L’emergenza ha portato al Napoli ciò che serviva

Conte ha tirato il Napoli fuori dalla paralisi tattica. È una difesa a tre diversa rispetto al passato. Neres è la centrale di creatività di questo Napoli

Napoli

As Roma 30/11/2025 - campionato di calcio serie A / Roma-Napoli / foto Antonello Sammarco/Image Sport nella foto: esultanza gol David Neres

L’aggressività come mezzo di controllo

Quella tra Roma e Napoli è stata una partita dallo svolgimento e dall’andamento lineare, anche piuttosto comodo da intercettare e da spiegare: si sono affrontate due squadre dall’identità (diventata) simile, e alla fine ha vinto quella più forte. Quella con più talento. Quella che, stringi stringi, è riuscita a imporre il suo marchio e il suo controllo sulla gara. Ed è una notizia importantissima, anzi enorme: perché, di fatto, il Napoli di Conte ha cambiato anima e volto da pochissimi giorni, praticamente una settimana, eppure è andato a vincere con autorità in casa di una squadra che era al primo posto del campionato di Serie A. In casa di un allenatore che, da anni, è considerato – giustamente – come il profeta di un certo tipo di calcio. Ma che alla fine si è dovuto inchinare a un avversario solidissimo, furbissimo, efficacissimo.

La sequenza di superlativi assoluti, per il Napoli visto a Roma, è del tutto meritata. Tra poco vedremo come e perché attraverso i numeri e le evidenze tattiche, ma intanto bisogna partire dai concetti. Dal senso del nuovo corso tattico immaginato e progettato da Conte. Che, si può dire, da una settimana all’altra ha cambiato la sua squadra in maniera profondissima, l’ha trasformata in una macchina iper-aggressiva e iper-intensa che però sa anche controllare il flusso di gioco. Anzi, questa capacità di governo si manifesta proprio attraverso l’impeto in fase di pressing e di marcatura, dei meccanismi e delle scalate che accorciano costantemente il campo difensivo e, come se non bastasse, permettono ai giocatori azzurri di lanciarsi in spazi ampi, aperti. Come nel caso del gol di David Neres all’Olimpico:

Il gol di Neres

Certo, le due gare contro Atalanta e Roma hanno “aiutato” Conte nella sua transizione, nella sua rivoluzione: entrambe le avversarie affrontate in campionato hanno un approccio similare, si sono ritrovate a giocarsi dei match che di fatto erano dei duelli a tutto campo, di conseguenza hanno lasciato campo al Napoli e sono state punite. Il punto. però, è che la nuova veste tattica del Napoli – sia a livello di principi che di sistema di gioco – esalta le individualità di giocatori che, in Serie A, fanno davvero la differenza. Parliamo di Hojlund, parliamo ovviamente di David Neres, ma anche di Alessandro Buongiorno e Sam Beukema. Sì, perché bisogna partire dai numeri e dai concetti della difesa, per spiegare il cambio di rotta – e di marcia – del Napoli di Conte.

Un difensore in più per essere più aggressivi (e per attaccare meglio)

Dal punto di vista del modulo di gioco, la nuova anima del Napoli è facile da spiegare: Conte ha tolto un centrocampista – anche perché, molto banalmente, ne ha a disposizione solo quattro: Lobotka, McTominay, l’adattato Elmas e il giovane Vergara – e ha inserito un difensore centrale. In questo modo, il 4-3-3/5-3-2 utilizzato dopo l’infortunio di De Bruyne si è trasformato in un 3-4-3/5-4-1 dalla disposizione fluida. Soprattutto in fase di costruzione, infatti, i continui interscambi di posizione tra Lobotka, i braccetti e i laterali bassi determinano delle spaziature sempre diverse. Ciò che non cambia, esattamente come si è visto contro la Roma, è il modo di difendere degli azzurri: uomo su uomo a tutto campo, con accoppiamenti fissi.

Nel caso di Roma-Napoli, come si vede nei frame che trovate sotto, il sistema a specchio della Roma – era successo già contro l’Atalanta – ha determinato degli incastri fin troppo facili da leggere: Hojlund su Ndicka, David Neres su Hermoso e Lang su Mancini. Di Lorenzo su Wesley, McTominay su Cristante, Lobotka su Koné, Olivera su Celik. Buongiorno su Soulé, Rrahmani su Ferguson e Beukema su Pellegrini.

In questi due frame, si vedono benissimo le marcature uomo su uomo e il baricentro alto del Napoli

Più che gli accoppiamenti duri e puri, però, bisogna analizzare la ferocia, la costanza, la velocità con cui i giocatori del Napoli andavano ad aggredire quelli della Roma. Lo hanno fatto a tutto campo, in modo asfissiante, senza lasciargli modo e tempo di imbastire azioni offensive degne di questa definizione. In questo senso, i numeri del primo tempo sono a dir poco indicativi: la Roma è andata al riposo con un solo tiro in porta, scoccato da Mancini (!) sugli sviluppi di una rimessa laterale (!!). La squadra di Gasperini ha tenuto il pallone per il 40% del tempo, ha vinto solo il 33% dei contrasti (10 su 30) tentati contro il 67% del Napoli e, nonostante tutto questo, ha messo insieme la metà delle chiusure difensive (7-15) rispetto agli azzurri.

Insomma, si può dire: la Roma è stata dominata in casa sua. E attraverso quelle che, almeno in teoria, sarebbero le sue armi preferite. Non a caso, viene da dire, Conte ha snocciolato delle frasi piuttosto chiare, anzi inequivocabili, nelle interviste postpartita: «Venire a giocare a Roma con questa personalità, difendendo e correndo in avanti, non era semplice».

Ecco, la chiave di tutto sta proprio in questa frase dell’allenatore del Napoli: il nuovo corso della squadra azzurra si fonda su una difesa altissima e ambiziosa, che sa compattarsi nel suo 5-4-1 quando gli avversari riescono a superare la prima pressione, ma che nella maggior parte dei casi tende sempre a salire, a comprimere gli spazi. Soprattutto grazie al lavoro dei due braccetti difensivi, Beukema e Buongiorno, decisi e decisivi nei loro movimenti a rompere la linea e anche nelle sovrapposizioni interne ed esterne.

Il ritorno del vecchio Conte, con cose mai viste prima

A questo punto bisogna necessariamente fare una piccola digressione su Antonio Conte. Che, di fatto, ha riportato in vita il Napoli tornando alla sua amata difesa a tre – che diventa a cinque in fase di non possesso. L’adozione dei principi di gioco di cui abbiamo parlato finora, però, rappresenta una prima volta assoluta. Mai, nel corso della sua carriera, l’ex allenatore di Juventus, Chelsea e Inter aveva costruito e offerto un’interpretazione così intensa del modulo tattico con tre centrali. Certo, la fisicità e l’aggressività sono sempre stati dei concetti centrali, nel suo modo di intendere il calcio. Ma venivano declinati in maniera molto differente, cioè attraverso la difesa per blocchi bassi e la risalita meccanica del campo.

Adesso il Napoli costruisce gioco attraverso l’intensità difensiva, e poi si scatena grazie a profili su cui lo stesso Conte, in passato, ha fatto fatica a puntare forte. Parliamo ovviamente di Lang e soprattutto di David Neres, esterni d’attacco molto differenti rispetto a quelli valorizzati da Conte nelle sue esperienze fondate sul 3-4-3: l’ex Psv e il brasiliano non hanno né il fisico né tantomeno l’approccio tattico di Hazard e Pedro, gli esterni che supportavano Diego Costa nel Chelsea campione d’Inghilterra 2016/17, e hanno caratteristiche molto diverse anche rispetto a Son Heung-min, Lucas Moura e Kulusevski, i giocatori più utilizzati ai lati di Kane nel Tottenham 2021/22.

Tutta questa rilettura del passato serve a dimostrare, una volta di più, quanto sia cambiato Conte nel corso degli anni. E quanto abbia cambiato nel corso della sua avventura sulla panchina del Napoli. Certo, anche quest’anno la trasformazione tattica della squadra azzurra è dovuta/legata agli infortuni, alle lunghe assenze di diversi giocatori. Ma l’inventiva e le intuizioni del tecnico hanno risolto i problemi. E continuano a risolverli.

Asimmetria offensiva

Anzi, la frase giusta da scrivere è che l’inventiva e le intuizioni di Conte creano problemi agli avversari. Il caso più eclatante, come abbiamo anticipato tra le righe di questa analisi, riguarda David Neres. Che non ha solo segnato tre gol in due partite di campionato, che non è stato solo il giocatore più pericoloso e convincente e intraprendente nelle gare contro Atalanta, Qarabag e Roma: è anche il fulcro di un sistema offensivo che continua a essere asimmetrico. A puntare soprattutto verso destra, laddove gli azzurri costruiscono una buona maggioranza delle proprie azioni (il 42% contro la Roma, secondo le rilevazioni di WhoScored).

David Neres, soprattutto nel confronto a distanza con Lang, ha un approccio molto più vario e imprevedibile al ruolo di esterno offensivo. Gli piace ricevere il pallone sui piedi, in ampiezza, in modo da poter puntare il suo avversario diretto rientrando sul piede forte, ma offre anche linee di passaggio differenti, uno sfogo tra le linee, a volte si muove e agisce come una vera e propria seconda punta.

In alto, tutti i palloni giocati da Lang fino al momento della sua uscita dal campo, al minuto 71′. Sopra, invece, vediamo tutti i palloni giocati da David Neres fino al minuto 71′.

Di conseguenza, le interazioni con Beukema e Di Lorenzo, il braccetto e il laterale di parte, sono decisamente più ricche, più difficili da leggere. In fondo è solo la riedizione del tempo in cui Politano era titolare, in cui gli scambi tra l’esterno ex Inter, Di Lorenzo e Anguissa erano una delle fonti di gioco più utilizzate dal Napoli. La differenza con Politano, però, sta in un contributo creativo di Neres, decisamente più alto: al termine della partita contro la Roma, è venuto fuori che il brasiliano ha messo insieme 3 occasioni creati, 2 dribbing riusciti su 6 tentati, 3 cross a buon fine su 4 tentati. E anche in difesa i suoi dati sono stati molto positivi: contro i giallorossi, ha terminato la gara con 5 palloni recuperati.

Il secondo tempo

Nella ripresa di Roma-Napoli, la squadra giallorossa ha preso in mano il possesso palla – la percentuale relativa al secondo tempo è stata bulgara: 72% Roma e 28% Napoli – e ha beneficiato di un pressing meno intenso da parte di quella di Conte, com’era inevitabile che fosse. Non perché il Napoli si sia abbassato in maniera scientifica e/o vertiginosa, semplicemente si è ritrovato ad avere meno energie da spendere. Eppure, nonostante questo cambiamento, gli azzurri hanno sofferto pochissimo: il primo tiro in porta della Roma è arrivato al minuto 9o, grazie a un tacco visionario di Dybala che ha messo Baldanzi solo davanti a Milinkovic-Savic. Per il resto, la squadra di Gasperini ha messo insieme solo 3 conclusioni, una sola scoccata dall’interno dell’area di rigore.

Nel frattempo Conte ha cambiato laddove ha potuto, ovvero ha inserito Politano, Elmas e Lucca al posto di Lang, Hojlund e David Neres, ma non ha mai modificato i principi della sua squadra. Negli ultimi minuti di partita, infatti, il suo Napoli continuava a ricacciare la Roma difendendosi in avanti, con marcature a uomo precise, puntuali ed efficaci. Anche dopo i cambi di Gasperini, che dopo Baldanzi – entrato all’intervallo – ha inserito anche Dybala, Bailey, El Ayanoui ed El Shaarawy. Non è bastato, non è servito, per smuovere le fondamenta di un Napoli moderno e combattivo.

Il pressing alto del Napoli, con cinque uomini nella metà campo della Roma, al minuto 83′

Conclusioni

Contro la Roma, il Napoli è tornato a segnare un gol su azione manovrata, in trasferta, dopo quasi tre mesi – l’ultima volta in Serie A risaliva al 13 settembre scorso, ovvero alla vittoria in casa della Fiorentina. Ecco, anche questo dato non può e non deve essere considerato un caso: con il cambio di sistema e di principi di gioco, Conte ha rimesso in carreggiata una squadra che stava seriamente rischiando la paralisi tattica. Soprattutto dal punto di vista della creatività, della varietà e quindi dell’impatto offensivo. E invece adesso gli azzurri sono di nuovo primi in classifica, ma soprattutto sono di nuovo vivi, sprizzano energia ed entusiasmo, anche se sono numericamente corti – soprattutto a centrocampo – e sono nel bel mezzo di un ciclo terribile: otto partite in 25 giorni.

Quanto è successo al Napoli dimostra, per l’ennesima volta, quanto possa essere determinante un buon allenatore. Nel caso di Conte, si può dire anche un grande allenatore: solo un grande allenatore, infatti, sarebbe riuscito a far ripartire gli azzurri in maniera così rapida, così convincente, nonostante un reset così profondo del loro software tattico. Anzi, in realtà al Napoli le cose sono andate in modo opposto: un reset di questo tipo era necessario, era fondamentale. Conte ha saputo toccare le corde giuste e adesso ha un nuovo bozzolo tra le mani, una squadra che ha trovato una sua fisionomia e che funziona.

Sarà interessante capire come potranno integrarsi, al loro ritorno, i vari Lukaku, De Bruyne e Anguissa. Ci vorrà tempo, va bene, ma intanto l’emergenza ha portato esattamente ciò che serviva al Napoli: nuove idee, nuovi impulsi, un futuro che adesso è tutto da scrivere. A cominciare da Napoli-Juventus e poi da Benfica-Napoli, due stress-test che diranno tantissimo sulle reali ambizioni di Conte e dei suoi giocatori.

Correlate