Chivu: «Il ritiro non garantisce la vittoria e non mi dà serenità sulla partita. Scelgo di dare ai ragazzi più tempo con le famiglie»

In conferenza stampa: «Il calcio italiano è sempre affascinante e complesso. È il più difficile da affrontare, quello più preparato tatticamente»

Inter chivu

As Roma 18/10/2025 - campionato di calcio serie A / Roma-Inter / foto Antonello Sammarco/Image Sport nella foto: Cristian Chivu

Cristian Chivu, allenatore dell’Inter è intervenuto in conferenza stampa per presentare l’attesissimo derby di Milano che andrà in scena domani sera alle 20:45.

Le parole di Chivu

Su quale aspetto vuole maggiore concentrazione?

«Sarà una gara affascinante, diversa perché va in mondovisione e c’è rivalità, storia e tradizione per ciò che Inter e Milan rappresentano. Alla fine però resta una partita: va preparata al meglio, come abbiamo sempre fatto. Ci sono tre punti in palio. Sappiamo quanto conti per i tifosi, quanto desiderino vivere un lunedì sereno senza subire gli sfottò dell’amico. È una grande sfida, il mondo ci guarda».

Può dare una spallata al campionato?

«La classifica è corta e siamo ancora all’inizio. Bisogna fare di tutto per conquistare i tre punti, a prescindere dall’avversario. Domani non sarà una domenica qualunque, può succedere di tutto. Non esistono favorite. Si parte sempre dallo 0-0, servono attenzione e determinazione. Sempre, non solo in partite a cinque stelle come questa. Il campionato dura 38 giornate».

Come vivrà questo derby?

«Per me è sempre come fosse il primo, visto che sono nuovo in questo mestiere. È una partita come le altre, ma l’ho vissuta da giocatore e so cosa rappresenta. Conosco benissimo la settimana che la precede, la vigilia, la giornata stessa che sembra non finire mai. Conto sulla maturità dei nostri campioni, che entrano sempre con la voglia di dare tutto. Spero in una gara bella e divertente: sarà l’immagine del calcio italiano nel mondo. Bisogna essere sereni e corretti».

Thuram e Lautaro in attacco?
«Io non faccio il fantacalcio…» (ride)

Cosa trasmetterà ai giocatori?
«Attenzione e determinazione. Sono le stesse cose che ho sempre provato a dare. So che a livello motivazionale ci sarà qualcosa in più, è normale, ma vorrei che fosse così sempre. Per un allenatore il massimo è vedere la stessa motivazione anche contro squadre meno blasonate. Solo così dai continuità a una stagione in cui vuoi essere competitivo».

Allegri dice che siete favoriti.
«Nel derby non esistono favorite. Bisogna entrare motivati, capire i momenti e portare gli episodi dalla propria parte. Serve vincere qualche duello in più, qualche contrasto in più: così aumentano le possibilità di ottenere il risultato».

È una partita in cui tatticamente si può fare qualcosa di diverso?
«Sono letali sia negli spazi che nello stretto. Possono metterti in difficoltà, ma questo non vuol dire stravolgere il nostro piano. Le partite vivono di episodi e della qualità degli avversari. Devi aggiungere qualcosa in base a ciò che immagini possa accadere. Occorre preparare la squadra ad affrontare vari momenti e situazioni. I principi danno identità, i sistemi danno flessibilità. Ma non dimentichiamo la qualità e l’intelligenza dei giocatori nel capire cosa fare in determinati frangenti».

Come fare per non consegnarsi al piano tattico del Milan?
«Preparare un piano gara è semplice, le idee sono quelle. Sono i 100 minuti a determinare l’andamento. Max è un vincente: non a caso ha vinto così tanto, credo sia quello con più titoli in Italia. È pragmatico ma sa fare tante cose. Si basa sulla qualità del gruppo e riesce a farlo rendere al massimo. Sappiamo come sarà la gara, ma ci aspettiamo anche qualcosa di diverso. Devi sempre prepararti a eventuali mosse alternative. Serve attenzione, disponibilità a fare tante cose fisicamente e mentalmente. Bisogna accettare anche di soffrire se necessario, essere dominanti senza perdere equilibrio. Sono aspetti fondamentali. A volte serve fare qualche fallo in più, sporcare qualche giocata».

Che momento sta vivendo Lautaro?
«Quando arriva vicino all’area avversaria ha esperienza, cattiveria agonistica, qualità nel capire dove posizionarsi. È il primo a portare pressione, lo fa con intensità e voglia di recuperare il pallone davvero, non solo per condizionare la giocata. È completo, lo dimostra quello che ha fatto in Serie A e con l’Argentina. Può ancora migliorare. Siamo felici di averlo come capitano e attaccante».

Che spettacolo può offrire questo Inter-Milan?
«Il calcio italiano è sempre affascinante e complesso. È il più difficile da affrontare, quello più preparato tatticamente. Qui si fa qualcosa in più per organizzare una squadra compatta che subisca il meno possibile. All’estero c’è più spensieratezza palla al piede, ma non significa che il nostro campionato abbia qualcosa in meno: è solo una percezione. Qui si parla molto di difesa, di gol subiti, aspetti che altrove fanno meno notizia. Il calcio italiano è bello e complicato: rompere un’organizzazione è difficile, serve sempre qualcosa in più nelle trame e nelle giocate individuali».

Come mai non fate ritiro?
«Il ritiro non garantisce una vittoria. Ne ho fatti tanti anche in stagioni in cui non ho vinto nulla. Non mi dà serenità sulla partita. Finora non l’abbiamo mai fatto: è una mia scelta, per dare più tempo libero con le famiglie. Giochiamo ogni tre giorni, il calendario è fitto, molti sono stati dieci giorni in nazionale e non sono mai stati a casa. Ho fiducia nella serietà dei ragazzi: a casa riposano come in ritiro. Domani mi basterà averli a colazione e tenerli con me fino alla partita. Conta anche l’orario della gara: non potrei tenerli qui 24 ore. È una scelta mia, non dico che sia la verità assoluta. Non voglio nemmeno consolarmi pensando di aver fatto tutto per vincere mettendoli in ritiro. La mia linea è questa».

Hai rivisto le ultime 5 partite in cui non avete vinto?

«Non vado a riaprire certe ferite, sarei… non posso dire cosa. Sappiamo qual è il nostro percorso e da dove veniamo. È importante avere consapevolezza del momento, così si ha più chiarezza su dove si vuole arrivare. Non mi interessa guardare al passato né usare ciò che è successo come carica motivazionale. Mi interessa che abbiano il desiderio di entrare in campo e dare il massimo: sono i dettagli a fare la differenza. Voglio vedere voglia, grinta, motivazione e sorriso. Mi piace parlare di felicità: il calcio è un gioco bellissimo, è ciò che li ha portati fin qui. Non devono dimenticare da dove sono partiti e quanta fatica ci sia dietro. E non devono pensare che dobbiamo vincere sempre perché siamo l’Inter: è troppo. Voglio gente che si diverta, ma responsabile, ambiziosa e capace di portare avanti il cammino verso gli obiettivi. Così si cresce».

Ti aspetti risposte dalla tua squadra?

«Il calcio è così bastardo che cambia da una giornata all’altra. Io penso una partita alla volta, è l’unica cosa che posso controllare. Se guardo troppo avanti spreco energie, e quando spreco energie perdo lucidità. Così non sono sereno, e quando non sono sereno sono triste. Non voglio che i ragazzi mi vedano così».

Come sta Thuram?

«Sta bene. Non ha saltato un allenamento da quando è rientrato. È rimasto con noi, non è andato in nazionale: non so se devo ringraziare la Francia, ma gli ha fatto bene. Aveva bisogno di ritrovare la condizione che aveva perso in quel mese. Sta bene».

E gli altri nazionali?

«Stanno tutti bene, tranne Dumfries. Dopo Inter-Lazio ha avuto un problema alla caviglia. Ha avuto difficoltà anche in nazionale, non si è allenato. Una volta tornato abbiamo capito che il problema era più serio, e non ci sarà».

C’è troppa pressione?

«Il divertimento deve essere responsabile. Vuol dire apprezzare anche le piccole cose, come il sole di oggi. Ci dimentichiamo di ciò che la vita ci offre. L’ansia nel calcio mostra sempre lo scenario peggiore: è bugiarda. Non bisogna ascoltare ciò che ti trasmette il pensiero ansiogeno, perché ti consuma e non ti permette di rendere al meglio. Bisogna lavorare per migliorarsi. Il calcio italiano ha margini di crescita, ma non dobbiamo dimenticare la nostra identità: da dove siamo partiti – me compreso – e cosa abbiamo costruito. Questo mondo è meraviglioso, così come lo è la passione dei tifosi e anche dei giornalisti. All’estero forse il giornalismo sportivo è solo un lavoro; qui invece siete partecipi, coinvolti. È bello, ma anche voi dovreste sorridere di più e preoccuparvi meno dei gol subiti o del perché si debba giocare uno spareggio».

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