Imane Khelif smentisce tutti: «Non ho alcuna intenzione di ritirarmi, farò tacere chi dubita di me»

Alla Gazzetta: «Credo che il mio caso abbia aiutato a far luce sulle sfide che le donne affrontano nello sport e sulle ingiustizie che talvolta subiscono a causa della discriminazione»

Khelif Carini

Parigi (Francia) 01/08/2024 - Olimpiadi Parigi 2024 / pugilato / foto Imago/Image Sport nella foto: Imane Khelif-Angela Carini ONLY ITALY

Imane Khelif, pugile algerina classe 1999, ha sfidato tradizioni, sacrifici economici e diffidenze familiari pur di inseguire la sua passione per la boxe. Dopo anni di allenamenti durissimi e polemiche legate alla sua idoneità di genere, ha conquistato la medaglia d’oro ai Giochi di Parigi, consacrandosi come una delle protagoniste assolute della scena mondiale. In questa intervista alla Gazzetta dello Sport di cui riportiamo un abbondante estratto, Khelif racconta la sua storia fatta di ostacoli e rivincite, fino all’orgoglio di rappresentare le donne nello sport.

Imane Khelif: «Non ho nessuna intenzione di ritirarmi»

Nelle ultime settimane si è parlato a lungo di un suo possibile ritiro dalla boxe. Cosa c’è di vero?
«Niente, non ho alcuna intenzione di ritirarmi. La vittoria della medaglia d’oro alle Olimpiadi di Parigi mi ha dato ulteriore carica: ho affrontato molte sfide per raggiungere questo successo, compreso il bullismo, e voglio continuare a combattere per far tacere chi dubita di me. Con i miei traguardi sportivi raggiunti sono cresciuti i miei obiettivi. Voglio un’altra medaglia e voglio contribuire a creare più opportunità per le donne nello sport».

Dall’oro di Parigi è passato poco più di un anno: che cosa ricorda di quei giorni di polemiche e successi?
«La vittoria della medaglia d’oro è un momento che resterà con me per sempre, un traguardo enorme che non si può paragonare a nulla per un atleta o, almeno, per me. Soprattutto sapendo tutto il lavoro e i sacrifici fatti per arrivare a ottenere quello che sognavo».

Alle Olimpiadi le polemiche scaturite in merito alla sua partecipazione hanno generato un enorme clamore mediatico. Come ha vissuto quella parte dei Giochi?
«Purtroppo quello che ho affrontato è qualcosa che altri atleti hanno affrontato in passato e che devono affrontare continuamente anche oggi. La mia esperienza alle Olimpiadi dimostra che qualsiasi atleta può diventare una vittima e quello che è successo è stato molto dannoso ma io sono riuscita a rimanere concentrata senza farmi influenzare dal clamore che c’era intorno».

Pensa che il suo caso abbia cambiato lo sport?
«Certamente. Credo che abbia aiutato a far luce sulle sfide che le donne affrontano nello sport e sulle ingiustizie che talvolta subiscono a causa della discriminazione. La mia esperienza ha dimostrato che restare saldi e aggrapparsi alla verità può alla fine portare al successo, e che chi fa del male alle donne non spezzerà mai la loro determinazione. Il duro lavoro e la dedizione possono portare giustizia e cambiare lo scenario sportivo in meglio».

Ha avuto modo di parlare con le sue avversarie che, durante i Giochi, non le hanno mostrato solidarietà?
«No, non ce n’è stato modo. Io comunque resto sempre aperta al dialogo e alla comunicazione, perché credo che lo sport sia un ponte di vicinanza e comprensione, qualunque siano le posizioni o le opinioni».

Quanto lavoro pensa ci sia ancora da fare per sensibilizzare il pubblico su questo tema?
«C’è ancora molto da fare per sensibilizzare l’opinione pubblica. Un vero cambiamento richiede tempo, sforzo continuo e l’unione delle voci degli atleti con quelle delle istituzioni che li sostengono».

Le prossime Olimpiadi saranno diverse?
«Sono ottimista che l’impatto sarà diverso, perché la discussione che abbiamo iniziato durante gli ultimi Giochi lascerà il segno e renderà le persone più consapevoli e più aperte a comprendere la realtà di ciò che è successo, creando un ambiente sportivo più equo e giusto».

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