De Siervo: «La Champions League ha reso meno popolare il calcio italiano all’estero»
Durante un evento a Torino: «I presidenti di una volta non ci sono più, mancano gli investimenti. Rischiamo di diventare le prequalifiche della Formula 1 o dei grandi tornei di tennis»

Db Riad (Arabia Saudita) 02/01/2025 - Supercoppa Italiana / Inter-Atalanta / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Luigi De Siervo
L’amministratore delegato della Serie A Luigi De Siervo ha parlato dall’Allianz Stadium di Torino, nel corso dell’evento Social Football Summit tenuto in città. Di seguito il contenuto integrale delle sue dichiarazioni.
De Siervo: «La Champions League ha reso meno popolare il calcio italiano all’estero»
Il rischio per il calcio italiano nel sistema Fifa/Uefa
«Rischiamo di diventare le prequalifiche della Formula 1 o dei grandi tornei di tennis. Il prodotto che si sta sviluppando sempre di più è il prodotto premium di Fifa e Uefa. Punto di svolta in questo passaggio il ruolo che ha avuto l’Eca: le squadre che governavano il calcio erano in G14, oggi sono 20 le squadre che guidano l’ex Eca, ma sono l’elemento che serve a Uefa e Fifa per dimostrare che condividono un progetto fatto dalle squadre».
L’impatto della Champions League sulla popolarità della Serie A
«È la Champions League ad aver reso meno popolare il nostro campionato all’estero. Pensate all’Inghilterra: la fantomatica Premier League ha dovuto mettere sul mercato il 35% delle gare in più, e il costo di ciascuna partita è diminuito del 21%. La crisi perciò riguarda tutti i campionati, non solo la Serie A. Quello che può fare la Lega Serie A è cercare di sensibilizzare Fifa e Uefa per bloccare questo fenomeno, altrimenti rischiamo di distruggere il tessuto di queste squadre».
Il gap con gli altri campionati e le conseguenze sportive
«Dobbiamo avere chiaro che questa distanza di valore nel tempo crea parte sinistra e destra della classifica, ma si rischia anche di avere partite che finiscono tanto a poco. La Francia è stata la prima lega investita da questo tsunami, noi siamo i prossimi, abbiamo un sistema che ci tutela poco nei diritti televisivi. Nel momento in cui perdi controllo non puoi riprenderlo. Riusciamo a rimanere un riferimento per il pubblico solo mantenendo un livello alto».
La situazione economica dei presidenti e dei club italiani
«Non ci sono più i presidenti di una volta che con un assegno coprivano le perdite, oggi ci sono strutture che cercano di avere un punto di equilibrio. Otteniamo meno soldi dai diritti televisivi di quanti ne vengono spesi per calciatori e procuratori, porta tutti gli anni il nostro calcio ad alzare l’indebitamento. Facciamo fatica a programmarci, ci mancano le risorse per gli investimenti. Se non riusciamo a garantire risorse con continuità non saremo in grado di programmare il nostro futuro».











