Rufo Verga: «Sacchi mi fece esordire grazie a un infortunio di Maldini, mi faceva allenare coi centrocampisti»
Alla Gazzetta: «In difesa c'erano Maldini, Costacurta, Baresi... Quale spazio potevo avere? Mi sono dovuto ritirare a 25 anni. Ora vendo il pane a San Francisco».

1990 archivio Storico Image Sport / Milan / Arrigo Sacchi / foto Imago/Image Sport
La Gazzetta dello Sport ha intervistato l’ex calciatore Rufo Verga, che conta tre presenze nel Milan di Sacchi nella stagione 1987-88. Tanti infortuni, però, lo hanno portato a decidere di ritirarsi all’età di 25 anni.
L’intervista a Verga
Verga, cominciamo dalla fine. Come è finito in America?
«Avevo un punto vendita in piazzale Cadorna, a Milano. Nel 2006, il signor Vegetti, proprietario della catena ‘Il Fornaio’, mi chiese se fossi interessato a trasferire l’attività negli Usa. Ci ho pensato un po’ e nel 2007 sono partito, mi sono innamorato di San Francisco e ho deciso di restare».
Come nasce la sua passione per la panificazione?
«Quando venni bocciato alla prima superiore, mia madre per punizione mi mandò a lavorare d’estate, apprendista presso un fornaio e che mi insegnò a mettere le mani nella farina. La cosa mi piacque molto. Quando mio padre capì che gli infortuni mi avevano rovinato la carriera, mi chiese che cosa volessi fare da grande, io ripensai al pane ed entrai nel settore, grazie al mio ex suocero».
Parliamo del Milan…
«Sono un cuore rossonero, il Milan rimane una cosa importantissima della mia vita. Ci arrivai ragazzino, con il mito di Franco Baresi, e quando me lo trovai davanti per la prima volta, a 16 anni, restai intimorito e senza parole. Per me è stato il più forte difensore centrale della storia del calcio. Paolo Maldini lo considero il più grande sulla fascia, come terzino.»
Un infortunio di Paolo Maldini le permise di debuttare in Serie A…
«Ai primi di novembre del 1987, Milan-Torino. Paolo si rompe un’arcata sopracciliare in uno scontro. Il dottor Monti dal campo fa il gesto del cambio. Sacchi si volta verso di me: “Entra tu e stai a sinistra”. Seduto in panchina, ero incredulo, ho avuto un attimo di sbandamento. Ero un ragazzo e gli 80mila di San Siro guardavano tutti me. Il Milan in difesa aveva Franco Baresi, Tassotti, Paolo Maldini, Costacurta, Filippo Galli… Quali spazi potevo avere? Ariedo Braida, il ds, puntava su di me, gli devo tanto, ma, con quella concorrenza, non poteva che mandarmi in giro, a fare esperienza. Ho cominciato però a infortunarmi alle ginocchia, specie al sinistro. Non dimenticherò mai la seconda operazione, a Lione, perché mi telefonò il presidente, Silvio Berlusconi in persona, e mi disse delle bellissime parole di incoraggiamento. Dai problemi alla cartilagine del ginocchio sinistro non mi sono più ripreso. C’era un effetto cascata, correvo male e mi venne la pubalgia. Smisi a 25 anni. Non ho più fatto sport.»
Ha fatto in tempo a vincere un Europeo Under 21…
«Nel 1992, con Cesare Maldini allenatore, un’altra persona alla quale devo tantissimo. E devo ringraziare anche Dino Zoff, alla Lazio, per me è stato importante».
Ha dei rimpianti?
«Per il calcio sì, per il resto no. Penso che, senza infortuni, avrei fatto una carriera discreta. Sacchi al Milan mi faceva allenare con i centrocampisti: Ancelotti, Donadoni, Evani, poi Rijkaard… Ecco, a quel livello non sarei arrivato, ma credo che in Serie A sarei potuto stare».