Hojlund è cambiato grazie agli schemi di Conte: ora replica le movenze di Lukaku e gioca per gli altri
L'analisi della Gazzetta. Il danese è a secco da 54 giorni: Il tour de force è costato carissimo, l’ha anestetizzato e forse ha inciso psicologicamente per un po'

Dc Napoli 05/10/2025 - campionato di calcio serie A / Napoli-Genoa / foto Domenico Cippitelli/Image Sport nella foto: Rasmus Hojlund
Nel big match dell’Olimpico contro la Roma, Rasmus Hojlund incrocia di nuovo il suo primo maestro, Gian Piero Gasperini. Lo stesso danese ha bisogno di ritrovare il feeling con il goal. Che sia la partita giusta? L’analisi di Antonio Giordano sulla Gazzetta dello Sport.
Il Napoli avrà bisogno del miglior Hojlund: l’analisi
Ecco cosa scrive Giordano sulla Gazzetta:
“Certe partite non restano confinate in quel rettangolo ma tracimano, s’impossessano del futuro però anche del passato, galleggiano nei ricordi e a Rasmus Hojlund ritrovare Gian Piero Gasperini scatena una sequenza di flash – li chiamerebbero highlights – dai quali lasciarsi cullare. La prima Italia, un prodigio per un maggiorenne appena divenuto tale, sa di un calcio fascinoso e assai gustoso, di notti dense di magie e di una decina di gol (nove in campionato, uno in Coppa Italia) che indirizzarono poi la rotta verso Manchester: sa dunque di Gasp, d’una squadra arrivata quinta, alle spalle di Napoli, Lazio, Inter e Milan e però davanti alla Roma e alla Juventus, ormai pronta per decollare verso l’Europa League che sarebbe arrivata a distanza di dodici mesi.
“Roma-Napoli è un crocevia, include in sé quei momenti (indimenticabili) e trascina in un orizzonte da indicare sulle mappe di questa stagione double face, tanto Hojlund immediatamente e poi, inaspettatamente, poco Rasmus alla distanza, pure per colpa di Mateusz Kochalski, 25 anni, polacco di stanza al Qarabag, il protagonista d’una nottata piena di prodigi, quasi capolavori, compreso il rigore strozzato al danese in preda al digiuno.”
“Cinquantaquattro giorni oggi (e saranno cinquantasei domenica sera all’Olimpico) senza mai riuscire a far riemergere il vero Hojlund, lucido e cinico, elegante e sgargiante, quattro reti per presentarsi nelle sue prime sei partite, un graffio immediatamente a Firenze, una serie di giocate da mille e una notte, e poi il buio.”
Il lavoro nobilita l’uomo oppure lo sfianca e il tour de force a Hojlund è costato carissimo, l’ha fermato per tre partite (niente Psv, Torino e Inter), l’ha anestetizzato e forse ha inciso psicologicamente per un po’ e al resto deve aver pensato la scioccante sconfitta in Scozia, o magari no. Perché a Hojlund più che agli altri sta mancando De Bruyne, la capacità di verticalizzare a campo largo (come contro lo Sporting) del belga, quella fusione naturale tra due talenti a cui basta uno sguardo per suggerire il passaggio e un altro per trasformarlo in felicità.
“Cambiato Ma Hojlund, intanto, è diventato pure diverso, s’è trasformato, s’è calato negli schemi di Conte, li ha fatti suoi andando a replicare alcune movenze di Lukaku, per essere altruista e giocare per gli altri: la volée che ha mandato in porta Neres, nella sfida con l’Atalanta, rientra tra le priorità della manovra del Napoli di un anno fa, quando al centravanti veniva chiesto di diventare regista offensivo per trascinare fuori dalla linea dei difensori, spalancare le praterie e consentire agli esterni o ai centrocampisti di catapultarsi con libertà quasi assoluta nelle voragini che intanto si erano aperte. Cinquantasei giorni dopodomani, quasi due mesi, senza che Hojlund riesca a calarsi nella propria parte: quale occasione migliore per ribadire al Gasp, il primo maestro, che certe lezioni valgono e per sempre”











