La ricerca della perfezione nello sport è una tirannia, un paradosso insormontabile. Alcaraz l’ha raggiunta negli Usa

El Paìs: "Dipende dal talento naturale, ma tutte le ore di allenamento culminano in un istante irripetibile. La mediocrità del resto è fatta per quei momenti"

Sinner, Alcaraz, Ferrero

NEW YORK, NEW YORK - SEPTEMBER 07: Carlos Alcaraz of Spain poses with his trophy after defeating Jannik Sinner of Italy during their Men's Singles Final match on Day Fifteen of the 2025 US Open at USTA Billie Jean King National Tennis Center on September 07, 2025 in New York City. Clive Brunskill/Getty Images/AFP (Photo by CLIVE BRUNSKILL / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / Getty Images via AFP)

La tirannia della perfezione, nello sport è un tema d’attualità costante. Ne scrive Lucia Taboada sul Paìs: “La perfezione dipende quasi sempre da un talento casuale che ci viene donato alla nascita. Questo lascia la meritocrazia in una situazione molto triste, ma è vero, soprattutto nello sport. Léon Marchand, ad esempio, è nato con geni fortunati. Leo Messi è nato con un dono soprannaturale che lui sapeva – e che loro sapevano – come sfruttare al massimo. Perché poi c’è la possibilità, ovviamente. Scommetto che ci sono decine di migliaia di persone che non scoprono mai di avere un talento naturale per qualcosa. Lanciatori di martello, saltatori con l’asta, arcieri… Quanti potenziali talenti nascosti ci circondano? Tu stesso potresti essere un eccellente giocatore di curling senza saperlo”.

“Essendo la perfezione qualcosa di così difficile da raggiungere, così difficile da accettare, se c’è un luogo in cui è possibile intravederla, è nello sport. Il dieci di Nadia Comăneci è un modello che ancora perseguita lo sport mezzo secolo dopo le Olimpiadi di Montreal. È ciò che eleva la pratica sportiva dal fango alla filosofia: la ricerca del dieci, la ricerca della routine perfetta”.

“Se c’è qualcosa di simile alla perfezione, Alcaraz l’ha raggiunto nella finale degli Us Open. Il tennista sa come convivere con la perfezione perché non sembra ossessionarsene. Perché, nello sport, la ricerca della perfezione può diventare un paradosso insormontabile”.

“Il problema, credo, è portare avanti la costante ricerca della perfezione, come Sisifo che trasporta la dannata pietra su e giù per la collina. La perfezione si può trovare in un semplice istante: il gol di Iniesta nella finale dei Mondiali in Sudafrica, lo svantaggio di 40-0 con tre match point per Sinner che Alcaraz ha rimontato al Roland Garros per vincere la partita. Un gol, una bracciata, un ultimo ostacolo, una salita, un tiro: tutto qui, tutte le ore di allenamento che culminano in un istante irripetibile. La mediocrità del resto è fatta per quei momenti”.

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