Valeria Golino: «Il politically correct uccide l’arte e la libertà»

A Specchio: «Oggi c'è chi dice "meglio se sei donna". Un Festival voleva premiarmi come miglior regista donna dell'anno. Ho rifiutato» 

valeria golino

Su Specchio una lunga intervista a Valeria Golino. Si trova a Los Angeles per girare una serie televisiva. Racconta di aver imparato a fare la lavatrice durante il lockdown.

«Ho dovuto fare tutte le cose che non facevo da anni e che forse non avevo mai fatto, come la lavatrice, questa sconosciuta! Facevo dei tutorial al telefono con le amiche: “Premi quel pulsante… sì, pare che si muova. Boh.” Lavorando da quando sono giovanissima, mi sono sempre potuta permettere di delegare. È il vero lusso per me, non dovermi occupare di questioni pratiche… e non è certo una virtù».

Parla del mercato del cinema americano. Per un italiano, un greco o un cecoslovacco, ci sono poche possibilità.

«Se sei spagnolo o sudamericano hai più possibilità perché c’è un mercato enorme. E anche se fossi stata francese, avrei avuto un’altra carriera, perché il mercato francese è più forte del nostro. Gli inglesi, che per altro sono i più bravi attori del mondo, incontrano il mercato americano, ma se sei italiano, greco o cecoslovacco, allora le opportunità sono davvero poche. Può succedere nel caso singolo che individualmente si fissino su una persona, ma non c’è nessun tipo di interesse da parte dell’industria per il nostro Paese, è più un fatto personale».

Sul politically correct:

«Stanno accadendo anche cose buone rispetto ai diritti civili, ma viviamo in un momento di oscurantismo culturale. C’è una mentalità molto severa e conservatrice. Le storie sono veicolo di cultura, ma se tu hai dei paletti per cui questo non si può dire, questo non si può fare, però devi fare quest’altro, allora si censura l’immaginazione, gli errori, tutto quello di cui l’arte ha bisogno, la libertà, l’idea di poter essere contro un potere già definito. Se l’arte non può essere politicamente scorretta, allora chi? E questo coinvolge anche la letteratura. Ormai gli editori cominciano a farti notare: questo personaggio non va bene perché è un misogino. Sì, ma viveva in un contesto storico… no, non importa. Io non penso che si debba rinnegare la Storia in nome del fatto che oggi siamo teoricamente migliori. E l’inclusione forzata, di ogni tipo, è un ghetto».

E continua:

«In questo momento, proprio per poter rappresentare quest’idea del politically correct, c’è tutta una corrente che dice: “meglio se sei donna”. Uno ne potrebbe approfittare. Io mi rifiuto. Non ti dico il nome del festival, ma a un certo punto mi è stato offerto il premio di “miglior regista donna dell’anno”. Ho detto: Cosa? Volete dare un premio al mio film perché vi è piaciuto? Allora datemelo. Ma un premio così io non lo accetto, grazie, datelo pure a qualcun altro. E infatti cosi è stato».

 

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