Il preconcetto è già nell’aria, ma che non passi l’attenuante: l’Insigne che vedremo fino a giugno sarà lo stesso di sempre. Cambierà solo il nostro sguardo
La firma, si suppone a giro pure quella, non c’è ancora. Ma la diamo per assodata, con tutto il corollario di lutti e capodanni cinesi che seguiranno l’accordo ufficiale di Insigne con il Toronto. Scorreranno mesi di adattamento psichiatrico alla svolta. Quasi un semestre bianco: il capitano gioca nel Napoli ma è già d’un altro. A queste latitudini il professionismo algido non attacca: vale la sovrapposizione emozionale, il sopracciglio alzato, il preconcetto è già nell’aria. Guido Trombetti su queste pagine li avverte giustamente come “rischi connessi alla permanenza”: ogni scatto, stop mancato, tiraggiro in curva, broncio alla panchina sarà riletto con il riflesso dell’addio. Insigne giocherà indossando un fantasma del futuro quasi dickensiano. Il Canada, la nuova frontiera. Il sospetto ambientale lo accompagnerà alla porta, fino a giugno. Un peso? Certo. Ma a questo punto, facciamo un passo avanti: che non diventi un alibi.
Ci preme maliziosamente fissare il contorno prima che prenda a girare vorticosamente la giostra dell’amore/odio per il figliuol prodigo che se ne va, traditore o tradito poco importa. L’Insigne che sarà, dalla partita con la Juve (se sarà in campo) a giugno, sarà lo stesso Insigne che vediamo al San Paolo da 10 anni. Non un altro giocatore trasfigurato dal destino incombente. Non sarà peggiore perché più svogliato: Insigne è sempre stato così. Non allargherà il giro dalla stessa consumata mattonella chiedendo poi vanamente scusa al pubblico (ormai un gesto tecnico a scatto fisso, pure quello) perché ha la mira puntata sulla Mls: Insigne ha sempre tirato così. Non sprecherà 10 gol a partita perché tiene in serbo la concentrazione per l’estate nordamericana: Insigne ha sempre sbagliato i gol così. E altrettanto non azzeccherà lo stop a seguire col pallone incollato al piede perché eccitato dalla nuova avventura: Insigne è e sarà Insigne. Lo stesso identico Insigne di sempre.
Rifuggiamo sin d’ora l’attenuante, l’aggravio di colpa, la mortificazione o la carezza. Non accetteremo rappresentazioni edulcorate d’un giocatore che conosciamo a menadito, nei pregi e nei difetti. No alla fantascienza. La visione onirica di Insigne in Canada non cambierà la realtà. Fatevene, in anticipo, una ragione.