Conte ha osato, tra Neres e falso nueve e marcature uomo su uomo. Anche la fortuna ha gradito

Il tecnico ha aggiunto altre varianti al al portafogli tattico della squadra. Neres falso nueve e idee gasperiniane. Gli infortuni aguzzano l'ingegno. E la dea bendata ci vuole sempre

Conte

Dc Napoli 25/10/2025 - campionato di calcio serie A / Napoli-Inter / foto Domenico Cippitelli/Image Sport nella foto: Antonio Conte

Forza e varietà

Il Napoli 2025/26 è una squadra che deve fare i conti con degli equivoci e quindi con dei problemi tattici, in questo spazio sul Napolista lo scriviamo da tempo e una vittoria contro l’Inter non basterà sicuramente a cancellarli. Allo stesso tempo, però, il Napoli 2025/26 è in testa alla classifica della Serie A. E ha battuto l’Inter al termine di una partita aperta, densa di eventi. In cui gli uomini di Chivu hanno costruito di più, come detto i problemi della squadra di Conte non sono scomparsi, ma solo fino a un certo punto. Diciamo fino a quando hanno segnato il 2-1, poi sono spariti dal campo. Ed è in quel momento che gli azzurri hanno legittimato il loro successo.

Questo preambolo serve a ricordare che il Napoli resta una grande squadra. Una squadra forte con una rosa vasta e varia. Guidata da un allenatore che nelle ultime settimane avrà commesso anche degli errori, questo è certo, ma che aveva e ha tutti gli strumenti per rimettere a posto le cose. E per “strumenti” intendiamo i giocatori che possono dare un twist, come successo contro l’Inter, ma anche le capacità che servono per sfruttare i suddetti giocatori: intuito, intelligenza, inventiva, coraggio. E anche fortuna, perché no? A volte le mosse di un tecnico hanno un esito positivo perché gli episodi e quindi le partite girano in un certo modo.

Nel caso di Napoli-Inter, dal punto di vista statistico, la fortuna ha inciso nel momento in cui la maggior produzione offensiva dell’Inter – 1.88 gol attesi contro gli 1.25 del Napoli secondo Sofascore – non ha trovato riscontri nella realtà. Dal punto di vista dell’analisi tattica, però, le scelte di Conte hanno indirizzato chiaramente la partita a favore della sua squadra. E si è trattato di mosse intelligenti, di grande inventiva e anche coraggiose.

Fase offensiva: il Falso Nueve

Cominciamo dalla formazione titolare: il Napoli è sceso in campo con una versione riveduta e corretta del suo 4-3-3 asimmetrico, ovvero con David Neres schierato al posto di Lucca nello slot di prima punta, con Politano largo a destra più De Bruyne, McTominay, Anguissa e Gilmour. Per la prima volta da quando è approdato sulla panchina azzurra, quindi, Conte non ha schierato un attaccante puro, ma ha adattato un esterno offensivo in quella posizione. Ne è venuto fuori un sistema/schieramento ancora più ibrido e fluido del solito: Neres, infatti, ha interpretato il suo nuovo ruolo in modo del tutto personale, muovendosi in e verso tutte le zone del fronte offensivo. La mappa dei suoi palloni giocati, in questo senso, è piuttosto eloquente:

Meglio specificare: in questo campetto, il Napoli attacca da sinistra verso destra

La mobilità estrema di David Neres ha avuto diverse conseguenze. La prima: la marcatura uomo su uomo di Acerbi – con cui il centrale dell’Inter ha annullato alcuni dei migliori attaccanti europei di questa generazione – è stata quasi completamente depotenziata, perché Acerbi non è quasi mai riuscito ad anticipare il suo avversario. La seconda: l’assenza di Acerbi, fatalmente attratto da David Neres a zonzo per il campo, ha liberato l’area di rigore per le incursioni a rotazione di McTominay e di Anguissa. I quali, quindi, non si sono affiancati a una prima punta, ma sono entrati in area partendo da dietro. Si sono inseriti, a turno, in uno spazio lasciato vuoto. In cui non c’era un centravanti.

Insomma, si può parlare propriamente di Falso Nueve. Una definizione che, a suo tempo, veniva usata per definire Mertens ma non aveva nulla a che fare con Mertens, se non per alcune piccole sfumature. Una definizione che rimanda a un calciatore che non pensa e non agisce come un attaccante, ma come un disturbatore/creatore di gioco che parte dal centro dell’attacco. E poi va in tutte le direzioni, per costruire, rifinire o anche finalizzare la manovra offensiva della sua squadra. In questo senso, l’azione che ha portato al gol del vantaggio del Napoli è un esempio che vale più di mille spiegazioni teoriche:

Guardate chi c’è dentro l’area di rigore

David Neres si allarga sulla sinistra. si fa dare il pallone, brucia Acerbi nel controllo e nella conduzione e poi crossa a centro area. Dove ci sono Anguissa e McTominay, arrivati a rimorchio da dietro. Il cross non è ben indirizzato e la palla viene risputata fuori, ma l’azione del Napoli non si esaurisce e Anguissa fa una giocata da attaccante puro per liberare Di Lorenzo in area.

Ecco, questo è stato il senso della mossa di Conte. Con Neres al posto di Lucca, il Napoli ha potuto riprendere a giocare il pallone in profondità. Il brasiliano ha allungato e allargato – quindi ha stressato – costantemente la difesa dell’Inter, ha mandato fuori giri Acerbi, ha creato spazi per i compagni. Nel secondo tempo è stato decisivo anche con un assist delicatissimo, quello che ha spalancato ad Anguissa la strada verso il gol del 3-1, ma il punto centrale della prestazione dell’attaccante brasiliano sta in una nuova varietà di soluzioni garantita alla sua squadra. E al suo allenatore. Il quale, non a caso viene da dire, lo ha sostituito con Lang e non Lucca sul finire della gara.

Fase difensiva: marcature uomo su uomo

Conte ha preparato la partita con l’Inter in modo scientifico. Nel senso che ha studiato i nerazzurri e si è inventato/ha trovato delle soluzioni per sfruttare i loro punti deboli. In fase difensiva, questo studio ha portato all’attuazione di una marcatura uomo su uomo di tipo gasperiniano, secondo cui ogni giocatore del Napoli aveva un uomo da seguire. Sempre lo stesso, a tutto campo.

Gli accoppiamenti erano praticamente fissi: Neres su Acerbi, Politano su Bastoni, De Bruyne su Akanji. Gilmour su Cahlanoglu, McTominay su Barella e Anguissa su Mkhitaryan/Zielinski. E poi Di Lorenzo su Dimarco, Spinazzola su Dumfries e Juan Jesus e Buongiorno su Bonny e Lautaro Martínez. Col passaggio al 4-3-3 puro dopo l’uscita di De Bruyne, con Spinazzola avanzato nel tridente offensivo, le marcature non sono mutate. Anzi, l’ampiezza garantita dall’ex esterno della Roma ha reso ancora più lineari gli abbinamenti.

Questi tre frame si riferiscono a momenti molto diversi della partita, ma il Napoli difende sempre uomo su uomo

È chiaro che Conte sia stato “aiutato” anche dal contesto. Nel senso che che il 3-5-2 dell’Inter, un sistema che in fase offensiva si deforma sempre in un 3-3-4 o anche in un 4-2-4 – quando, oltre a Cahlanoglu, si abbassa anche una delle due mezzali – si sovrappone perfettamente a quello del Napoli, sempre oscillante tra il 4-4-2 e il 4-5-1. L’idea del tecnico azzurro, ovviamente, era quella di sporcare la costruzione arretrata degli avversari. Che, questo va detto a onor di statistica e quindi del vero, sono riusciti spesso a superare questa prima pressione e a imbastire manovre d’attacco con molti uomini nella trequarti del Napoli. Nel primo tempo, i numeri sono davvero sbilanciati a favore dell’Inter: 8 conclusioni tentate contro 4, 2 pali colpiti – per quanto in entrambe le occasioni si è trattato della facciata esterna – e 2 parate importanti di Milinkovic-Savic.

Una nuova strada?

Come detto in apertura: il Napoli ha ancora dei problemi difensivi. Lo ha manifestato anche contro l’Inter, per tutto il primo tempo la sensazione era quella per cui la squadra di Chivu potesse perforare la difesa avversaria ogni qual volta riusciva a trovare le imbucate verso i due attaccanti o verso chi convergeva dalle fasce, le mezzali o i quinti di centrocampo. È come se il Napoli, almeno rispetto a quanto visto nel corso dello scorso campionato, abbia faticato a essere efficace quando si è trovata a compattarsi nella propria sua campo. Quando è entrato in modalità-trincea. In ogni caso resta un progresso importante rispetto a quanto visto contro Milan, Torino e (soprattutto) Psv. Ed è un progresso legato a una maggiore funzionalità della fase d’attacco.

Paradossalmente, o forse no, alla fine l’approccio aggressivo e le marcature uomo su uomo hanno pagato i loro dividendi anche dal punto di vista puramente difensivo. Dopo il rigore segnato da Calhanoglu e il litigio tra Lautaro e Conte, infatti, il Napoli ha continuato ad andare a pressare l’Inter con lo stesso sistema visto nel primo tempo e a inizio ripresa. Cioè, ha insistito con un pressing più orientati sugli uomini e meno sul pallone. E la squadra non ha più costruito palle-gol, si può dire sia stata completamente inoffensiva. Ecco i numeri: 0 tiri in porta dal minuto 60 fino a fine gara, 2 conclusioni respinte e 2 finite fuori tra il minuto 78′ e il minuto 96′.

Ora, naturalmente, viene da chiedersi: questa delle marcature a uomo può essere una nuova strada per il Napoli? Questo approccio è legato alla scelta di mettere David Neres al centro dell’attacco? Oppure può essere replicato anche con Hojlund/Lucca? Ovviamente non ci sono risposte a queste domande. Per un motivo molto semplice: Conte ha preparato questa partita in questo modo in virtù delle caratteristiche dell’Inter. Per sfruttare i punti deboli dei nerazzurri.

L’importanza della ricerca (e di Anguissa e McTominay)

Ecco, questa è la chiave. Il Napoli e lo stesso metodo-Conte funzionano quando pensano e quindi giocano le partite adattandosi al contesto. Il che non vuol dire snaturarsi, fare a pezzi la propria identità, vuol dire smussare qualche angolo e muovere qualche pezzo in modo da esaltare anche le proprie caratteristiche mentre si depotenziano gli avversari. Insomma: nel caso del Napoli, l’importanza della ricerca – prendiamo in prestito un’espressione dalla scienza vera e propria – serve a valorizzare quello che c’è già. Quello che c’è a disposizione.

Contro l’Inter, per dire, abbiamo rivisto la miglior versione possibile, almeno in chiave offensiva, di McTominay e Anguissa. Entrambi, infatti, sono stati decisivi in zona-gol, con i loro assist, con i loro movimenti e i loro inserimenti. E questo loro enorme impatto è da ricondurre alle loro condizioni fisiche, a quella che possiamo definire come una serata ispirata, ma anche alle mosse di Conte. Lo avevamo già anticipato parlando della prestazione di David Neres, ora lo vediamo in modo più approfondito guardando alla partita di Anguissa:

Tutti i palloni giocati da Anguissa

In questa mappa si percepisce chiaramente quella che è stata la libertà assoluta di cui ha goduto Anguissa. Ha toccato pochissimi palloni in area, è vero, ma come abbiamo visto è stato decisivo in occasione del rigore conquistato da Di Lorenzo. E poi ha segnato un gol bellissimo, da giocatore devastante. Lo stesso discorso si può fare per le statistiche difensive: 2 contrasti vinti su 2 tentati, 3 palloni intercettati, 5 recuperati, 4 duelli vinti su 5 tentati con la palla a terra, 3 su 5 con la palla in aria. Difficile, anzi impossibile, chiedere di più.

Insomma, per dirla brutalmente: l’Inter non è riuscita a contenere il miglior Anguissa della stagione, un Anguissa in splendida forma e messo da Conte nelle condizioni di incidere in modo molto forte sulla partita. In fondo, a pensarci bene, la tattica calcistica serve proprio a questo: a mettere i giocatori nelle condizioni per esprimersi al meglio.

Conclusioni

Il Napoli esce emotivamente rinfrancato dalla partita contro l’Inter. Certo, non tutte le squadre avversarie hanno e/o avranno l’approccio dei nerazzurri, la loro qualità, quindi la squadra azzurra  dovrà cambiare nuovamente faccia. Per esempio dovrà farlo di nuovo tra poco più di 50 ore, quando sarà ospite del Lecce. La gara contro i nerazzurri, però, ci ha mostrato – per l’ennesima volta – che Conte è molto, molto lontano dalla sua versione talebana, se questa sua versione è mai esistita. Dopo le partite approcciate e giocate male contro Torino e Psv, a loro volta coda lunga di quella persa a Milano contro il Milan, è intervenuto in modo impattante sui principi tattici del suo Napoli. Sul modo in cui gli azzurri interpretano la partita.

Certo, in questo senso anche gli infortuni hanno avuto un peso significativo. Nel senso: se avesse avuto Rrahmani, Lobotka e Hojlund, è praticamente certo che Conte non avrebbe schierato David Neres come finta punta. E invece questa intuizione è venuta ed è stata sfruttata benissimo, ha messo in difficoltà l’Inter e ha mostrato che l’organico assemblato da Manna negli ultimi due anni offre molti margini di lavoro. Anche di lavoro creativo. Lo stesso stop muscolare di De Bruyne, pur nella sua dimensione di evento sfortunato, deve essere considerato come un’occasione per testare nuove soluzioni, nuove idee, per mettere a punto dei meccanismi che potrebbero andare a comporre la nuova identità del Napoli. È così che è arrivato lo scudetto dello scorso anno, è così che dovranno andare le cose anche in questo campionato. Non c’è altra strada.

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