Giusto che il Napoli sia dominante ma forse la squadra di Conte non è ancora pronta per questo
L'analisi della serata e soprattutto dei primi tre gol evidenzia che al Psv è servito pochissimo per segnare. Non è un caso che né a Torino né in Olanda fosse assente Hojlund

Napoli's Serbian goalkeeper #32 Vanja Milinkovic-Savic (C) jumps to stop the ball from enetering the goal during the UEFA Champions League, league phase football match between PSV Eindhoven and Napoli at the Philips Stadium, in Eindhoven, on October 21, 2025. (Photo by Robin van Lonkhuijsen / ANP / AFP) / Netherlands OUT
I segnali prima del crollo
Chi conosce e segue il calcio sa che la partita tra Psv e Napoli, ovviamente guardata dal lato degli azzurri, deve essere considerata come un caso-limite, come un evento praticamente irripetibile. Al tempo stesso, però, la squadra di Conte aveva già lanciato dei segnali molto negativi sul proprio stato di salute tecnico-tattica. In questo senso, le sconfitte contro Milan e (soprattutto) Torino, così come le vittorie contraddittorie ottenute contro Pisa e Genoa, erano state delle avvisaglie. Perché, a pensarci bene, in quelle gare il Napoli aveva manifestato dei problemi seri, significativi, dal punto di vista dell’equilibrio. Soprattutto se mettiamo a confronto la fase difensiva degli azzurri rispetto a quella della scorsa stagione.
Ecco, questo è un punto importante. Fare confronti tra due annate sportive, anche consecutive, è un esercizio inutile perché sbagliato: il ricambio della/nella rosa e i mutamenti del contesto – si pensi, banalmente, alla partecipazione alla Champions – hanno un impatto tale che devono essere considerati. Non come alibi, naturalmente, ma come dati di fatto. Al tempo stesso, però, la fragilità difensiva del Napoli 2025/26 è davvero inquietante, a maggior ragione se consideriamo come – e quindi perché – il Napoli ha conquistato lo scudetto meno di cinque mesi fa.
In virtù di tutto questo, è necessario che l’analisi della singola partita contro il Psv vada fatta in prospettiva, cioè in relazione con il percorso fatto finora dal Napoli. E dal suo allenatore. Un percorso forzato dagli infortuni, dai cambi di giocatori, dai mutamenti del contesto, su questo non c’è dubbio, ma che finora è stato più accidentato che fruttuoso. E non perché la qualificazione in Champions e/o la corsa scudetto siano già compromesse, in fondo siamo soltanto e ancora a ottobre, ma perché il ritmo infernale della stagione renderà difficilissimo un reset totale. Quello di cui avrebbero bisogno sia Conte che i suoi giocatori.
Cosa significa fragilità
Il Napoli visto a Eindhoven ha preso a imbarcare acqua molto prima di rimanere in dieci e/o di cambiare modulo di gioco, passando dal 4-1-4-1 iniziale al 4-3-3 che si è determinato dopo gli ingressi di Juan Jesus, Lang e Gutiérrez. Tanto per gradire: prima delle sostituzioni di Conte, il Psv ha segnato tre gol tutti diversi, contro la difesa schierata (l’autorete di Buongiorno), in contropiede e dopo un recupero palla in zona avanzata. Ecco, questa è una definizione di fragilità calcistica: gli azzurri non sono riusciti a difendersi in tre situazioni di gioco differenti, ai loro avversari è bastato muovere la palla in modo lineare, solo leggermente più veloce, per mettere degli uomini davanti a Milinkovic-Savic. Ma andiamo con ordine, partendo dalla prima rete:
Tutto nasce dal pressing sballato
Il Napoli, in quest’azione, difende con il suo canonico 5-3-2. E lo fa cercando di alzare il ritmo del pressing, tenendo un baricentro alto, orientandosi sul pallone. Basta però un dribbling subito da De Bruyne, che a Eindhoven si è mosso come seconda punta in fase di non possesso, per far cadere l’intera impalcatura. McTominay esce sul portatore e lascia libera la sua fascia, con Spinazzola che di fatto è costretto a rinculare a causa dell’inferiorità numerica.
A quel punto la squadra di Conte rientrerebbe pure bene, solo che al Psv basta fare due passaggi e cambiare fascia per isolare Perisic contro Politano. Cross servito a centro area, Buongiorno cerca l’anticipo ma finisce per deviare il pallone nella sua porta. In ogni caso, i difensori del Napoli erano in parità numerica contro gli attaccanti del Psv – Beukema su Saibari, Buongiorno su Tel e Spinazzola su Man. Tutti gli altri giocatori in maglia azzurra sono appostati al limite dell’area, non marcano nessuno.
Al di là di quest’ultimo appunto, che comunque ha una sua valenza, le cose che non funzionano in quest’azione sono il pressing e la disposizione difensiva. Intanto De Bruyne aggredisce in maniera blanda l’avversario, ma soprattutto c’è troppa distanza tra il belga e McTominay, e poi tra McTominay e la linea difensiva. La tattica calcistica insegna che per pressare in alto bisogna essere aggressivi, rapidi, intensi. E poi, banalmente, il 5-3-2 difensivo finisce per lasciare gli esterni in inferiorità numerica: a maggior ragione se le distanze sono così ampie, gli interni di centrocampo hanno troppo spazio da dover coprire per dare supporto sulle fasce. Di conseguenza, i quinti di difesa – come nel caso di Perisic Vs Politano – si ritrovano sempre a dover duellare contro uno o due avversari. Soprattutto se il Napoli affronta squadre come il Psv, schierate con la difesa a quattro e due esterni offensivi puri.
Problemi strutturali
Ecco, quello del 5-3-2 difensivo è un problema strutturale. Esattamente come le difficoltà in fase di transizione negativa, ovvero quelle manifestate dal Napoli in occasione del secondo gol del Psv:
Errore tecnico, ma poi anche tattico
Se guardiamo e riguardiamo quest’azione, scopriamo che non ci sono dei veri e propri errori tattici. Nel senso che il Napoli, in realtà, fa delle buone uscite preventive, e terrebbe anche su la palla, se Beukema non si facesse intercettare un passaggio in verticale. Il punto, però, è che la squadra di Conte, fin dall’inizio di questa stagione, è costretta a portare tanti uomini in avanti – Spinazzola è a due passi dalla lunetta dell’area, Buongiorno e Beukema sono hanno i piedi nella trequarti avversaria – per poter essere davvero pericolosa. Per disarticolare il sistema difensivo avversario. In una condizione del genere, fatalmente e banalmente, è più facile concedere delle ripartenze ad alto tasso di pericolosità.
Analizzandolo da questa prospettiva, questo gol riporta alla mente le frasi pronunciate da Antonio Conte dopo la partita contro il Torino. Quelle per cui «il Napoli deve giocare da Napoli, deve essere una squadra dominante a costo di rischiare qualcosa in più». L’intento e anche le parole utilizzate da Conte sono nobili, quindi apprezzabili, ma forse la sua squadra non è ancora pronta per questo genere di approccio. A maggior ragione contro un avversario come il Psv, che pratica un gioco neanche troppo sofisticato ma fresco, rapido, intenso, che sa alternare possesso e ripartenze. E che sa approfittare di avversari con distanze lunghe e squilibri evidenti.
Il terzo gol
La rete di Man, arrivata al decimo minuto della ripresa, è la summa dei problemi difensivi del Napoli 2025/26. Perché, basta riguardare l’azione per rendersene conto, la squadra di Conte fa entrare un giocatore fin dentro la porta di Milinkovic-Savic – non per modo di dire: Man entra letteralmente in porta con la palla – dopo aver rilanciato il pallone, dopo averlo perso (per un passaggio fuori misura di Anguissa) e per aver difeso male sia in fase di riconquista che con le linee schierate:
Al PSV basta un passaggio verticale per mandare in tilt il castello difensivo del Napoli
Succede tutto in pochi istanti, grazie a due passaggi tra le linee anche banali: quello che trova Saibiri dopo l’anticipo subito da Spinazzola e quello che premia Mauro Junior che si sfila alle spalle di Gilmour. Prima di e in mezzo a questi due tocchi, il Napoli pressa poco e male, De Bruyne aggredisce di nuovo il suo avversario senza il necessario supporto dei compagni, Spinazzola è lentissimo a rientrare, Buongiorno e poi Gilmour si fanno attrarre troppo dalla palla, Anguissa è costretto ad allargarsi in posizione di esterno basso a sinistra, McTominay trotterella sul posto e non segue Mauro Junior. A quel punto, quando siamo a pochi centimetri dalla porta di Milinkovic-Savic, l’inserimento da dietro di Man è praticamente incontenibile per l’intera difesa del Napoli. Ma gli errori iniziano prima, molto prima. E sono macroscopici.
Un’impostazione che non funziona
Insomma, al Psv è servito pochissimo per segnare tre gol. La squadra di Bosz avrebbe potuto farne almeno altri due o tre prima che Lucca si facesse espellere, e infatti poi il punteggio finale si è ingigantito fino al 6-2. Come abbiamo detto e visto, però, certi scompensi e certe azioni non sono casuali. Anzi, sono tutti fatti/eventi legati tra loro. E che discendono da un’impostazione che, almeno in questo momento, non funziona. Perché a Eindhoven, di fatto, le uniche idee offensive – e quindi di gioco – attuate dal Napoli sono state la ricerca del pallone lungo verso Lucca e l’apertura verso gli esterni. Verso Politano-Di Lorenzo a destra e verso Spinazzola a sinistra. Ed è proprio così, cioè attraverso una punizione sulla trequarti giocata verso Spinazzola, che è maturato il gol iniziale di McTominay.
Un bel gol, per altro
Il punto è che questa azione è fondamentalmente statica, cioè nasce da una palla inattiva. Quindi da una situazione in cui il Napoli ha potuto portare molti uomini nella metà campo avversaria senza rischiare scompensi. Come se fosse una specie di esercitazione. La cosa davvero inquietante è che il colpo di testa vincente di McTominay è stata una delle 2 conclusioni, tra quelle tentate dagli azzurri, che sono finite nello specchio della porta. La seconda è arrivata nella ripresa, sempre con McTominay, sempre su palla inattiva – su calcio d’angolo. Sì, avete letto bene: il Napoli, a Eindhoven, ha concluso solo 2 volte nello specchio difeso da Kovar. E infatti il portiere ex Bayer Leverkusen ha chiuso la sua partita con 0 parate effettuate e 2 gol subiti.
Cos’altro occorre, al di là degli errori/orrori difensivi analizzati finora, per arrivare a dire che il Napoli 2025/26 è una squadra disfunzionale o comunque inefficace? Che il sistema disegnato da Conte, almeno fino a questo momento, si è rivelato inadatto per la squadra azzurra? Certo, a onor del vero va anche detto che il Napoli finora ha vinto sei partite tra campionato e Champions League. Ma è vero pure che poche di queste vittorie sono state tatticamente convincenti. E che le assenze di Lobotka e – soprattutto – di Hojlund e Lukaku non possono spiegare un crollo prestazionale così significativo.
Conclusioni
A dir la verità, l’aspetto relativo alle assenze di Lukaku e di Hojlund ha un certo rilievo. Per dirla brutalmente: con Lucca schierato nel ruolo di prima punta, il Napoli azzera quasi completamente la sua capacità di attaccare la profondità, di stressare la difesa avversaria al di là della palla servita addosso al centravanti. Non a caso, viene da dire, le due peggiori gare degli azzurri, giusto le ultime contro Torino e Psv, sono state quelle giocate senza il danese.
Il punto, però, è che il Napoli è una squadra con delle potenzialità e delle ambizioni troppo alte per potersi permettere questo tipo di cedimenti. Un’involuzione del genere non può essere giustificata da due o anche tre assenze, per quanto pesanti. Conte deve assolutamente creare i presupposti perché la sua squadra renda anche in una versione alternativa, con uomini e meccanismi diversi. Ne ha le capacità, ha i giocatori che servono per provarci. Non avrà tempo per sperimentare, va bene, ma ha il dovere di farlo. A maggior ragione dopo una sconfitta come quella patita a Eindhoven. Che sarà pure un caso-limite, d’accordo, ma di certo non è stata un caso.