La sfida del Napoli di De Laurentiis è trovare l’equilibrio tra autenticità locale e vocazione globale
La trasformazione del Napoli in impresa globale di intrattenimento è ancora in fase di costruzione. L'identitarismo deve essere tradotto in un linguaggio universale per espandersi oltre il regionale

Ni Napoli 28/05/2025 - Festa scudetto Napoli / foto Nicola Ianuale/Image Sport nella foto: bandiera
SSC Napoli: Visione o Realtà? – Misurare il successo del progetto globale di De Laurentiis
Quando Aurelio De Laurentiis prese il Napoli, ci parlò di una “società moderna e ambiziosa”, capace di evolversi da club calcistico a impresa globale di intrattenimento. Pochi lo ascoltarono.
Molti pensarono, al solito riccone che in preda alla crisi di mezza età, e già pieno di beni di lusso, avrebbe fatto la figura del ricco mecenate, riportando il Napoli in Serie A sì ma nulla di più. Oggi, dopo anni di crescita, vittorie e rinnovate sfide, anche i papponisti sono scomparsi. Perché? Ha forse il Napoli realizzato la propria missione oppure il progetto internazionale resta in costruzione?
Dalla visione all’esecuzione
Il primo obiettivo – la stabilità sportiva – è stato raggiunto, anche se in presenza di alta volatilità viste le annate alla Gattuso e di Garcia. Insomma il successo sportivo va coltivato e conservato perché ancora troppo acerbo e costruito su cicli brevi e giocatori simbolo in assenza di un vivaio efficiente. Comunque il Napoli è ormai una presenza solida nell’élite italiana e in Europea comincia ad avere voce e presenza. La conquista dello scudetto nel 2023 e nel 2025 ha validato il modello gestionale basato su equilibrio finanziario, valorizzazione dei talenti, gestione oculata dei costi.
Ma la missione è quella di crescere come brand, di affermarsi come piattaforma d’intrattenimento e di posizionarsi nel panorama globale accanto ai colossi del calcio moderno. È su questo terreno che la valutazione dei risultati si fa più complessa.
Negli ultimi anni, Napoli ha consolidato una presenza nelle coppe europee, con risultati tecnici in linea con club di pari struttura. La storica corsa fino ai quarti di finale di Champions League nel 2023 ha confermato che il club può competere ai massimi livelli, dimostrando sostenibilità sportiva e reputazionale.
Tuttavia l’accesso stabile ai vertici europei è troppo incostante e rimane la vera sfida. In un sistema dominato da club a forte capitalizzazione, il Napoli si trova a dover bilanciare ambizione e disciplina finanziaria — un equilibrio che, seppur virtuoso, ne limita la capacità di trattenere i talenti più richiesti. La strategia, in sostanza, ha dovuto privilegiare la continuità economica sulla spesa espansiva, un approccio necessario per un’impresa prudente ma inefficace per un marchio aggressivo.
Il marchio Napoli: un capitale in evoluzione
Sotto il profilo del brand, il Napoli ha compiuto progressi tangibili. La visibilità internazionale della squadra è cresciuta grazie ai risultati sportivi e all’estetica del gioco in era Sarri e Spalletti, tanto da diventare universalmente riconosciuta come tra le più spettacolari d’Europa. La maglia azzurra appare oggi un asset narrativo potente, perché legata non solo più al “Dio del calcio” ma anche alle nuove stelle che portano con successo il simbolo di identità mediterranea e passione autentica.
Tuttavia se si analizzano i parametri di business – valore del brand, sponsorship, partnership globali – il Napoli resta una “boutique brand”, forte nella personalità e nelle potenzialità, ma lontana dai colossi industriali del calcio. Secondo le principali classifiche di brand valuation, il club è in crescita, ma il salto e la presenza stabile nella “prima fascia” richiederà un’espansione commerciale più decisa, in particolare nei mercati asiatici e nordamericani. Questo significa investmenti.
L’impresa dell’entertainment: promessa e realtà
Uno dei pilastri della missione originaria è la trasformazione in società di intrattenimento, capace di offrire ai tifosi “qualcosa di più di una partita”. Da questo punto di vista, Napoli ha iniziato a sperimentare ma il percorso è in fase di evoluzione.
Eventi, contenuti digitali e iniziative multimediali hanno migliorato la fan experience ma il club non ha ancora costruito un ecosistema di intrattenimento paragonabile a quello dei giganti globali come Manchester City, Real Madrid o Psg dove sport, media e lifestyle convivono in un’unica architettura. Neanche a dirlo, quelli sono club dalle risorse economiche in parte limitate solo dal fair play finanziario quando è applicato.
La sfida resta aperta per industrializzare la passione così da trasformare l’emozione collettiva in valore sistemico, scalabile e sostenibile. Ciò implica investimenti coordinati di campo/squadra, in marketing, digital engagement e brand partnership di respiro internazionale.
Governance e sostenibilità: il modello De Laurentiis
Sul piano aziendale, la gestione di De Laurentiis rimane un case study di rigore e visione manageriale. Mentre molte società calcistiche europee operano in deficit strutturale, Napoli ha costruito un modello sostenibile, con bilanci in utile, cash flow positivo, costi sotto controllo e un sistema di governance stabile. Il club rappresenta una best practice di finanza sportiva, ma questa solidità, paradossalmente, limita la spettacolarità delle operazioni di mercato e la percezione di potenza economica all’estero.
In termini di business, Napoli è un’impresa profittevole, più vicina al modello “azienda familiare ad alte prestazioni” che a quello di conglomerato globale. Per completare la trasformazione in “entertainment company”, servirà probabilmente una struttura di governance più aperta a partnership strategiche, joint ventures o capitali nuovi.
Identità e universalità
Il punto di forza più distintivo del Napoli resta la sua identità culturale in connessione con la città. Ma la città, la parte politica e economica della stessa non sembrano aiutare, né sembrano comprendere i possibili benefici a cascata, sia diretti che indiretti, del Progetto Napoli-Adl. Accade così che in un mondo calcistico globalizzato, il club ha mantenuto una narrativa coerente: la passione popolare, l’orgoglio del Sud, l’estetica del gioco. Questo patrimonio emotivo rappresenta un asset intangibile di straordinario valore, ma deve essere tradotto in un linguaggio universale per espandersi oltre il regionale; visto che in Italia questo profondo assetto identitario potrebbe essere un limite.
L’equilibrio tra autenticità locale e vocazione globale sarà cruciale. Se ben gestito, può diventare la cifra unica del brand Napoli: un club che esporta non solo calcio, ma una cultura, – ora esagero – uno stile di vita.
Un progetto ancora in corsa
Il Napoli ha senza dubbio compiuto gran parte del cammino verso la propria missione: è stabile, competitivo, riconosciuto e gestito con competenza. Tuttavia, la trasformazione in impresa globale di intrattenimento è ancora in fase di costruzione. Le fondamenta ci sono — visione, immagine, reputazione — ma la lunghezza della scala resta limitata.
Il Napoli è diventato un brand con presenza internazionale, ma non è ciò che aspira ad essere, cioè una multimpresa. Il progetto è in maturazione ma non concluso.
Il futuro dipenderà dalla capacità del club di monetizzare la propria unicità, di aprirsi a nuove forme di partnership e di proiettare la sua identità mediterranea nel contesto globale. Solo allora la missione immaginata potrà dirsi pienamente compiuta, cioè il Napoli non più solo squadra ma ecosistema internazionale di emozione, business e cultura sportiva. (2 – continua)











