Hojlund come Gonzalo Higuaín (anche meglio). Il grande colpo finanziario e politico del Napoli

Ha 22 anni, è stato acquistato in tutta fretta come fanno i grandi club. Il Napoli per rimanere il Napoli, deve mettere a segno colpi così

Napoli Hojlund

As Napoli 05/10/2025 - campionato di calcio serie A / Napoli-Genoa / foto Antonello Sammarco/Image Sport nella foto: esultanza gol Rasmus Hojlund

Rasmus Hojlund come Gonzalo Higuaín (anzi, anche meglio)

Per capire quanto sia stato e quanto sia importante l’acquisto di Rasmus Hojlund, bisogna guardare alla storia recente del Napoli. Al fatto che, se circoscriviamo l’analisi all’era-De Laurentiis, scopriamo che la squadra azzurra non aveva mai comprato un attaccante da un top club europeo. Gli unici affari assimilabili all’acquisto di Hojlund, infatti, sono quelli relativi a Romelu Lukaku (arrivato dal Chelsea nell’estate 2024) e a Gonzalo Higuaín (preso dal Real Madrid nell’estate 2013). Il punto è che ci sono delle differenze abbastanza semplici da cogliere: Lukaku si è trasferito a Napoli a 31 anni compiuti, Higuaín andava invece per i 26. Entrambi, poi, venivano considerati come degli “scarti”, o comunque come dei giocatori sacrificabili, in virtù del fatto che i loro club avevano deciso di puntare su altri profili. Più giovani, più freschi.

Ecco, con il 22enne – basterebbe solo il dato puramente anagrafico – Hojlund le cose sono andate in modo molto diverso. Certo, è vero: oggi come oggi è difficile considerare il Manchester United come un top club. Ma è vero pure che i Red Devils hanno il blasone, la dimensione e la forza economica delle migliori squadre del mondo. E allora si può dire: stiamo parlando di un attaccante ancora molto giovane e che quindi non può essere considerato uno “scarto”, di un potenziale giocatore da top club che non ha saputo mantenere le promesse, va bene, ma che non è stato messo nelle condizioni di farlo. E che il Napoli ha preso in pochi giorni, non appena è arrivata la diagnosi dell’infortunio occorso a Lukaku. Come fanno le grandi squadre.

Ebbene: da un punto di vista finanziario e politico, tutte queste evidenze mettono Hojlund su un piano diverso rispetto agli altri affari fatti dal Napoli negli ultimi 15 anni. Anche rispetto a quello relativo a Gonzalo Higuaín. Che si dimostrò fortissimo, che di fatto rilanciò alla grande la sua carriera con la maglia azzurra addosso. Ma che, come dire, scelse Napoli in un’altra situazione. Era anche un altro calcio, decisamente meno stratificato rispetto a quello degli anni Venti.

Come si poteva migliorare il Napoli

Per condensare tutto in una frase: Hojlund è una tipologia di giocatore/colpo di mercato a cui il Napoli non si era mai avvicinato. È per questo, è soprattutto per questo, che in tutta Europa si parla con grande fervore del suo ritorno all’efficienza una volta lasciata la giungla-Man United, più o meno la stessa cosa accaduta a Scott McTominay e a tanti altri ex dei Red Devils, del fatto che la sua futura clausola rescissoria (85 milioni) sia già da considerare troppo bassa, delle sue doti fuori dal comune, di come Antonio Conte sia riuscito in pochissimo tempo a rimetterlo al centro della scena, non solo del Napoli ma del calcio internazionale.

Insomma, intorno al centravanti danese si percepisce un grande clamore mediatico. Certo, pesa il fatto che ha già segnato quattro gol tra campionato e (soprattutto) Champions League, così come pesa che Conte lo abbia trasformato subito nel centravanti titolare del Napoli. Ecco, quest’ultimo aspetto è davvero significativo. Perché, intanto facciamo un discorso primariamente tattico, Hojlund ha un profilo unico nella rosa azzurra. A differenza di Lukaku e anche di Lucca, infatti, parliamo di una prima punta di grande fisico ma anche molto mobile. Che allunga e allarga la difesa avversaria. Che sa attaccare la profondità, ma sa anche muoversi in tutta la trequarti offensiva. E che, come se tutto questo non bastasse, è abbastanza veloce da bruciare l’avversario diretto sullo scatto, sui 20 o 25 metri.

In questo video c’è davvero tutto quello che vi serve per capire Rasmus Hojlund

In poche parole: Hojlund ha ampliato il ventaglio di soluzioni a disposizione di Conte. E quindi ha migliorato il Napoli. Questo discorso era valido anche anche prima del suo impatto istantaneo, dei gol che ha già segnato: era ed è una questione di misure fisiche e di caratteristiche tecniche, di unicità assoluta individuata e acquistata in piena emergenza – difficile definire in altri termini la situazione del Napoli dopo il problema muscolare capitato a Lukaku. Poi sono arrivati anche dei riscontri immediati, per altro nel contesto di una squadra che si stava adattando a un’altra grande metamorfosi in atto: l’inserimento di Kevin De Bruyne.

Forse è un caso o forse no, ma si è subito creata una bella connessione tra il belga e Hojlund. Quasi come se i due nuovi arrivi più attesi – e quindi anche più “ingombranti” – volessero prendersi immediatamente la ribalta. Il fatto che Conte, a sua volta, abbia letto questi segnali e abbia disegnato il suo nuovo Napoli intorno a loro, beh, deve essere considerato come un atto molto potente. Oltre che una dimostrazione tangibile della bravura dell’allenatore azzurro, soprattutto a dispetto di come veniva raccontato e presentato fino a un anno fa – talebano del 3-5-2 era una delle formule più edulcorate.

Asset aziendali, aziendalismo e modelli vincenti

Proprio quest’ultimo aspetto ci riporta all’inizio di quest’analisi, ovvero al valore politico dell’acquisto di Hojlund. Il quale, molto semplicemente, è già un pezzo importantissimo del futuro del Napoli. In questa lettura ritornano il discorso sull’età e quello sul valore assoluto, ritorna quindi quell’evidenza per cui il centravanti danese sia stato un colpo sensazionale. Anzi, adesso i 50 milioni ipotecati dal club azzurro – sei milioni per il prestito annuale più il riscatto fissato a 44 milioni – sembrano addirittura pochi: l’intuizione di Conte (quella di mettere subito Hojlund) al centro dell’attacco e i gol segnati dal danese hanno trasformato l’operazione con il Man United in un capolavoro di calciomercato.

Di fatto, quindi, Conte ha (già, subito) lavorato nel modo che serviva al Napoli, manifestando – viene da dire – uno spirito profondamente aziendalista. E così Hojlund può – anzi: deve – essere già considerato come un preziosissimo asset aziendale, come l’erede dei vari Lavezzi, Cavani, Higuaín, Jorginho, Koulibaly, Kim Min-jae, Kvaratskhelia e Osimhen, ovvero i grandi talenti scovati, lanciati (o rilanciati) dal Napoli, le maxi-plusvalenze che hanno permesso al club azzurro di vincere due scudetti con il bilancio in ordine. Di prendere posto ai vertici del calcio italiano. Di ritagliarsi una presenza costante nell’élite europea.

Con questo, naturalmente, non intendiamo dire che Hojlund debba o comunque possa essere ceduto subito. A quanto pare, tra l’altro, la già citata clausola rescissoria da 85 milioni sarà valida solo a partire dall’estate 2027. Ma resta il fatto che, dopo un anno di pausa, il Napoli ha ricominciato ad attuare il suo modello vincente. Hojlund, per dirla brutalmente, ha cancellato gli affari in stile Lukaku e McTominay, ha riaperto la giostra azzurra del mercato (insieme ai vari Gutiérrez, Lucca, Marianucci, Beukema). E l’ha fatto in grande stile.

Il Napoli non ha alternative

È una cosa che non può piacere, e a molti infatti non piacerà: una previsione realistica per il Napoli, riguardo la permanenza di questo Hojlund, non può andare oltre le due o tre stagioni. Anzi, paradossalmente De Laurentiis e Manna e gli stessi tifosi azzurri devono sperare che vada in questo modo: significherebbe che il rendimento di Hojlund sarà stato all’altezza delle aspettative. Avrà rispettato le promesse fatte implicitamente in questo brillante avvio di stagione.

Un altro paradosso riguarda lo stop e la lunga assenza di Lukaku. Che devono essere considerati come le parti di un innesco, per ciò che è venuto dopo. Per l’esplosione fragorosa che stiamo vivendo in questi giorni. In pratica, e non c’è niente di male nel rilevarlo, un grave infortunio ha spinto il Napoli a imbastire quello che potrebbe rivelarsi  un affare gigantesco. Perché, come abbiamo già detto, l’arrivo di Hojlund ha espanso e ha completato l’organico a disposizione di Conte, sia a livello numerico che di varietà tecnica.

E poi perché questa storia porta in dote un monito molto significativo, valido sia per De Laurentiis che per Conte che per i tifosi del Napoli: il club azzurro non ha alternative, quantomeno dal punto di vista strategico e/o progettuale, al turn over continuo. Al riciclo dei giocatori. Alla loro valorizzazione tecnica propedeutica a quella sul mercato.

Conclusioni

In questo senso, la storia di Hojlund potrebbe avere un impatto clamoroso, nel senso che potrebbe fissare dei nuovi standard d’eccellenza. In fondo, a pensarci bene, rivitalizzare il talento e la carriera di giocatori come McTominay e Lukaku ha un significato diverso rispetto allo stesso processo fatto con dei calciatori più giovani. Non ancora conosciuti, o in cerca d’autore come Rasmus Hojlund.

Il Napoli può continuare e magari continuerà ad andare in entrambe le direzioni, e infatti lo scudetto dello scorso anno sta lì a dimostrare che esistono tante strade diverse, per vincere. Al tempo stesso, però, la costruzione del futuro passa da cose diverse. È solo mettendo a segno dei colpi alla Hojlund che la squadra azzurra potrà continuare a crescere davvero. Lo dice la storia, lo conferma il presente. Può piacere o meno, e a molti infatti non piacerà, ma da qui non si scappa.

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