Bologna ha consentito a Conte di sovvertire le gerarchie, gli anziani hanno perso i privilegi dello scudetto

Le nuove leve percepivano un po' di acredine ma dopo Bologna i “vecchi” non hanno potuto più far prevalere la prelazione per essere titolari. E Conte è tornato alla sua politica preferita: “non guardo in faccia a nessuno”

Conte

Napoli's Italian coach Antonio Conte looks on during the Italian Serie A football match between Bologna and Napoli at the Renato Dall'Ara stadium in Bologna on November 9, 2025. Andreas SOLARO / AFP

Bologna ha consentito a Conte di sovvertire le gerarchie, gli anziani hanno perso i privilegi dello scudetto

Con la caduta del muro di Berlino il vecchio Pci fu costretto a reinventarsi democratico, ma di sinistra, con la cosiddetta svolta della Bolognina. Il Napoli di Antonio Conte, con “la svolta” di Bologna, è risorto per allontanare l’ineluttabile destino, che vuole mediocre chi brandisce lo scudetto. Dopo una sequenza di vittorie consecutive e prestazioni profondamente convincenti, con l’infermeria che sembra un ospedale da campo del Vietnam, è la sconfitta di Bologna che ha rappresentato la migliore notizia per i tifosi del Napoli. Uno switch fondamentale che ha impresso alla stagione in corso una direzione virtuosa: Le rivoluzioni non sono mai state non cruente. Lasciano sempre sul campo di battaglia qualche vittima. Qui parliamo di calcio e le vittime al massimo possono essere quelli che erano titolari e sono diventati panchinari. Quelli a cui magari si chiedono venti o trenta minuti di qualità ed intensità.
Sin dall’alba della stagione le nuove leve hanno percepito un po’ di acredine e di resistenza da parte di coloro i quali hanno vinto a Napoli due scudetti in tre anni, e che a Napoli si sentono ormai sindaco e vice sindaco. Traguardo storico, ed incancellabile quello degli scudetti. Conte, che come il colonnello Kilgore adora sentire l’odore del napalm al mattino, aveva la percezione che sotto la cenere covasse del fuoco. Sentiva puzza di bruciato e aveva il dubbio stampato sul viso. Troppo lunga la sua carriera per non sapere dei pericoli incombenti. Per tre lunghi mesi si è lasciato trascinare dalla corrente. Un po’ per riconoscenza e un po’ per le troppe alternative reclamate per primo da lui. De Bruyne lo ha costretto a nascondere la sua caratteristica migliore: nonguardoinfacciaanessuno. I risultati erano suppergiù in linea, la posizione di classifica positiva, ma mancava qualcosa. Mancavano le prestazioni. Non in termini novantunisti, per carità. Ma in termini resultadisti: corsa, voglia, determinazione. Nulla di tutto ciò c’era. Quando mancano le prestazioni, ti barrichi dietro i risultati che se iniziano ad altalenarsi accrescono gli interrogativi. Troppi i gol subiti. Tante perplessità destate dal Napoli: con De Bruyne e senza. Quando parlava di nuovi che faticano ad entrare non poteva certo mettere in piazza l’ostilità degli anziani, e non dei leader, dello spogliatoio. Le vittorie, prima di Bologna, quasi sempre sofferte. Con il Como al San Paolo due punti persi. I tre punti con l’Inter sono una spruzzata di Antonio Conte pour hommes. Nel mezzo la débâcle di Eindhoven, peggior sconfitta europea nella storia del Napoli. A quel punto si sono rotte le giarretelle.
Il Conte in conferenza post Eindhoven lo ricordiamo tutti, una versione light di quello che si vedrà nel dopo Bologna, dove è tracimato. Nonostante le sei pappine, le resistenze all’interno dello spogliatoio da parte degli anziani rimanevano. Il dito era puntato sempre contro i nuovi. Le vocine giuste dallo spogliatoio sapevano dove arrivare per essere propagate come mangime da distribuire al popolame. Prima di Bologna una richiesta di riconoscenza verso i vecchi è arrivata. A scapito dei nuovi, ça va sans dire. Conte concede la prova d’appello alla vecchia guardia, a patto che se non fosse andata bene in Emilia, avrebbe preso una settimana di tempo per resettarsi e dar tempo allo spogliatoio di rassettarsi, ripartendo senza guardare in faccia a nessuno. Il tutto con il supporto silenzioso della proprietà. Il resto è storia. Conte, per deformazione personale, affinata da una lunga carriera da tecnico, vede molto al di là dei propri calciatori. Bologna è stata una sconfitta voluta. Mettere gli anziani al cospetto della proprie mancanze e delle responsabilità. Chi si guarda da fuori quando è in declino? In Italia il concetto di successione è scarsamente praticato. Si deve morire senza dimettersi. Per questo Gravina è ancora presidente della Figc. A Bologna un tiro in porta. Un 4-3-3 assolutamente inoffensivo. Lo spogliatoio del Dall’Ara avrebbe di cose da raccontare, non per nulla il Conte che arriva ai microfoni di Dazn, affermando “urbi et orbi” che non aveva voglia di accompagnare il morto.
Alla fine diceva il saggio Chen: “tutto è bene quel che finisce bene”. Le gerarchie sono state riscritte, non tutte, ma in parte. Ed era ora. L’accidenti a Lukaku ha impedito di completare la rosa, ma Højlund è figlio di un imprevisto che cambia in meglio le prospettive di futuro. Degli assenti non si sente particolarmente la mancanza. De Bruyne è nell’oblio, e con lui spesso il Napoli è stato impalatabile. Quando manca Lobotka sembra possa esserci una crisi di siccità. Ma da Skopje, dopo una prestazione matura di Elmas, smentiscono. Come sempre i destini del Napoli sono sempre legati al condottiero, che sia Spalletti o che sia Antonio Conte. Il Napoli aveva già vissuto situazioni con mal di pancia dello spogliatoio, e sappiamo tutti come sono andate a finire. A volte, e questa è una tara dell’impostazione societaria, tenere i giocatori per troppo tempo, da modo a questi ultimi di pensare di essere imprescindibili per la squadra e per la società stessa. I ricordi tristi :”Peppeniello gli ammutinamenti passano a due” (contro Ancelotti e Napoli Verona 1-1), sono ancora vividi. Gli autori sono sempre gli stessi. E coloro che all’epoca lamentavano certe dinamiche malate, al proprio attivissimo procuratore, sono quelli che le hanno fatte proprie più di tutti. Il tempo è un avversario insuperabile per tutti. Ma evidentemente non vale per Antonio Conte.
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