Conte e la variante Politano, un’evoluzione del 3-4-3
Ha trovato la quadra per i giocatori che ha in questo momento. Appena otto i cross, segno che la squadra sapeva sempre cosa fare. La prova di Hojlund (ma anche di Neres)

Db Riyadh 18/12/2025 - Supercoppa Italiana / Napoli-Milan / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: esultanza gol David Neres
La quadra tattica e le energie
La semifinale di Supercoppa Italiana tra Napoli e Milan, al netto delle inevitabili e sacrosante tare sul senso che questa competizione assume per i vari club che vi partecipano, e forse una riflessione andrebbe fatta anche sul tifo (ehm) che echeggiava nello stadio di Riyadh, è stata una partita tatticamente significativa. Per un semplice motivo: ha dimostrato che il Napoli di Conte ha trovato la quadra. La sua quadra. O meglio: ha trovato la quadra per i giocatori che ha a disposizione in questo momento.
La giusta obiezione a questa lettura potrebbe andare a riprendere le due sconfitte contro Benfica e Udinese, due partite che la squadra di Conte ha approcciato male e ha giocato pure peggio. Ma a quel punto deve necessariamente subentrare un’altra valutazione: quella sull’energia a disposizione. Il fatto che Napoli e Milan abbiano avuto gli stessi giorni di recupero dall’ultima gara disputata, entrambe hanno giocato domenica in campionato, ha avuto un suo peso. E infatti i giocatori in maglia azzurra non hanno pagato un gap elevato rispetto a quelli rossoneri. Non si è avvertita, per dirla in maniera brutale, l’enorme differenza – di gamba, di velocità, di resistenza – di intensità che i calciatori di Conte avevano accusato contro Benfica e Udinese. Due squadre che, ricordiamolo, hanno affrontato il Napoli senza essere reduci da una gara giocata tre giorni prima.
Anzi, la sensazione percepita a Riyadh era che il Napoli fosse più aggressivo e avesse più forza, oltre che meccanismi migliori. Il Milan ha creato poco e in maniera disordinata, episodica, mentre la squadra di Conte ha saputo costruire più volte i presupposti per essere pericolosa. Grazie, come vedremo, alla grande partita di Hojlund e a un gruppo di giocatori perfettamente catechizzati nella ricerca della verticalità, quindi del loro centravanti.
Un Napoli leggermente diverso, e molto promettente
Per questa semifinale di Supercoppa, Conte ha cercato di fare qualcosa di nuovo. Di creativo. E ci è riuscito, nel senso che ha disegnato un Napoli leggermente diverso da quello a cui ci aveva abituati. Una sorta di piccola evoluzione, in chiave offensiva, della squadra allestita per far fronte all’emergenza. Lo diciamo prima di addentrarci nel racconto: quello proposto da Conte è un cambiamento molto promettente, per quanto sottile. Perché permette e permetterà al Napoli di avere più opportunità per attaccare la difesa avversaria.
Per chi non l’avesse ancora capito, stiamo parlando dell’inserimento di Politano come quarto/quinto di centrocampo a destra, con conseguente arretramento di Di Lorenzo nella difesa a tre. Con questa mossa, di fatto, Conte ha reso ancora più fluido e difficile da leggere il suo 3-4-3, perché ha aggiunto un altro giocatore tecnico e creativo dal lato di Neres. Certo, c’è anche da evidenziare come questa trasformazione sia stata bilanciata, dall’altro lato, con una scelta leggermente più conservativa: Elmas al posto di Lang.



Nel frame in alto, vediamo Elmas e David Neres che si muovono praticamente da mezzi esterni, da trequartisti alle spalle della prima punta. Nell’immagine in mezzo, invece, vediamo il Napoli che imposta la manovra con il 4-2-3-1. Sopra, infine, vediamo le heatmap di David Neres (a sinistra) e di Elmas (a destra), ovviamente riferite a Napoli-Milan.
Come si evince chiaramente guardando i frame appena sopra, ma anche nelle heatmap di Elmas e David Neres, la presenza di Politano largo a destra ha determinato nuove dinamiche nella fase offensiva del Napoli. Sia dal punto di vista delle spaziature che per quanto riguarda i movimenti dei due laterali del tridente: entrambi, infatti, sono venuti molto di più dentro il campo, hanno giocato quasi come trequartisti dietro la punta unica. A volte si sono alternati, a volte si sono accentrati contemporaneamente, in modo da offrire un doppio scarico tra le linee.
Soprattutto Elmas è andato pochissime volte sul fondo o anche a chiudere l’azione in area, e infatti lo stesso Conte – nelle interviste del postpartita – ha detto chiaramente che il macedone «ha giocato da numero 10». È una definizione che calza a pennello, se guardiamo alle caratteristiche di Elmas. Un po’ meno se guardiamo alla sua prestazione contro il Milan, caratterizzata da 8 palle perse su 30 giocate. Ma ci sta, se consideriamo che era alla prima gara in questo nuovo ruolo.
La ricerca della verticalità, nel nome di Rasmus Hojlund
La presenza di due esterni bassi molto creativi (il già citato Politano e Spinazzola) e di tre uomini offensivi propriamente detti è stata bilanciata da una feroce intensità e da una frequentissima ricerca della verticalità. Per dirla in parole crude: il Napoli ha pressato altissimo il Milan e ha cercato di ribaltare il fronte di gioco subito dopo aver recuperato il pallone. Per dirla in maniera ancora più semplice: le azioni della squadra di Conte sono state immediate, costruire per direttissima. A dirlo sono i dati: gli azzurri hanno chiuso la partita con il 41% di possesso palla, con 39 passaggi lunghi tentati (24 riusciti) e con il 50% dei contrasti vinti.
Queste cifre sono tutte concatenate, legate a un’idea di calcio incentrata su due pilastri: il lavoro di Rasmus Hojlund e l’esasperazione dei duelli individuali in fase difensiva. Andando in ordine, la partita di Hojlund è stata davvero gigantesca, piena di giocate preziosissime. E i due gol di cui il danese è stato assoluto protagonista, il primo con l’assist e il secondo mettendosi in proprio, sono solo una parte, un corollario della sua prestazione.
Anche in questo caso i numeri ci danno un grande supporto: Hojlund ha messo insieme 32 palloni giocati di cui solo 2 in maniera imprecisa, ha servito 2 passaggi chiave, ha ingaggiato 7 duelli con difensori avversari. Ma soprattutto è stato una vera e propria stazione di posta per i passaggi dei suoi compagni. che si sono appoggiati quasi fisicamente alla sua capacità di difendere la sfera con il corpo, di anticipare il difensore avversario, di girarsi e poi di smistare di nuovo la sfera. O di andare in profondità, come in occasione del secondo gol:
Pressione alta per recuperare il possesso, riordino della struttura, verticalizzazione immediata alla ricerca di Hojlund: un gol manifesto per il nuovo Napoli di Conte.
In questo senso, e anche in vista del ritorno dell’ormai incombente rientro Lukaku, la scelta di inserire Politano e Spinazzola come quinti può essere molto significativa. Con due esterni del genere, entrambi bravi a rientrare dentro il campo e a giocare la palla tra le linee, un centravanti-boa in grado di stoppare, ripulire e poi muovere bene la palla può davvero esaltarsi. Non a caso, viene da dire, entrambi i passaggi che Hojlund ha trasformato in gol sono arrivati dai piedi di Spinazzola. Poi è chiaro, la dinamica delle due azioni è stata diversa, Hojlund si è fatto trovare in posizioni diverse, con grip di corsa differenti. Ma il senso delle giocate fatte dal Napoli resta lo stesso: regia interna dell’esterno basso, ricerca della prima punta in verticale e poi rifinitura/finalizzazione.
Un’altra conseguenza di questo atteggiamento si legge nel numero misero di cross tentati dalla squadra di Conte: appena 8. Soltanto quattro mesi fa il Napoli chiuse la partita contro il Cagliari con 42 traversoni, praticamente uno ogni due minuti di gioco. Lo stesso Milan, costretto dall’aggressività della squadra di Conte a costruire azioni di puro aggiramento (tra poco ne parleremo in maniera approfondita), ha chiuso la semifinale di Supercoppa con 24 cross tentati. Di cui solo 7, però, sono andati a buon fine.
Il ritorno della (grande) intensità difensiva
Come detto in precedenza, e come si vede anche nel video del gol di Hojlund, l’intensità difensiva è stata una chiave della buonissima partita del Napoli. Che, di fatto, ha ricominciato a pressare benissimo i suoi avversari non appena la partita si è giocata in condizioni energetiche pari. Dal punto di vista degli accoppiamenti in fase di non possesso, una nuova locuzione per definire le marcature a uomo, Conte non ha dovuto risolvere un enigma complesso: il 3-5-2 di Allegri, infatti, si incastrava perfettamente col suo 5-4-1 in fase difensiva.


Le marcature a uomo del Napoli, sia nel primo che nel secondo tempo
Basta guardare questi due frame per rendersi conto di quello che stiamo dicendo: Hojlund ha seguito De Winter, David Neres ed Elmas hanno pressato Pavlovic e Tomori. Politano ha marcato Estupiñán, Lobotka ha francobollato Jashari a tutto campo, McTominay è stato sulle tracce di Loftus-Cheek, Spinazzola ha seguito Saelemakers. A seconda dei movimenti, il trio difensivo di Conte (Di Lorenzo-Rrahmani-Juan Jesus) si è alternato nella marcatura di Nkunku, Pulisic e Rabiot.
Il Napoli è riuscito a tenere un ritmo difensivo alto per tutta la gara, e in questo modo ha limitato tantissimo la produzione offensiva del Milan. I dati dicono che i rossoneri hanno messo insieme soltanto 3 tiri finiti nello specchio della porta di Milinkovic-Savic, uno al minuto 5 (Loftus-Cheek dopo una sforbiciata di Pavlovic), uno al minuto 42 (Rabiot sugli sviluppi di un angolo) e uno al minuto 70 (colpo di testa di Fofana). Certo, anche quelle non concretizzate da Rabiot e di Nkunku (entrambe poco prima del gol di Neres) possono essere considerate delle occasioni pericolose, ma è vero pure che tutte queste chance sono nate in modo improvvisato o comunque disordinato, soprattutto il contropiede finalizzato (male) da Nkunku dopo un calcio d’angolo giocato in maniera molto ingenua dal Napoli.
Nella ripresa, la mancanza di vivacità e di idee del Milan ha determinato una situazione perfetta per il Napoli. Alla squadra di Conte, infatti, è bastato alzare un po’ l’intensità per trovare il gol del raddoppio, ha continuato a far girare a vuoto il Milan e ha gestito il flusso del tempo in maniera perfetta. Neanche l’ingresso di Modric e i sette minuti di recupero concessi da Zufferli hanno cambiato l’esito della gara.
L’apertura di nuovi orizzonti
Con questa versione aggiornata del 3-4-3, il Napoli può guardare al futuro con un rinnovato ottimismo. Per diversi motivi. Il primo è che questo modulo continua a dare risposte positive, e lo stesso discorso vale per i principi di gioco adottati da Conte nelle ultime settimane. Paradossalmente, ma neanche troppo, il Napoli ha vinto tutte le partite contro avversarie di alto livello e ha perso quelle contro Benfica e Udinese. Anche in virtù di questa rilevazione, e senza nulla togliere alle ottime prestazioni delle squadre di Mourinho e Runjaic, diventa sempre più evidente che le trasferte in Portogallo e in Friuli siano state viziate dalla condizione precaria della squadra di Conte. O meglio: di quel che restava della squadra di Conte.
L’altro aspetto che potrebbe avere un certo impatto, sul futuro degli azzurri, sta nell’apertura di nuovi orizzonti tattici. La versione del 3-4-3 con Politano e Spinazzola come quarti, infatti, permetterebbe a Conte di inserire De Bruyne – ovviamente al suo ritorno – nello slot di Elmas, come mezzo esterno del tridente – magari con Olivera al posto di Spinazzola per bilanciare un po’ i rientri più lenti di KDB. Allo stesso modo, si potrebbe immaginare un doble pivote con Anguissa e lo stesso KDB e l’avanzamento di McTominay alle spalle della prima punta. E poi naturalmente c’è Lukaku, che però – lo abbiamo visto – a Riyadh è stato sostituito in maniera perfetta da Hojlund. Sia come creatore di stress nelle difese avversarie che come implacabile finalizzatore.
Conclusioni
Il Napoli si è qualificato alla finale della Supercoppa Italiana e ha rimesso in piedi le certezze che aveva faticosamente costruito prima delle sconfitte contro Benfica e Udinese. Basterebbe questo, a Conte, per poter fare un bilancio molto positivo della partita contro il Milan. Ma dalla sfida coi rossoneri sono venute fuori altre evidenze molto significative. Intanto gli azzurri hanno cancellato quella che, al momento, resta l’unica sconfitta patita in uno scontro diretto di campionato. Anche perché l’1-2 incassato a San Siro fu il frutto di una prestazione difensiva piuttosto ingenua, per dire negativa, da parte dei giocatori di Conte. Ecco, quel Napoli oggi non esiste più: i problemi degli azzurri non sono (più) strutturali, piuttosto sono quasi sempre da ricondurre alla condizione fisica.
Anche in avanti ci sono note positive: detto abbondantemente di Hojlund, va segnalata anche la costanza di rendimento di David Neres, sempre più a suo agio come fantasista principale e anche come “realizzatore di scorta” accanto al danese. Il fatto che il brasiliano – un giocatore che per tutta la carriera ha dato l’impressione di essere quantomeno volubile, e ovviamente si tratta di un eufemismo – si sia preso il Napoli, al punto da costringere Politano a reinventarsi quinto di centrocampo, è un segnale forte. Vuol dire che Conte ha trovato il sistema giusto per farlo rendere al meglio. Per trasformarlo da campione intermittente a giocatore in grado di decidere le partite. È la miglior notizia possibile, in vista di un mese pienissimo in cui il Napoli si giocherà praticamente tutto: la Supercoppa, la qualificazione alla fase finale della Champions League e degli scontri diretti che potranno indirizzare il campionato.











