Cobolli: «Vado d’accordo con mio padre-coach perché parliamo poco di tennis»

Alla Gazzetta: «Amicizie nel tennis? Sono legato a Musetti, Gigante e Fokina, ma quando ci siamo affrontati ad Amburgo siamo diventati due belve».

Cobolli

Roma 12/05/2022 - Internazionali BNL d'Italia / foto Imago/Image Sport nella foto: Flavio Cobolli ONLY ITALY

Il tennista Flavio Cobolli, dopo aver vinto l’Atp 500 di Amburgo, ha rilasciato un’intervista alla Gazzetta dello Sport.

Cobolli: «Vado d’accordo con mio padre-coach perché parliamo poco di tennis»

Flavio, con gli ultimi risultati si è definitivamente convinto che ha fatto bene a lasciare il calcio per il tennis?

«Ho avuto la fortuna che quando ho scelto il tennis, mi sono lasciato coinvolgere rapidamente anche perché giocavo molti tornei Itf e, se non sei motivato, quella è una giungla. Però l’amicizia con Edoardo Bove mi tiene molto legato all’ambiente e il calcio resta la mia più grande passione fuori dal campo».

Lei era già arrivato al n.30 a settembre: adesso che cosa è cambiato?

«Che il mio tennis è cresciuto. A fine anno mi sono infortunato, ed era la prima volta che mi capitava. Poi sentivo il peso delle aspettative, e sono andato in crisi. Perdevo troppo, e le sconfitte non aiutano certo a rivincere. A Bucarest però è scattato qualcosa ed è cambiato l’umore. E ad Amburgo ho vinto un gran torneo».

Si sente pronto ad essere competitivo in uno Slam?

«Io so di poter giocare alla pari con tutti, ma in uno Slam servono anche resistenza ed esperienza. E poi adesso i primi turni sono molto più difficili rispetto a dieci anni fa, devi essere al top anche contro il n.80».

La sua qualità migliore da giocatore e il suo difetto?

«Sono forte fisicamente e leggo bene le situazioni delle partite. E anche tecnicamente nei fondamentali sono ok. Devo crescere in qualche dettaglio, come le percentuali al servizio e il gioco di volo».

Qual è il segreto per andare d’accordo con un padre-coach?

«Parlare di tennis il meno possibile. Papà Stefano è la persona di cui mi fido di più e nei momenti difficili è importante avere vicino chi ti capisce perché ha un legame più forte. Ma io parlo di tennis solo quando mi alleno e non tutte le volte. Per il resto, grandi discorsi sulla Roma e lunghissime partite a Risiko».

Si può essere amici in uno sport iper-individualista?

«In realtà io ho pochissimi amici in generale, ed è anche un po’ colpa del mio carattere. Ma sono molto legato a Musetti e Gigante, e allo spagnolo Davidovich Fokina: è il primo a mandarmi i messaggi dopo una partita. Però quando ci siamo affrontati ad Amburgo siamo diventati due belve: ed è giusto così».

Nei suoi sogni, dove vince il primo Slam e con quale colpo?

«Al Roland Garros con un lungolinea vincente di rovescio».

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