«Il mio Gigi Meroni, la sua gallina mi odiava. Kvaratskhelia me lo ricorda. Rocco aveva capito che non eravamo fratelli»
La Stampa intervista Kristiane Uderstadt il grande amore di Meroni. Ha donato un autoritratto al Museo del Torino: «Fabbri non lo fece giocare contro la Corea. Voleva che si tagliasse i capelli»

«Il mio Gigi Meroni, la sua gallina mi odiava. Kvaratskhelia me lo ricorda»
Bellissima intervista de La Stampa (a firma Francesco Manassero) a Kristiane Uderstadt il grande amore di Gigi Meroni. Lei ha donato l’autoritratto della mitica farfalla granata al Museo del Toro. Domani saranno 58 anni dalla sua tragica scomparsa.
Kristiane Uderstadt, il grande amore di Gigi Meroni, ha spiegato in una lettera toccante la donazione al Museo del Toro dell’autoritratto dell’iconico numero 7. Difficile separarsene?
«Sì, è il quadro cui tengo di più, ma l’ho fatto con il cuore. Nella casa del Toro ogni tifoso può andare a vederlo».
Domani sono 58 anni dalla scomparsa, cosa rimane?
«Mi porto dietro tutto. La mia vita è stata una sofferenza unica dopo quel giorno. Tutti gli anni faccio portare tre rose rosse al cimitero di Como, qualche volta vado anch’io, ma preferisco pensarlo in altro modo. È sempre con me».
Se la ricorda quella sera?
«Stavo tornando da una cena con Oreste Mattana, il camiciaio del Toro cui ho consegnato personalmente il quadro, grande amico, e sua moglie Lucia. Me lo sono trovato a terra per strada. Non erano sicuri fosse lui, si era tagliato un po’ barba e baffi: l’ho riconosciuto subito. Non so come abbia fatto il mio cuore a reggere».
Calciatore, compagno, artista, quale preferiva?
«Era uguale in campo come nella vita. Mi piaceva tutto di lui, anche la sua gallina, che però mi odiava».
Era un’Italia bigotta, non il massimo per una coppia come voi: lei sposata, lui anticonformista…
«La fortuna nostra è stata che tutti i giocatori ci hanno aiutato, compreso l’allenatore Rocco. In ritiro mi presentò come sua sorella. “Strano, siete così diversi”, disse Rocco che aveva capito tutto: a Torino ho passato gli anni più belli, specie in quella mansarda».
Cosa le diceva del Torino?
«Lo amava ed era amato, quando l’avevano venduto alla Juve scoppiò una rivoluzione in città e saltò tutto. Era felice lì, in quel gruppo».
Quando perdeva tornava a casa arrabbiato?
«Mai visto incavolato, neanche quando Fabbri, ct azzurro, non l’ha fatto giocare contro la Corea. Ricordo che voleva fargli tagliare i capelli, ma lui rispondeva che gli davano fastidio le forbici… Quando venne ad allenare il Toro un po’ l’ha fatto».
Oggi chi gli assomiglia?
«Kvaratskhelia mi ricorda un po’ il mio Luigi».