Conte e Napoli, cronaca di un idillio mai nato: resta culturalmente un diverso

Il balsamo della festa ha fatto dimenticare le critiche della passata stagione. Conte ha un’altra forma mentis, ragiona in termini qui sconosciuti. Poi, sbaglia (non sa essere incudine), a volte eccede ma la portata del suo lavoro è sottostimata

Conte

Napoli's Italian coach Antonio Conte is thrown in the air by his players as they celebrate after winning Italian Serie A football match between Napoli and Cagliari at the Diego Armando Maradona stadium in Naples on May 23, 2025. (Photo by Carlo Hermann / AFP)

Conte e Napoli, cronaca di un idillio mai nato: resta culturalmente un diverso

Bisogna sempre fare un passo indietro per comprendere lo stato delle cose. In particolare a Napoli dove la narrazione è più fantascientifica che altrove. L’idillio tra Conte e Napoli non c’è quasi mai stato. Tranne rarissime occasioni, più o meno due: quando arrivò, perché la piazza era talmente ammaccata che si aggrappò all’ex odiato juventino come all’unico in grado di risollevare le sorti della squadra (cosa peraltro vera); e a babbo morto, ossia a scudetto vinto con la solita esagerazione sull’unicità dei festeggiamenti (panzana sesquipedale, si festeggia ovunque e persino di più). A festeggiare sono bravi tutti. Non si capisce quale sia la particolare abilità nel festeggiare.

Lo scorso anno, furono in tanti – ma tanti – a storcere il naso per il gioco del Napoli. Il malumore per Lukaku raggiunse vette da Everest e non scese mai sotto i settemila. Quella festa sul Lungomare propagandata come se fosse stato un evento straordinario si sarebbe trasformato in un rito collettivo – magari non pubblico – per allontanare il tecnico salentino se solo Pedro non avesse segnato il rigore che fissò il risultato di Inter-Lazio 2-2. Eravamo a Parma quella sera e molti tifosi del Napoli al fischio finale erano delusi come se fosse morto il loro gatto. “Non si può pareggiare a Parma”. Il Napoli aveva praticamente lo scudetto ma che vuoi che fosse. Quisquilie.

Erano giorni in cui non v’era certezza del futuro di Conte. O meglio la certezza c’era: sarebbe andato via. De Laurentiis gli diede il benservito alla cena scudetto, lo salutò e ringraziò. A Napoli sarebbe arrivato Allegri che i napoletani detestano persino più del Conte juventino. Poi lo situazione cambiò. Un po’ lo scudetto, tanto che Conte comprese che la Juventus era lontanissima parente di quella di un tempo, aggiungiamoci che De Laurentiis si spaventò di una decisione impopolare (il presidente tiene tanto al consenso) e un aumento di qua, una promessa di campagna acquisti di là, ed ecco che a furor di popolo – perché Pedro il rigore lo segnò – Conte rimase.

Poi è arrivata l’estate. E anche De Bruyne – che qualche malalingua sostiene che fosse il pacco dono per indorare ai tifosi l’arrivo di Allegri. La campagna acquisti che effettivamente è stata mediaticamemte pompata come se il Napoli avesse preso Vinicius, Benzema e De Jong. Una campagna acquisti che, a parte De Bruyne, non ha intaccato la formazione titolare. Quindi è arduo sostenere che il Napoli si sia rinforzato. Ha speso tanti soldi, questo sì. Ma è un altro discorso. Li ha spesi male? La domanda c’è tutta. Al momento la risposta è sì. Questi calciatori chi li ha scelti? Fino a prova contraria, la risposta è che li hanno scelti tutti: da Conte a Manna. In più, in piena estate, si è infortunato Lukaku e il Napoli ha dato prova di essere un grande club: De Laurentiis ha messo mani al portafogli e per 50 milioni ha portato a Napoli Hojlund che il Milan stava inseguendo tra cambiali e proposte di dilazione fino al 2046. Resta qualche domanda: il Napoli ha deciso solo in corsa di cambiare modulo e schierare insieme De Bruyne, McTominay, Lobotka e Anguissa. Questo ha di fatto ulteriormente depotenziato la campagna acquisti, almeno fino all’infortunio di Kdb. Non c’era più spazio per gli esterni. Qui aggiungiamo che al momento non ci risultano frizioni tra il tecnico e il presidente. De Laurentiis ha sposato Conte e va avanti per la sua strada. Lo scorso anno, il rapporto si raffreddò al punto da diventare glaciale. Adesso non risultano mal di pancia. Il nodo è più l’ambiente che De Laurentiis.

Poi, Conte ha cominciato a parlare. E ha espresso una serie di concetti che la piazza non voleva saperne di ascoltare. Ha depotenziato la campagna acquisti. Non per criticare la società ma l’ha fotografata per quella che è stata: una campagna acquisti di rafforzamento necessaria visto che lo scorso anno di fatto non c’era panchina. È da quando è arrivato a Napoli che Conte parla di percorso. Lo scudetto dello scorso anno è stata un’accelerazione quasi non prevista. Dovuta al masochismo dell’Inter, questo va detto e scolpito a chiare lettere nel cielo di Napoli. Bravissimo il Napoli. Straordinario Conte. Ma terribilmente polli loro.

Conte ha più volte detto che l’entusiastica narrazione estiva era di fatto un trappolone mediatico per montare il Napoli super favorito. Lo ha detto in ogni salsa. Così come ha ripetuto più volte che questa è e sarà una stagione di passaggio, una stagione in cui il rafforzamento del Napoli passerà dalla crescita e dall’adattamento dei nuovi acquisti. Non ha promesso nulla. Che poi l’ambiente attorno a sé – esageriamo ma il clima ad agosto era questo – ha quasi cominciato a storcere il naso pensando al quinto scudetto (che noia, che barba) perché voleva vincere la Champions, non possiamo certa definirla una responsabilità del tecnico.

Che ha i suoi difetti (poi ci arriviamo) ma è pressoché unanimemente considerato uno dei pochi allenatori in grado di far crescere il club in cui lavora, sotto tanti punti di vista. E arriviamo alla polemica sull’Europa, sul Napoli che deve imparare a crescere e a gestire il doppio, triplo, quadruplo impegno. Più di qualcuno a Napoli non ha gradito. Ma come? Il Napoli in Europa ci gioca da quindici anni, ne ha saltato solo uno. Il che è vero. Ma va anche detto, però, che il Napoli il doppio impegno l’ha sempre sofferto. In Europa il Napoli ha tutto sommato vivacchiato. Fa eccezione la semifinale di Europa League di un secolo fa con Rafa Benitez che da solo – in un ambiente ostile – provò a far capire (inascoltato) che un grande club non può non tenere all’Europa. Per il resto, il Napoli è rimasto legati ad alcuni exploit, ad alcune vittorie storiche, ad alcuni primi tempi spettacolari, alcune goleade, ma stringi stringi il vero exploit non c’è mai stato. Quindi sì, il Napoli l’Europa la conosce e la frequenta però non ha mai fatto mirabilie. Conte – che in Europa, si sa, non ha mai brillato – ha fatto persino meglio: ha giocato e perso una finale di Europa League con l’Inter.

Poi c’è il tema infortuni e gli accenni del tecnico alla crescita di tutti, compreso lo staff medico e fisioterapico. A Napoli la voce ‘e popolo è che i calciatori si infortunano tanto perché Conte li torchia troppo. Non sappiamo se sia vero. Sappiamo che il Barcellona di Flick ha più infortuni del Napoli e che lì il tecnico non viene accusato. Magari hanno torto i catalani, davvero non lo sappiamo.

Conte i suoi difetti li ha. Quasi tutti noti. Il principale a nostro avviso è che fatica a essere incudine. È nato per essere martello. Non è un grande incassatore. Non ci sa stare in difficoltà, sotto accusa. All’angolo. Non è per lui. Fa anche notare, comprensibilmente, che il Napoli è primo in classifica e in giro si sentono solo critiche. Poiché non addebita a sé gli infortuni, giustamente rivendica che il Napoli sta vivendo in emergenza dall’inizio della stagione. Ha perso i calciatori più forti: da Lukaku e De Bruyne, fino a Buongiorno, Lobotka, Rrahmani e altri. Conte quando perde, o pareggia come contro l’Eintracht, scalcia. Però, occhio, Conte non scalcia mai a caso. Si porta dietro l’immagine di lamentoso (certamente c’è del vero), allo stesso tempo però lui individua i problemi e stressa società, staff e calciatori per risolverli. Ha sempre fatto così, e con risultati apprezzabili.

Ha anche parlato spesso di crescita del gioco del Napoli. Noi non siamo d’accordo perché subire un gol come il primo di Milano contro il Milan per noi non è calcio europeo, è solo masochismo. Ma lui l’ha presentata così. Gliela possiamo persino passare, quel che proprio non possiamo passare è l’accusa alle squadre avversarie che vengono a difendersi. Neanche ci dilunghiamo, ne abbiamo già scritto, e stabilire come debbano giocare gli avversari si commenta da sé.

Ora, col Napoli primo in classifica, c’è uno strano clima tra Conte e la piazza. Come c’è stato anche lo scorso anno. Conte resta culturalmente un corpo estraneo alla città. Nonostante i suoi tour gastronomici. Non sappiamo cosa rimarrà del rapporto tra la città e Conte. Sappiamo che è un rapporto adulto. Un contratto. Non c’è l’amore ma ci sono i risultati. E poi alla fine si torna sempre là. Napoli la diversità la accetta solo se si vince. Sennò la sopporta, fino a un certo punto.

Manca un ultimo punto, forse il più importante. Ci sarebbe da scrivere del Conte comunicatore. Del Conte che praticamente dallo scorso anno sta conducendo da solo una battaglia mediatica contro il Nord, soprattutto contro l’Inter. I media del Nord sono ossessionati da Conte. Questo a Napoli si fa fatica a comprenderlo. Lo spalla a spalla beniteziano è sempre stato un concetto estraneo alla cultura del luogo. In fin dei conti, Conte combatte su più fronti: interni ed esterni. Commette i suoi errori, chi non li commette. Ma in linea generale avvertiamo una sottovalutazione del suo lavoro a Napoli.

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