Mourinho è un maestro nel bloccare l’avversario. Ieri Conte non aveva contromisure né energie

José con Ivanovic ha trovato il modo per mettere in difficoltà la difesa a tre del Napoli. Azzurri pericolosi solo quando hanno alzato il ritmo, quindi raramente

Mourinho

Napoli's Scottish midfielder #08 Scott McTominay (L) and Danish forward #19 Rasmus Hojlund eye on the ball during the UEFA Champions League league phase day 6 football match between SL Benfica and Napoli at Estadio da Luz in Lisbon on December 10, 2025. (Photo by PATRICIA DE MELO MOREIRA / AFP)

L’arte di José Mourinho

José Mourinho lo ha fatto per tanti anni, contro il Napoli l’ha rifatto di nuovo. Come ai (suoi) bei tempi, il tecnico portoghese ha rimesso sul piatto la sua prerogativa numero uno, la sua cifra, la sua arte: impostare la partita in modo da bloccare, annullare, annientare il suo avversario dal punto di vista creativo e offensivo. E attenzione: questa rilevazione deve essere intesa e interpretata come un complimento, anche perché sarebbe da ingenui – per non dire da stupidi – criticare un allenatore che porta la sua squadra a vincere 2-0 in una partita di Champions League in cui di certo non partiva favorita. Per cifra tecnica, per classifica, anche per momento di forma delle due squadre coinvolte.

Insomma: il Napoli era – e resta – più forte del Benfica, era reduce da quattro vittorie belle e importanti, sembra aver trovato la sua quadratura tattica, almeno fin quando ci saranno questi giocatori a disposizione. Eppure Mourinho si è inventato un modo per inaridire la squadra di Conte, poi per infilzarla. In quest’ordine. Un ordine che per Mourinho è sacro e inviolabile. E che, in qualche modo, ha messo a nudo anche quelli che sono i difetti del nuovo Napoli di Conte.

Sì, perché i (grandi) meriti del Benfica e di Mourinho finiscono laddove iniziano i demeriti del Napoli. Oppure, per meglio dire: finiscono laddove il Napoli, oggi come oggi, può permettersi di arrivare. Al di là del nuovo assetto tattico, infatti, Conte al momento non ha molti strumenti a disposizione, per cambiare le partite. Anzi: non ne ha proprio, a parte l’inserimento di Politano e Spinazzola al posto di due quinti più equilibrati. Di conseguenza, i problemi che esistono – perché esistono – nel 3-4-3 degli azzurri non possono essere risolti, e neanche ammorbiditi, a gara in corso.

Come il Benfica ha bloccato il Napoli

Ma come sono andate le cose, esattamente? O meglio: in che modo il Benfica ha bloccato il Napoli? Bisogna cominciare per forza dal sistema di gioco: finora il Napoli “rivisitato” da Conte ha affrontato solo squadre che, per vocazione o per scelta, giocano il 3-5-2/5-3-2. Mourinho, invece, ha schierato il suo Benfica con un 4-2-3-1/4-5-1 che, di fatto, ha tolto agli azzurri la possibilità di giocare in superiorità numerica sulle fasce. È una semplice questione aritmetica: con due esterni puri in fase difensiva, le coppie Di Lorenzo/Neres e Olivera/Lang hanno fatto un’enorme fatica a sfondare.

I quattro esterni del Napoli, che giochino in ampiezza o convergano dentro il campo, sono sempre seguiti a vista da un giocatore del Benfica

Con il suo 4-2-3-1/4-5-1, inoltre, Mourinho ha evitato l’inferiorità numerica in tutte le zone pericolose di campo. In mezzo, infatti, McTominay ed Elmas sono stati sempre corpo a corpo con Ríos e Barrenechea, in più c’era anche Barreiro a dare supporto laddove occorreva. In pratica, solo i tre centrali del Napoli si sono trovati a giocare con ampie porzioni di campo libero davanti. Per ovviare a questo problema, però, Mourinho ha preparato e attuato un pressing molto intenso e ben coordinato, soprattutto nei primi minuti di gioco.

Nei primi minuti di gioco, il Benfica ha portato sei o anche sette uomini ad aggredire la costruzione bassa del Napoli

Di conseguenza, il Napoli non aveva altra soluzione che costruire gioco cercando gli esterni alti, la sovrapposizione di quelli bassi e il successivo cross in situazione inevitabilmente poco dinamica. Nel frattempo, però, anche i centrocampisti del Benfica andavano a presidiare l’area e così tutti i traversoni serviti dal Napoli sono stati sputati fuori dall’area di rigore. In questo senso, i numeri sono davvero eloquenti: a fine partita, il Napoli di Conte ha accumulato 26 cross dalle fasce. Per il Benfica, invece, le palle spazzate sono state addirittura 41.

Se non vi bastano queste cifre, ecco quelle che raccontano la sterilità – sarebbe meglio dire l’avvenuta sterilizzazione – offensiva del Napoli che abbiamo visto allo stadio Da Luz: la squadra azzurra ha messo insieme soltanto 2 tiri in porta, uno sugli sviluppi di un calcio d’angolo (colpo di testa di Buongiorno al minuto 49) e uno scoccato da fuori area (David Neres al minuto 71). Se invece guardiamo ai tiri finiti fuori, quindi non respinti da un difensore del Benfica, solo 2 di questi possono essere considerati più o meno pericolosi: il colpo di testa tentato da Di Lorenzo al minuto 29 e quello di McTominay al minuto 38.

Stanchezza, intensità e qualche calcolo

Ecco, proprio questo periodo in cui il Napoli ha costruito le sue palle gol – per modo di dire – più nitide offrono un’altra chiave di lettura della partita. Gli unici momenti in cui il Benfica  è davvero andato in difficoltà sono stati quelli in cui il Napoli è riuscito ad alzare l’intensità del gioco offensivo. A renderlo più asfissiante e soprattutto più veloce. Anche in questa rilevazione ci tornano utili dei dati: dal minuto 28 all’intervallo, gli azzurri hanno avuto un possesso palla del 60%, hanno portato a termine 4 dribbling, hanno vinto 9 duelli aerei contro i 4 del Benfica e hanno creato 3 occasioni da gol. Niente di trascendentale, come detto, ma pur sempre 3 occasioni da gol.

Tutto questo per dire che il Napoli aveva e ha dimostrato di avere gli strumenti per offrire una prestazione migliore. Ma non è riuscito a utilizzarli per larghi tratti della gara. Merito del Benfica, del suo approccio aggressivo, dell’arte difensiva di Mourinho. Ma bisogna necessariamente parlare anche del fatto che il Napoli era alla sesta partita giocata in 18 giorni. E che, di fatto, Conte ha a disposizione 15 giocatori di movimento. Compresi Vergara e Ambrosino.

Ovviamente non vogliamo alimentare alcuna cultura dell’alibi, ma la stanchezza del Napoli è un fatto. È un’evidenza matematica, prima ancora che tecnica. In una situazione del genere, quindi, ci sta che la squadra di Conte abbia fatto qualche calcolo e abbia scelto – inconsciamente, sia chiaro – di “rallentare” nella partita in cui aveva meno da perdere. Perché la formula della League Phase di Champions League tiene ancora in vita gli azzurri per i playoff, mentre invece una vittoria col Benfica non li avrebbe poi avvicinati così tanto alle posizioni che valgono la qualificazione diretta al tabellone a eliminazione.

Il Benfica ha vinto con l’aggressività

Perché abbiamo parlato in questi termini? Perché abbiamo usato la parola “calcolo”? Beh, semplicemente perché il Napoli ha giocato ad alta intensità solo per il segmento di partita di cui abbiamo detto, nel finale del primo tempo. E perché l’approccio iniziale degli azzurri è stato dieci, venti, trenta volte più “lento” rispetto a quello del Benfica. Che, va detto anche questo, non ha solo bloccato e pressato il Napoli: ha anche costruito il contesto migliore per segnare, per poter vincere la partita. O, quantomeno, per provarci.

L’aggressività della squadra portoghese, infatti, ha travolto le menti dei giocatori del Napoli. Fino al gol di Ríos al minuto 22, infatti, la squadra di Mourinho ha tenuto la palla per il 55% del tempo di gioco e ha tentato la conclusione per ben 7 volte. Basta fare una semplicissima divisione per rendersi conto che il Benfica ha tirato una volta ogni 3 minuti fin quando non ha trovato il vantaggio. Dal punto di vista tattico, questa spinta infernale è consistita in una ricerca costante della verticalità, che poi è un’altra – e alta – espressione di aggressività. Lo stesso Mourinho, nel postpartita, ha spiegato che la mossa decisiva, in questo senso, è stato l’inserimento di Ivanovic al posto di Pavlidis: «Parliamo di un attaccante dalle caratteristiche perfette per mettere in difficoltà una difesa a tre».

In alto, tutti i palloni toccati da Pavlidis. Sopra, invece, l’azione che ha portato l’attaccante croato a tu per tu con Milinkovic-Savic.

Nella mappa dei tocchi di Ivanovic, così come nel video dell’occasione fallita dallo stesso centravanti croato al minuto 11, si intuisce facilmente cosa abbia voluto dire Mourinho. Il tecnico portoghese ha infatti schierato un attaccante molto mobile, molto bravo a spaziare in lungo e in largo, a creare e poi ad attaccare spazi dopo essersi portato a spasso il centrale di riferimento.

La (tentata) aggressività del Napoli in fase di non possesso ha fatto il resto, nel senso che le uscite alte dei difensori e dei centrocampisti hanno determinato ampie porzioni di campo libere, porzioni di prato verde in cui proprio Ivanovic e il Benfica hanno potuto attaccare in modo piuttosto elementare. L’alta intensità della squadra di Mourinho ha portato molti giocatori a prendersi metri, ed è così che sono arrivate tutte le occasioni costruite nei primi 20 minuti di gioco. È così che la squadra portoghese si è portata meritatamente in vantaggio.

I difetti del 3-4-3

Al di là della scarsa intensità e della scarsa brillantezza, il Napoli ha pagato anche un’evidente difficoltà a invertire l’inerzia della partita in modo basico, cioè con una giocata creativa e risolutiva. L’unico che ci ha provato, David Neres, era ed è anche l’unico calciatore a disposizione che aveva le caratteristiche per farlo – almeno se guardiamo a chi è attualmente a disposizione di Conte. C’è poi un altro discorso da fare: al netto delle pochissime alternative, praticamente solo Politano, Lucca e Spinazzola, Conte ha pagato anche quello che è un difetto atavico del 3-4-3. Vale a dire l’impossibilità di renderlo più offensivo senza compromettere gli equilibri tattici.

Molto banalmente: Conte, all’intervallo ha fatto l’unica cosa che poteva fare. Ovvero ha inserito due quinti più creativi, Politano e Spinazzola, al posto di Olivera e Di Lorenzo (“retrocesso” a braccetto). Per il resto, la specializzazione di tutti gli altri slot del sistema del Napoli fa sì che non ci siano molte altre possibilità, per il suo allenatore. Che infatti, a risultato ormai compromesso, ha dovuto cambiare completamente modulo per cercare di dare una sterzata alla partita. Con Lucca in campo al posto di Lang, di fatto il Napoli è passato al 4-4-2/4-2-4: Di Lorenzo, Rrahmani, Juan Jesus (il sostituto di Buongiorno) e Spinazzola in difesa, Politano, McTominay, Elmas (e poi Vergara) e David Neres a centrocampo, Lucca e Hojlund in attacco.

Il 4-2-4 del Napoli dopo l’ingresso di Lucca

In realtà la partita vera era già finita da tempo. Vale a dire da quando il Benfica, subito dopo l’inizio della ripresa, ha trovato il gol del raddoppio. Per altro al culmine di alcuni minuti in cui il Napoli, anche senza costruire azioni rilevanti, aveva dato l’impressione di essere rientrato bene dall’intervallo. Il gol di Barreiro, però, ha stoppato sul nascere qualsiasi velleità di rimonta, è come se avesse chiuso ogni discorso per la squadra di Conte. Che in tutto il secondo tempo, non a caso viene da dire, non è riuscita ad architettare neanche una palla gol propriamente detta.

Conclusioni

Per condensare tutto in pochi caratteri, si potrebbe dire che Mourinho ha vinto la sfida con Conte, questo è innegabile, ma anche che Conte non si è trovato nelle condizioni migliori per affrontare questo tipo di partita. Questo tipo di battaglia sportiva. L’allenatore portoghese ha trovato il modo per limitare il Napoli, se non addirittura per azzerarlo, e questo è un merito. Un merito enorme. Allo stesso tempo, però, è difficile attribuire delle colpe  allo stesso Conte e al Napoli, a una squadra ridotti ai minimi termini dal punto di vista puramente numerico.

Per dirla brutalmente: una volta che Conte si è reso conto della sconfitta tattica del Da Luz, anche se evidente dopo pochi minuti di gioco, come avrebbe potuto invertire il trend? Con quali mosse, inserendo e/o spostando quali giocatori? Ovviamente si tratta di domande retoriche, in questo momento il Napoli è praticamente privo di alternative. Anzi, dovrà continuare a giocare a questi ritmi ancora per diverse settimane, tra Supercoppa, recuperi di campionato e partite di Champions. Partite che a questo punto sono decisive, ed è per questo che Conte ha detto – più e più volte – che spera di poter recuperare qualcuno dei suoi giocatori. Una buona notizia, però, c’è già: non dovrà più affrontare Mourinho.

Correlate