Reina, dove c’è un portiere

Arrivasti da comparsa, Pepe. Me lo ricordo. Era il giorno di Higuain. Gonzalo assediato, sudato, sfatto, quasi scocciato. E tu praticamente in solitaria, come un calciatore della Primavera. Sconosciuto. Col tuo borsone. Non seguo molto il calcio inglese. Soprattutto non lo guardo. Leggo, mi informo, questo sì. Chi lo seguiva si strappò i capelli al […]

Arrivasti da comparsa, Pepe. Me lo ricordo. Era il giorno di Higuain. Gonzalo assediato, sudato, sfatto, quasi scocciato. E tu praticamente in solitaria, come un calciatore della Primavera. Sconosciuto. Col tuo borsone. Non seguo molto il calcio inglese. Soprattutto non lo guardo. Leggo, mi informo, questo sì. Chi lo seguiva si strappò i capelli al tuo arrivo: tutto, ma Reina no.

Arrivasti al termine della telenovela Julio Cesar. Mi ero e ci eravamo esaltati per l’arrivo del brasiliano. Mi era parsa la svolta. Una società che acquista un portiere giovane da far maturare e poi ne prende uno esperto, fortissimo, titolare del Brasile. Andò come andò. E arrivasti tu. Il rimpiazzo. Con quel borsone a tracolla. E i video su youtube con tutte le tue papere.

Poi arrivò il riscaldamento di Napoli-Bologna. E ne rimasi folgorato. Quasi tutto incentrato sui lanci, coi piedi e con le mani. Mai visto prima. Giocasti da libero aggiunto. Sembrava l’Olanda. Ma era solo il Bologna. La settimana successiva, infatti, arrivò il Chievo e capii perché gli “esperti” non ti volevano. Un gol in mezzo alle gambe e una titubanza con Britos. Risultato: due gol evitabili.

Ma non ti smarristi, Pepe. Non ti rimpicciolisti, come capita in questi casi. Anzi. Erano decenni che non vedevo un portiere padrone in area delle palle alte. Poi arrivò Milano. E nulla fu più come prima. Parasti tutto quel che c’era da parare. Compreso il rigore a Balotelli. Il primo portiere a farlo. Vincesti la sfida con la testa. Rimanesti in piedi fino all’ultimo e poi partisti. Il gol di Zaza non ha minimamente scalfito la reputazione. Per me, poi, era persino imparabile. O, comunque, difficilmente parabile.

Quel che colpisce di te, Pepe, è la sicurezza. Che in un portiere è tutto. La sua missione è questa: infondere sicurezza alla squadra, all’allenatore, ai tifosi. In porta c’è lui. Che poi si può sbagliare, per carità, ma la sensazione di sicurezza resta. Ed è un vantaggio inestimabile. A maggior ragione in un periodo in cui il ruolo del portiere vive una profonda crisi d’identità. Mai visti tanti portieri scarsi tutti assieme.

Ecco, secondo me quest’anno la differenza la fanno i portieri. Chi ce l’ha e chi non ce l’ha. Noi ce l’abbiamo, eccome se ce l’abbiamo. A portieri invertiti, la Juventus probabilmente sarebbe a punteggio pieno. La Roma fin qui ce l’ha. E ce l’ha soprattutto l’Inter. Gli altri, le altre, arrancano, hanno problemi. Noi no. Abbiamo scoperto di non avere più paura. Tu non blocchi, Pepe. Tu agguanti. Incolli la palla. A te, al corpo. Martedì sera il gol fallito da Higuain è merito tuo, nasce da te. Che blocchi come un cartone animato e rilanci con le mani immediatamente e avvii l’azione di contropiede. Se Gonzalo avesse segnato, sarebbe stato merito tuo. Quando all’ultimo secondo il Marsiglia scodella quel pallone in area, noi sappiamo che tu lo conquisterai. Sono angine pectoris risparmiate, Pepe. È prevenzione la tua.

Ecco, tutto questo per dire che sei stato un grandissimo acquisto. Vabbè, un grandissimo prestito. L’ennesimo di questa gestione. Arrivasti col borsone a tracolla, trascurato da tutti. Ti sei piazzato nella tua casa, tra i pali. E noi ti osserviamo finalmente rasserenati. Perché è bello avere il centravanti, ma è bello anche avere il portiere.
Massimiliano Gallo

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