Ma che ci frega se Boateng ha lasciato l’Italia per il razzismo?

Magari il dirigente dello Schalke 04 si è inventato tutto, magari non è affatto vero che Kevin Prince Boateng – venduto all’improvviso allo scadere del calciomercato – che il calciatore milanista avesse chiesto alla società di essere ceduto perché stufo di dover subire cori razzisti negli stadi d’Italia. Non lo sappiamo, forse non lo sapremo […]

Magari il dirigente dello Schalke 04 si è inventato tutto, magari non è affatto vero che Kevin Prince Boateng – venduto all’improvviso allo scadere del calciomercato – che il calciatore milanista avesse chiesto alla società di essere ceduto perché stufo di dover subire cori razzisti negli stadi d’Italia. Non lo sappiamo, forse non lo sapremo mai. Di certo, fin qui, ci sono le dichiarazioni rilasciate da Peter Peters, smentite in modo blando dall’ad del Milan Adriano Galliani. I nostri quotidiani in linea di massima hanno nicchiato. Qualcuno la notizia l’ha data, altri no. Come ad esempio il Corsera. La Gazzetta si è limitata a riportarla in un articolo.
Francamente un calciatore nero che lascia il campionato italiano perché non tollera più episodi di razzismo assomiglia tanto a una notizia. Boateng, lo ricordiamo, fu protagonista di un gesto considerato clamoroso a inizio anno. Nel corso di un’amichevole con la Pro Patria, abbandonò il campo – seguito dalla squadra – in seguito ai consueti buhh razzisti. Nei giorni seguenti, lo stesso ad Galliani invitò a non darla vinta agli incivili: un modo rispettabile per mostrare il proprio disaccordo nei confronti della scelta di lasciare il campo, in ossequio al principio dello “show must go on”. Eppure il Milan è una delle squadre più bersagliate dai cori razzisti: accadde con Constant e accadde ancora con Balotelli.
Continuare a mettere la testa sotto la sabbia, da parte delle società e anche dei media, servirà a poco. Magari bastasse evitare di parlarne o di scriverne per evitare che un fenomeno si manifesti. Il solo dubbio che il razzismo abbia spinto Boateng a lasciare l’Italia è un’ombra che ci porteremo dietro per un bel po’. Per non dire una macchia. Ma a noi, in fondo, che interessa? Abbiamo il campionato più bello del mondo, o no?
Massimiliano Gallo

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