Us Open, Bertolucci: «Sinner, niente drammi per la sconfitta in finale. Trump? Gestione demenziale»
A Fanpage: «Gli organizzatori sapevano di Trump e si sono fatti pizzicare impreparati. Ma come si fa? Immaginate la finale dei Mondiali che inizia dopo perché c’è il presidente che arriva…»

Spain's Carlos Alcaraz (R) and Italy's Jannik Sinner take a break during the men's singles final tennis match on day fifteen of the US Open tennis tournament at the USTA Billie Jean King National Tennis Center in New York City on September 7, 2025. (Photo by KENA BETANCUR / AFP)
La finale tra Sinner e Alcaraz, ma non solo: l’ex tennista Paolo Bertolucci – oggi opinionista e commentatore televisivo – ha analizzato le principali vicende dello Us Open 2025 facendo considerazioni molto interessanti. Vi proponiamo un estratto delle sue parole rilasciate ai microfoni di Fanpage.
Bertolucci, Sinner-Alcaraz e il tema Trump
Come noto, Alcaraz ha battuto Sinner col punteggio di 6-2, 3-6, 6-1, 6-4 palesando una netta superiorità tecnico-tattica. Un divario a cui Bertolucci ha dato un semplice spiegazione: «Se loro due giocano allo stesso livello, è un match assolutamente equilibrato. Se uno dei due è sotto anche un 5% del proprio standard, perde in 4 set. È successo a Wimbledon, è successo ieri. Niente di clamoroso. Uno ha giocato benissimo al top e l’altro non era al top. Lo sport è questo. Non c’è niente di drammatico. Se il numero uno perde contro il numero due del mondo, mi sembra che rientri nella logica».
Secondo il 74enne di Forte dei Marmi, dunque, non vi è alcun motivo per essere preoccupati anche se il murciano ha vinto 7 delle ultime 8 sfide. «Non c’è nessuna tragedia. Si vince, si perde. Ieri l’altro è stato più forte. Stop. Anche lui poteva dire a Wimbledon: ‘Se mettevo la prima, se lui non faceva ace di seconda…’. E stiamo qui una vita con i se e con i ma. Basta un 5% in meno e vai a casa, non è che ci voglia tanto. Se uno gioca al 100% e l’altro gioca già al 90%, vai a casa, c’è poco da fare. Alcaraz è stato perfetto, ma non è che gioca sempre così. Capiteranno delle giornate più o meno negative sia all’uno che all’altro. Il fatto è che con gli altri, in ogni caso, riesci a venirne fuori. Anche se giochi male, male che vada perdi un set, ma la partita la porti a casa. Quando si scontrano loro due, questo non è possibile. Paghi, e paghi dazio pesantemente».
Leggi anche: Alcaraz: «Non è vero che Sinner è prevedibile, ora cambierà e devo prepararmi»
Nel finale dell’intervista, Bertolucci si è soffermato anche su quali cosa gli sono piaciute di più e quali meno di questa edizione del torneo newyorkese: «La cosa che mi è piaciuta meno, in generale, è il tennis che continua a farsi del male da solo, perché abbiamo questo grosso problema: in pratica a parte il primo match delle 11 di mattina, per il resto non si sa mai a che ora si gioca. ‘Quando gioca Sinner? Ah, alle 6, però forse alle 7, poi dipende da quando finisce il match prima’. In più ci metti che le cose cambiano se piove o non piove e che fino alla sera prima praticamente io non so se e contro chi giocherà Sinner. Negli altri sport si sa mesi prima che alle ore 18 ci sarà quella partita di basket o di calcio. La presenza di Trump? Abbiamo già questi problemi qui e gli organizzatori, che sanno da una settimana che arriverà Trump, si fanno pizzicare assolutamente impreparati, costringendo una finale a disputarsi con 45 minuti di ritardo. Una roba demenziale. Ma come si fa? Quei giocatori devono stare lì ad aspettare, devono riequilibrarsi. Io capisco che i tennisti siano abituati a queste cose, ma cavolo, la finale di uno Slam no, è inaccettabile. Pensate: milioni di persone in tutto il mondo che stanno davanti alla televisione ad aspettare. Immaginate la finale dei Mondiali di calcio che inizia dopo perché c’è il presidente che arriva… La cosa che mi è piaciuta di più è che noi ci siamo sempre. L’Italia c’è. Una volta un doppio, una volta un singolare, un misto, due nei quarti di finale. L’Italia c’è, e quindi questa è la cosa più bella. Poi certo, se si vince è meglio. Ma ragazzi: nella ‘tragedia’ abbiamo il numero due del mondo. Io vorrei che in tutti i settori italiani avessimo il numero due del mondo».