procede a suon di compromessi, di accordi temporanei, di intese volanti. Bisogna tessere una tela che consenta di dialogare costantemente e in maniera efficace con le istituzioni e con tutte le parti politiche. È un lavoro. Un lavoro complesso e delicato. Un lavoro che De Laurentiis non sa fare. Non gli appartiene. È estraneo alla sua cultura. Ha una naturale tendenza al manicheismo, ogni tanto temperata (ovviamente). Ma nel lungo termine la pazienza non ce l’ha. De Laurentiis fatica a digerire i tempi, i modi e i meccanismi della politica. Non sa, ad esempio (un esempio tra mille), che maggioranza e opposizione in fondo sono solo due facce della stessa medaglia, che sono molto più prossimi di quanto lui immagini. Non sono così avversari come lui un po’ ingenuamente crede. Parte lancia in resta, si profonde in proclami (come quando annunciò lo stadio a Bagnoli e i tifosi che sarebbero andati a vedere il Napoli via mare) e poi si ritira in buon ordine non prima di aver espresso alla sua maniera il proprio  pensiero sui suoi interlocutori e sul sistema Italia.

De Laurentiis è un signor imprenditore. Oggi, molto probabilmente, il miglior presidente della Serie A. Ma ovviamente, non sa allenare. Ha avuto bisogno di Antonio Conte per rimettere in sesto la macchina Napoli. Così come in precedenza ha chiamato a lavorare a Napoli fior di tecnici. Ecco, dovrebbe fare lo stesso per le relazioni. Se davvero gli interessa costruire lo stadio – sottolineiamo più volte se –, deve ingaggiare un Antonio Conte della diplomazia. Un Antonio Conte delle relazioni istituzionali. E ovviamente deve affidarsi (un timido esperimento fu fatto tanto tempo fa con Fassone e naufragò miseramente). Un Richelieu che gli chiarisca sin dal primo giorno che senza compromessi non si cantano messe. Che non si può avviare una trattativa e puntare a ottenere sempre il 100%. Che la strada è lastricata di concessioni, mezze rinunce, passettini in avanti. Un professionista, un ambasciatore del Napoli che – proprio come Conte – abbia carta bianca. Come Conte vuole che nessuno osservi gli allenamenti, allo stesso modo il Richelieu non deve subire alcun tipo di intralcio. De Laurentiis non ha altra strada. Altrimenti tra dieci anni saremo ancora a riportare stancamente l’ennesimo sfogo del presidente del Napoli contro la burocrazia, le sovrintendenze eccetera eccetera. Sempre che tra dieci anni l’Europa abbia le sembianze di quella di oggi (cit.).

Correlate