Serena Dandini: «Discendo da una famiglia nobile decaduta, mio padre si era mangiato tutto, tranne lo stemma»
Al CorSera: «Ho imparato che non c'è niente di definitivo, tutto può cambiare all'improvviso. L'Italia? Un Paese patriarcale e maschilista»

Sul Corriere della Sera un’intervista a Serena Dandini, conduttrice e autrice di programmi tv e radiofonici. Racconta che in realtà le sarebbe piaciuto intraprendere la carriera universitaria, voleva diventare assistente della sua professoressa di lingue e letterature straniere all’università.
«Invece fu proprio la professoressa a segnalarmi alla Rai per fare un provino».
All’anagrafe il suo nome completo è Serena Dandini de Sylva, appartiene alla famiglia di nobili origini dei Dandini de Sylva.
«Sono discendente di una famiglia aristocratica sì, ma decaduta, e poi da adolescente mi vergognavo, con i miei compagni di scuola, del cognome e dello stemma nobiliare, in cui non mi riconoscevo e da cui non avevo alcun vantaggio. Per fortuna sono stata l’unica, rispetto a mio fratello e mia sorella, a frequentare le scuole pubbliche e di questo sarò sempre grata a mia madre, un genio, perché ha intuito che con me l’istituto privato non avrebbe funzionato. Sono stata la pecora nera, ma l’intuizione di mamma mi ha reso cittadina del mondo».
Le origini nobili le hanno dato la consapevolezza della decadenza.
«Ho avuto di più la consapevolezza della decadenza, anche economica: non c’è niente di definitivo, tutto può cambiare all’improvviso, dalle stelle alle stalle, come si suol dire. Si può nascere in un posto al sole e conoscere poi il lato oscuro. Mio padre si era mangiato tutto, era rimasto solo lo stemma, che non so neanche bene cosa rappresenti: da lui non ho ereditato palazzi e gioielli, ma senso dell’umorismo e questo mi ha aiutato ad affrontare la vita, a dover contare solo sul mio impegno. Ho sempre temuto di finire in tailleur con la collana di perle».
E’ sempre stata una ribelle.
«Sin da quando, minorenne, andavo al Piper di nascosto: il tempio della beat generation, un mito. All’epoca il locale aveva un’apertura anche pomeridiana e con un paio di amichette, uscite di casa con qualche bugia, ci accorciavamo le gonne, ci passavamo un rossetto sulle labbra per apparire più grandi e ci presentavamo all’ingresso, dove c’era un tipo severissimo: decideva se farti entrare oppure no».
I suoi genitori non se ne sono mai accorti?
«Mia madre sì, e ne fu terrorizzata: il Piper era luogo di perdizione. Una volta le proposi di venirci con me e, con mio grande stupore, accettò la proposta. Lei, con il suo tailleur e il filo di perle, fu scioccata dall’ambiente, dai ragazzi che si baciavano in pubblico, dal volume della musica… Avrebbe voluto mantenere il suo aplomb e invece, seguendomi sulla pista da ballo per controllarmi, si perse una scarpa. Il mio intento era rassicurarla, ottenni l’effetto contrario…».
Il suo primo successo è stato tutto al femminile: «La tv delle ragazze». Le donne, dice, hanno ancora tanta strada da percorrere, l’Italia è un Paese maschilista.
«Quando si parla di nomine importanti, pur essendoci un elenco sterminato di personaggi femminili con competenze eccezionali in ogni campo, vengono ignorati. Siamo in un Paese patriarcale, maschilista e alle donne non viene riconosciuta la dovuta autorevolezza. Secondo me nomineranno una donna quando ci sarà l’inguacchio, cioè un lavoro sporco da risolvere, così se va male è colpa della nominata. È la sindrome Enza Sampò: la conduttrice mi raccontava che la sua era stata una carriera di sostituzioni di colleghi, la chiamavano se qualcuno si ammalava o per altri imprevisti. Ma voglio essere ottimista: a forza di picconate le cose miglioreranno».
Un altro successo fu «Avanzi», che, racconta, aveva incredibili problemi di budget.
«Il budget era molto basso e i nostri attori, per realizzare bene le varie imitazioni, necessitavano di strumenti. Quando Francesca Reggiani imitava Enrica Bonaccorti accadde un problemino: per somigliarle aveva bisogno non solo della parrucca giusta, abiti, trucco, ma anche di una dentiera che evocasse l’appariscente sorriso della famosa conduttrice di Non è la Rai. La dentiera costava parecchio. Una sera, a fine spettacolo, Francesca la ripone in camerino avvolta in un kleenex. La mattina dopo le donne delle pulizie buttano quel kleenex, non sapendo del prezioso contenuto. Eravamo disperati e tutti quelli di Avanzi, vestiti e truccati, tipo Sabina Guzzanti-Moana Pozzi, Cinzia Leone-Edwige Fenech, o Corrado Guzzanti-Rokko Smithersons, cominciarono a grufolare nei cassonetti della spazzatura davanti allo studio Rai: cercavano i denti della Bonaccorti!».
Non li ritrovarono, dovettero fare una colletta per ricomprarli.