La mamma di Furlani: «Prima di entrare in pedana gli ho detto “devi essere un killer”, una madre non lo direbbe mai»
Al Corsera: «Da piccolo non voleva il pannolino di notte: si alzava e andava in bagno da solo. Oggi vive in un appartamento sotto il nostro. Sale per mangiare e per la lavatrice»

Italy's Mattia Furlani competes in the men's long jump qualification of the athletics event at the Paris 2024 Olympic Games at Stade de France in Saint-Denis, north of Paris, on August 4, 2024. (Photo by Andrej ISAKOVIC / AFP)
Khaty e Mattia Furlani. Come togliersi di dosso la maschera di mamma e figlio ed indossare quello di allenatore e atleta. Spesso la durezza del campo non la si sopporta anche a casa e viceversa. Tra i segreti del nuovo campione del mondo la mamma allenatrice che parla al Corriere della Sera
La ascolta anche nella vita di tutti i giorni?
«Ammetto di essere fortunata: ho tre figli ubbidienti. Quando mi dicono che sono belli ed educati, rispondo: grazie, lo so già. È vedere quanto sono legati tra di loro il mio vero orgoglio».
Quando Mattia si è strappato il pettorale, però, l’ha sgridato.
«Perché rischiava l’ammonizione del giudice!».
Da dove arriva Furlani oro mondiale?
«Da lontano. Eravamo al Golden Gala, guardavamo saltare Barshim. Mattia mi guarda e fa, serissimo: voglio diventare un atleta. Aveva 5 anni. Torno a casa e dico a mio marito: Marcello, ci serve un progetto importante per questo bambino. Avevamo già l’esperienza di Erika, saltatrice, e Luca, che ha giocato a pallone. Mattia ha cominciato col basket: ho pensato potesse aiutarlo a livello coordinativo. Amava saltare in alto, la sabbia del lungo gli faceva schifo. Nel 2022 l’ho portato agli Europei Under 18 a Gerusalemme: ha vinto il lungo con 8,04 e l’alto con 2,16. A quel punto, non c’è stato più bisogno di scegliere. È l’atletica che sceglie te, non viceversa».
Quando si è accorta di aver tra le mani un capitale umano?
«Guardi, solo quest’anno ho cominciato ad allenarlo da professionista, cambiandogli la rincorsa. Ai Giochi di Parigi era a 16 passi, qui al Mondiale a 18, più il pre-avvio. Non cambieremo più. All’olimpiade, rispetto a Tokyo, ha saltato da dilettante: tutto istinto. Ma siamo già proiettati sul quadriennio che porta a Los Angeles 2028».
Le ultime parole prima di entrare in pedana?
«Devi essere un killer. Una frase che una madre non direbbe mai, però in quel momento ero la sua coach. Sapevo che sarebbe andata bene: la vigilia della finale l’abbiamo trascorsa insieme, non si è mai lamentato nemmeno di un dolorino. Ho pensato: vince».
Da piccolo, Mattia Furlani com’era?
«Pieno di foga: ha sempre voluto tutto e subito. Ma anche indipendente: l’ho allattato fino a 15 mesi, poi è passato al bicchiere, non ha mai preso il biberon. Non voleva il pannolino di notte: si alzava e andava in bagno da solo. Oggi vive in un appartamento sotto il nostro, a Rieti. Sale per mangiare e per la lavatrice, è giusto che abbia la sua privacy».
È un predestinato?
«Senza dubbio. Nemmeno io ho idea del suo potenziale».