Il Napoli sembra sazio. E quando non ha più fame, la partita è già finita

Gli alibi sono finiti, anche per Conte. Non è un incidente di percorso, ma una crepa che si allarga.

Napoli

Mg Bologna 09/11/2025 - campionato di calcio serie A / Bologna-Napoli / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Giovanni Di Lorenzo

Il Napoli sembra sazio. E quando non ha più fame, la partita è già finita

Il Napoli. E già a dirlo, viene un po’ di malinconia. Non la malinconia vera, quella di un tramonto o di un amico lontano. Ma quella malinconia da dopopartita, che sa di birra sgasata e promesse non mantenute. A Bologna, s’è visto un fantasma che si aggirava per il campo, e non era certo quello di un calciatore d’altri tempi. No, era il fantasma di un’idea, di un calcio che fu e che, chissà, magari un giorno tornerà.

Tre partite, zero gol. Non è un record, ma è un segnale. Quando il pallone, che è un amico fedele ma anche un po’ permaloso, non ti riconosce più, vuol dire che qualcosa si è rotto. Magari s’è dimenticato il profumo dei piedi che lo accarezzavano, o forse ha capito che quelle carezze non sono più sincere. A vegliare su questo triste spettacolo c’era un ragazzino, Massimo Pessina, diciassette anni, il portiere del Bologna. Ha ancora l’ansia che gli fa tremare i polsi, di sicuro, ma l’unica ansia che ha provato ieri era forse di dover posare per i fotografi a fine partita. Il Napoli, che un tempo era un leone e ora pare un gatto spaventato, gli ha regalato una serata di tranquillità. Neanche una parata, neanche un brivido. Un esordio in Serie A, che il ragazzo racconterà ai nipotini come la volta in cui si è annoiato a morte.

Il Napoli gioca a Subbuteo. Un gioco posizionale, una battaglia navale che si perde pezzo dopo pezzo. Non ci sono invenzioni, non ci sono improvvisate, non c’è la sorpresa. È tutto un eseguir copioni, senza chiedersi se la scena ha senso. E il Bologna, che di spazi nel primo tempo ne aveva lasciati, si sarà chiesto se per caso non avesse davanti una squadra di turisti, più preoccupati della posa che di far male. E quando il gioco si fa duro, e il fango ti arriva alle caviglie, il Napoli si smarrisce. E il pallone, che è un amico fedele, se ne va.

Poi c’è il portiere che para i rigori ma in porta non la prende mai. Una specie di maledizione, che si abbatte su chi è abituato a essere osannato. E Rrahmani guarda sconsolato, come se stesse guardando un alieno, un passante smarrito in un vicolo che non ha mai visto il mare. A meno che non sia l’alieno a guardare lui.

La sconfitta è stata meritata, inutile girarci intorno. Ma c’è stata anche la mano di quel certo Chiffi, che francamente facciamo fatica a vedere ancora in Serie A. Un arbitraggio insufficiente, pari a quello del Napoli. E così, tra un’inezia e l’altra, il Bologna si è portato a casa i tre punti, con la serafica tranquillità di chi sa di aver fatto il proprio dovere. Cambiando sei uomini mentre il Napoli ha giocato con gli stessi per mettere, forse, le mani avanti, su un’improbabile panchina corta.

Conte, il taciturno, il comunicatore. Ma gli alibi sono finiti. A meno che non abbia un’altra raccolta di scuse da tirare fuori e suonare come da copione. A questo proposito, l’ingresso di Lucca a dieci minuti dalla fine non è stato che un gesto per il referto, non certo per cambiare l’inerzia. Perché se non hai un Lukaku, non puoi giocare come se l’avessi. Come non puoi fare un certo calcio se ti manca un De Bruyne. E il Bologna, a conti fatti, ringrazia.

Quei matrimoni che non funzionano più devono finire. Per evitare di ritrovarsi in una relazione avvelenata, dove la riconoscenza si trasforma in un pesante fardello.

Se hai un attaccante, Hojlund per la precisione, lo devi mettere nelle condizioni di segnare. Invece, il Napoli non ha mai crossato. E Hojlund, come un fantasma, si aggira per l’area, senza mai ricevere un pallone decente. E quando Gutierrez ha fatto qualcosa di caparbio ed estemporaneo, lo hanno tolto. E lì si è vista tutta la confusione, l’incertezza, la mancanza di un’idea chiara.

La sconfitta di Bologna è un segnale. Non è un incidente di percorso, ma una crepa che si allarga. E il rischio è che, se non si interviene in tempo, la crepa diventi un precipizio. Perché il Napoli sembra un uomo talmente sazio da non destarsi più al profumo dell’arrosto. E quando perdi l’appetito, la partita è già finita.

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