«Ponte Morandi? Non c’è motivo di fare festa. La ferita non si rimarginerà senza verità e giustizia»

A Repubblica Genova parla Egle Possetti, portavoce del comitato dei familiari delle vittime del ponte:  «Quel luogo per noi è sacro, speriamo che all'inaugurazione non lo vedremo occupato da bande, feste o frecce tricolori» 

ponte morandi

Repubblica Genova intervista Egle Possetti, portavoce del comitato dei familiari delle vittime del Ponte Morandi. Nel crollo del 14 agosto 2018 perse la sorella e due nipoti, entrambi minorenni. Ieri il viadotto che unisce le due rive del Polcevera è stato completato, ma lei, come molti genovesi, non ha voglia di fare festa.

«Non vediamo il motivo di fare festa, ma credo come molti genovesi. Da una parte fa piacere sperare che almeno questo ponte sia stato realizzato al meglio, oltre che molto velocemente, e che possa riprendere la vita economica della città. Dall’altra, soffriamo. La ferita non si rimarginerà, senza verità né giustizia».

La battaglia del comitato prosegue, dice,

«perché il sacrificio dei nostri cari serva a qualcosa, e in futuro si pensi a evitare altri disastri. È l’unica cosa che chiediamo, l’unica cosa che può darci un minimo di sollievo».

La Possetti ha apprezzato il profilo basso della cerimonia di ieri e si augura che anche l’inaugurazione avverrà con lo stesso stile.

«Veniamo da un anno di eccessi, in cui ogni lavoro portava passerelle e cerimonie in luogo che per noi è sacro, la terra dove i nostri amati hanno esalato l’ultimo respiro. Sinceramente, non vorremmo vederlo occupato da bande, feste o frecce tricolori. Quanto fatto ora doveva essere fatto prima, senza tutti quei morti».

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