«Chirurgo e omosessuale, mio padre ha pagato un tizio per farmi spezzare le mani»

Su La Stampa. «Abbiamo finto un’aggressione per fornire a mio padre prove fotografiche. Mi sono chiesto tante volte perché lo abbia fatto. Forse non sopportava che sfuggissi al suo controllo».

Su La Stampa una storia agghiacciante, quella di un padre che, non accettando l’omosessualità del figlio, gli ha reso la vita impossibile, arrivando al punto da assoldare qualcuno per spezzargli le mani con cui esercitava la professione di chirurgo ed era diventato qualcuno. A distanza di anni, dopo una vita passata per lo più a guardarsi le spalle, il figlio ha deciso di denunciarlo. Finito davanti al Tribunale di Torino, il padre violento ha patteggiato una pena a due anni di reclusione, senza risarcimento del danno. Il figlio racconta la sua storia.

«La pietra dello scandalo è stata tre anni fa, quando sono stato paparazzato al mare, in Francia, con un attore molto noto».

La dimensione pubblica dell’omosessualità per il padre è diventata troppo. Un’omosessualità che comunque non è mai stata accettata. Nel 2016, racconta, apre il suo studio da chirurgo. Ormai è indipendente dal punto di vista economico e decide di raccontare in famiglia che è omosessuale.

«Mia madre stava molto male e volevo renderla partecipe della mia vita prima di perderla. Mio padre, all’inizio, l’aveva presa bene. Il mio compagno veniva a pranzo, a cena. Mi aspettavo una reazione paterna, non una cosa del genere».

La reazione fu il ricorso alla violenza. Prima le botte e le minacce alla moglie, che arriva a decidere per la separazione. Poi il peggio. Nel 2017 il padre omofobo assolda un uomo per massacrare il compagno del figlio. E non è finita qui.

«Un giorno esco dallo studio e mi avvicina un tizio. Mi dice che mio padre l’ha pagato per spezzarmi le mani. Mi dice anche che non ha nessuna voglia di farlo, gli sono sembrato un bravo ragazzo e non vuole rovinarmi la vita. Abbiamo finto un’aggressione. Così da poter fornire a mio padre delle prove fotografiche».

L’uomo non riesce a comprendere i motivi di tanto odio. Racconta come è arrivato a denunciare il padre, nel 2018.

«All’inizio non volevo, avevo paura. Per più di due anni ho vissuto sotto scorta. I miei amici mi venivano a prendere e mi riportavano a casa. Li tenevo costantemente aggiornati sui miei spostamenti. Avevo paura anche solo ad andare in giardino, perché temevo che qualcuno potesse saltare la recinzione. È vero, quell’uomo pagato per picchiarmi mi aveva avvisato, ma un altro avrebbe fatto lo stesso?».

E conclude:

«Perdonarlo? Lasciamo perdere quello che è successo a me. Non posso perdonare quello che ha fatto a mia madre e al mio compagno. Un genitore può non comprendere la vita di un figlio, può non condividerne le scelte, ma una tale violenza non ha giustificazione. Mi sono interrogato tante volte sulle sue azioni. Forse gelosia, forse invidia. Forse non sopportava che sfuggissi al suo controllo. Io come mia madre».

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