Milik si è preso il Napoli e nessuno se n’è reso conto

Sedici goal in Serie A, senza rigori, senza giocarle tutte. Milik è un calciatore-romanzo. È la vittoria della pazienza, sua e di Ancelotti

Milik

“Dategli tempo”

“Dategli tempo – qualcuno urlò – dategli tempo e lui metterà le lancette avanti ogni volta che vogliate passare del tempo a godere di pallone”. Lui è così, un polacco atipico, sempre col sorriso, con quel naso importante e quel piede sottile, docile, capace di accarezzare e colpire con la stessa indifferente bravura. Arkadiusz Milik, semplicemente Arek, la vittoria della pazienza.

È nato a Tychy nella Slesia, una delle regioni più fredde della Polonia, dove i quartieri sono divisi in ordine alfabetico, ed è la città dormitorio per gli operai di Katowice. Insomma un posto dove sognare è l’unico modo per uscire dal gelo dei fabbricati, dal grigio delle giornate. Lui ha sognato, e chi sogna riesce a battere anche l’accanimento della sfortuna. Le ginocchia fragili, e gli occhi decisi, le ossa che cedono ed il petto che reagisce.

La superficialità pallonara

Milik è un calciatore-romanzo, uno di quelli, per farvi capire, che in Argentina sarebbero righe per poemi popolari. Si è preso il Napoli e nessuno se ne è reso conto. Si è preso il Napoli con calma, intrufolandosi senza farsene accorgere, come quel tipo che entra alle poste e chiede scocciato “chi è l’ultimo?” e poi te lo ritrovi davanti a tutti e non ti sei accorto che ti è passato davanti, perché eri distratto da altro.

Cosi, nella distrazione, e superficialità pallonara, tra un Ronaldo ed un Icardi, lui si è preso l’Italia e nessuno se ne è accorto, nessuno vuole accorgersene. Arek segna sempre. Arek è il piccolo Alessandro Magno istruito a dovere dall’Artistotele delle panchine, perché Ancelotti ha la saggezza di chi ha visto gli uomini prima dei piedi. Tutore del polacco, lo ha aspettato, lo ha sempre difeso e gli ha dato la serenità giusta per puntare le sarisse verso l’obiettivo: diventare un bomber, e lui lo è diventato. Sedici goal in Serie A, senza rigori, senza giocarle tutte, senza rumore, ma con un boato fragoroso. “Dategli tempo – qualcuno urlò – dategli tempo”, e quel tempo è ora, ed è quello che verrà, nella proiezione reale di un Napoli lanciato verso la consacrazione, con il suo bomber che gli salta sulle spalle, con la sua lancia azzurra.

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