Zidane: «Mi manca il calcio del passato, vorrei vedere un gioco più offensivo»
Al Festival dello Sport: «Avrei potuto giocare altri 2-3 anni ma ero stufo degli spostamenti, delle trasferte. Lippi quello che mi ha dato di più, in futuro mi vedo alla guida della Francia»

Parigi (Francia) 18/09/2019 - Champions League / Paris Saint Germaina-Real Madrid / foto Imago/Image Sport nella foto: Zinedine Zidane
Zinedine Zidane si è raccontato anch’egli al Festival dello Sport di Trento, dopo altre personalità come Luciano Spalletti, ex allenatore del Napoli e della Nazionale.
Zidane: «Il mio periodo alla Juve è stato splendido, ma sogno la Francia»
Le tue origini: com’è nato il tuo amore per il calcio?
«Come tutti i bambini ho imparato ad amare il calcio per strada. 45 anni fa a Marsiglia giocavo sempre con il pallone, ero appassionato di questo. Tifavo proprio Marsiglia. I miei genitori sono dell’Algeria, si sono trasferiti in Francia per lavorare ma in quell’epoca era difficile. Io sono contento dei miei figli, perché sono rispettosi e questa per me è la cosa più importante.»
Come vedi le differenze tra il calcio di ieri e quello di oggi?
«Penso che rispetto al passato oggi mi manca qualcosa. Quando vedo le partite voglio vedere un gioco più offensivo, è vero che mi manca un po’ il calcio del passato.»
Che ricordo hai degli anni trascorsi alla Juventus?
«Gli anni lì sono stati bellissimi. Sono arrivato dalla Francia, in cui il calcio era bello ma non come alla Juve. A Torino ho sentito che bisognava solo vincere, sempre. Sia in casa che in trasferta. La cosa che mi è rimasta maggiormente dell’avvocato Agnelli è che quando giocavo bene mi chiamava alle 6 del mattino per farmi i complimenti. Lui era un signore, si vedeva che era un appassionato di calcio.»
Un pensiero su Alessandro Del Piero?
«Era bravissimo, uno dei giocatori più forti in Italia. Ho avuto la fortuna di giocare 4-5 anni con lui e con tanti altri. Avevamo veramente una bella squadra, ma Del Piero aveva qualcosa di particolare.»
Perché è così difficile vincere la Champions League?
«La Champions è complicata da vincere. Noi siamo arrivati due volte in finale perdendo, non so a cosa fosse dovuto. Dipende anche dalla società, da quello che si vuole fare: per vincere la Champions ci vuole tanto.»
Cosa ti ha spinto a ritirarti dal calcio giocato?
«Io lo avevo scelto, era quello che volevo fare. Quello che non mi piaceva più erano le trasferte, gli alberghi e tutto quello che stava attorno. Quando hai 20 anni va bene, ma quando sei grande diventa ingestibile. Avrei potuto giocare altri 2-3 anni.»
Non volevi fare l’allenatore, poi cos’è cambiato?
«Quando ho smesso ho cambiato la mia vita. Dopo tre anni non sapevo cosa fare, ho provato tante cose fin quando non mi sono iscritto al corso da allenatore. Tra tutti gli allenatori che ho avuto, quello da cui ho imparato di più è stato Lippi: è stato molto importante, perché quando sono arrivato in Italia all’inizio era difficile per me ma lui ha sempre creduto in me. Ancelotti l’ho prima avuto da mister, poi sono diventato il suo vice: lui è un amico, è stato importante per la mia carriera. Era un bravo allenatore, perché ascoltava noi giocatori.»
Quali qualità deve avere un buon allenatore?
«Deve essere appassionato al calcio, in maniera forte. Non solo chi vince è bravo, ci sono bravi allenatori che non possono vincere. La cosa più importante per me è trasmettere qualcosa ai giocatori. Quando sei appassionato, allora trasmetti qualcosa ai giocatori.»
E il tuo futuro? Tornerai presto in panchina?
«Sicuro tornerò ad allenare. Io alla Juventus? Non so perché non sia successo. Ce l’ho sempre nel cuore, perché mi ha dato tanto. In futuro non lo so, un mio obiettivo è allenare la nazionale francese. Vedremo.»