San Gennaro non si è anticipato, aspetta domani, Politano ha provato a imitarlo finché è stato in campo

Ciò che conta non è il risultato di una sera, ma la forza mentale, la coesione, la dignità di chi sa di aver dato tutto.

San Gennaro

KONTROLAB - Monsignor Vincenzo De Gregorio holds a vial containing the blood of San Gennaro to celebrate the martyred Patron Saint of Naples as faithful wait to see if the saint’s dry blood liquifies in a so-called miracle that means the city will be protected, amid the coronavirus disease (COVID-19) outbreak. Monsignor Vincenzo De Gregorio tiene in mano una fiala contenente il sangue di San Gennaro per celebrare il santo patrono martire di Napoli mentre i fedeli aspettano di vedere se il sangue secco del santo si liquefa in un cosiddetto miracolo che significa che la città sarà protetta, in mezzo al coronavirus (Epidemia di covid19.

San Gennaro non si è anticipato, aspetta domani, Politano ha provato a imitarlo finché è stato in campo

Una partita durata venti minuti… venti minuti di tensione, speranza e battaglia. Fino al quindicesimo il Napoli sembrava pronto a fare male al City, a sorprendere gli avversari con coraggio e velocità. Beukema si ferma sulle dita di Donnarumma; San Gennaro non si è anticipato, aspetta domani, e Matteo ha provato a imitarlo finché è stato in campo. In quei momenti, la partita sembrava sospesa, un equilibrio delicato, fragile, possibile.

Nessuno può trarre sentenze da questa partita, nessuno. Prima o poi l’avresti persa, giocando in casa del City senza il tuo capitano. Dura per tutti, dura davvero. Eppure il Napoli non si è lasciato travolgere: hanno dovuto tirar fuori dalle mani dei fuoriclasse ogni possibile giocata per piegarli. Foden serve Haaland; Doku avanza da solo: i campioni vincono, sì, ma non distruggono. Anzi, il Napoli resiste.

Fuori Kevin, nel suo regno, la logica della tattica si scontra con lo spirito delle leggende. Conte è logos, struttura, ordine; Rasmus, isolato nella morsa dei giaguari, lotta con tutto ciò che ha. Sessanta minuti di forza, potenza e organizzazione, sessanta minuti di squadra che conosce i propri limiti e li supera con attributi e intelligenza. Trascinata dal solito Politano, che si arrende solo alla sostituzione perché ammonito, la squadra mostra coraggio e visione.

La direzione casuale dell’arbitro tedesco non regala serenità: un solo fallo fischiato a favore del Napoli all’ottantesimo. Non è stata la partita delle recriminazioni, anzi: è stata quella della consapevolezza. Quarantacinque minuti aggrappati a Vanja, che vola oltre i pregiudizi, che da solo pesca il centravanti abbandonato, che dimostra che l’anima conta più del noioso cuore tecnico.

Questa squadra è forte nella testa: va sottolineato, va riconosciuto. E invece, come spesso accade, cominciano le trasmissioni di statistiche, le storie dei parenti dei calciatori, i tentativi strambi di scorgere “cambiamenti tattici” come se il destino di un popolo fosse scritto nella disposizione dei centrocampisti. La telecronaca assume un tono da messa di Pasqua: parole solenni, gesti larghi, occhi pieni di riverenza per un dettaglio che dura mezzo secondo.

Entrano Neres, Elmas e Gilmour, ma il Napoli supera la metà campo solo con lo sguardo, con l’intenzione. Si guarda lontano, senza rischiare di prendere goleade, pronti a prendersi il giusto schiaffo salutare che non inficia il cammino, che non spegne la fiducia. Perché ciò che conta non è il risultato di una sera, ma la forza mentale, la coesione, la dignità di chi sa di aver dato tutto.

Correlate