Lo psicodramma dell’ambiente Napoli dopo Eindhoven, siamo al livello de “le stagioni non sono più quelle di una volta”
Colpisce che a lanciare la pietra più pericolosa nello stagno sia stato Conte con le sua parole allusive sullo spogliatoio. Stiamo ai 90 minuti, è quello il calcio

Napoli's Italian coach Antonio Conte reacts ahead of the start of the UEFA Champions League, league phase football match between PSV Eindhoven and Napoli at the Philips Stadium, in Eindhoven, on October 21, 2025. (Photo by NICOLAS TUCAT / AFP)
Lo psicodramma dell’ambiente Napoli dopo Eindhoven, siamo al livello delle stagioni non sono più quelle di una volta
DIMENTICARE EINDHOVEN
Certamente, è stata un brutta sconfitta.
Certamente, difficilmente la dimenticheremo.
Certamente, nessuno se l’aspettava di queste proporzioni.
Ciò premesso, a partire dal triplice fischio dell’arbitro che decretava la fine della partita, abbiamo assistito, sui social e sui media locali e nazionali, al tossico florilegio di analisi catastrofiche, di non richiesti consigli sul come uscire dalla crisi, di “io l’avevo detto”, di “siamo sull’orlo del baratro”.
Per non parlare poi delle perentorie richieste di aperture di processi indiziari per individuare e punire i responsabili.
Ma c’è di più.
A questo punto, e siamo a circa ventiquattro ore dopo l’evento funesto, si è aperta una vera e propria gara sulle proposte di ricette adatte a far guarire il Grande Ammalato: “è tutta colpa di una preparazione atletica sbagliata”, “è il 4-1 4-1 che non funziona”, “i cambi vengono fatti troppo tardi” e via prescrivendo.
Ricette che hanno la stessa valenza tecnica del dire: “La colpa è del riscaldamento globale” o “le stagioni non sono più quelle di una volta”.
L’unico risultato che questo profluvio di “guaritori” ha ottenuto è stato quello di minare completamente l’autostima di un gruppo che, già di suo, non si può dire abbia il morale alle stelle.
Un effetto collaterale secondario (ma non troppo) ottenuto dai maghi della pioggia nostrani, è stato quello di produrre, in una certa stampa della nostra penisola non proprio favorevole alle imprese del Napoli – pensiamo alle tonnellate di Maalox (rimedio suggerito da gran parte della tifoseria napoletana) che hanno dovuto ingurgitare solo in quest’ultima annata – un innalzamento repentino dell’enzima che regola il loro tasso di godimento, nel quale, giustamente, si stanno “azzuppando il pane”.
Ma la più pericolosa pietra che è stata lanciata nello stagno, e paradossalmente a lanciarla è stato, incautamente, proprio il nostro allenatore, si è concretizzata nell’introduzione, in uno già stralunato dibattito, di una paventata, e buttata lì quasi con nonchalance, tesi del complotto, dell’ammutinamento, dell’insubordinazione dello spogliatoio.
Ora, io, non frequentando gli spogliatoi, non sono in grado di sapere se ciò corrisponda ad una situazione reale o si tratti soltanto di un “ballon d’essai” lanciato da un allenatore in difficoltà, per uscire da una distopica conferenza stampa.
In ogni caso si tratta di una pietra lanciata in uno stagno malmostoso le cui onde circolari si espandono, capaci di generare effetti devastanti e sempre più incontrollabili.
Se poi questi annunci si riferissero a una situazione reale esistente nello spogliatoio, sarebbe il caso di non parlarne a microfoni e telecamere accesi.
Non abbiamo nessun bisogno, e non sarebbe nemmeno utile, piangere sul latte versato.
È una pratica consolatoria utilizzata da chi non conosce il gioco del calcio.
“Il calcio è ‘na brutta bestia”, diceva mio nonno.
E bisognerebbe che tutti riflettessimo sulle sue inafferrabili dinamiche, sulla volatilità delle sue piccole ma, poi, inutili certezze, sul fascino indiscusso della sua totale imprevedibilità.
Il gioco del calcio si sostanzia in un evento che dura novanta minuti.
Ciò che succede in quei novanta minuti dà vita a un “unicum” imprevedibile prima e irripetibile dopo.
Ed è in quell’ “unicum” che si invera la sostanza del gioco del calcio.
E sarà, sempre e comunque, un “unicum” meravigliosamente imprevedibile e irripetibile, anche la prossima partita.
Ed è proprio questo “unicum” che ci fa amare, soffrire e gioire per ventidue giovanotti che rincorrono un pallone su un prato verde per, più o meno, novanta minuti.
Avanti, quindi, ora che, a più di ventiquattro ore dall’evento funesto, abbiamo avuto tutto il tempo di elaborare il lutto.
Dimentichiamo Eindhoven.
Che poi, non sono neanche tanto sicuro che ci sia stata una partita martedì sera, e siamo sicuri che esista Eindhoven?
Avanti, dunque, verso la prossima. Senza paura, perché, in ogni caso, si tratta di tutta un’altra storia.