Sinner e il malessere a Cincinnati, il parere dell’esperto: «Il fisico non ha retto allo stress»

Lo specialista Valter Durigon a Repubblica: «Dobbiamo interrogarci sulla struttura, della macchina. L’atleta è importante costruirlo dentro, negli anni, con una struttura solida, ma non rigida, per assimilare le pressioni»

Sinner

Italy’s Jannik Sinner hits a return to Spain’s Carlos Alcaraz during the men’s singles final at the China Open tennis tournament in Beijing on October 2, 2024. (Photo by GREG BAKER / AFP)

Come confermato da Darren Cahill, è stato un virus a mettere k.o Jannik Sinner nel giorno della finale del Masters 1000 di Cincinnati. L’azzurro avrebbe dovuto contendersi il titolo con Carlos Alcaraz, ma – di fatto – la partita non ha avuto storia: il numero uno al mondo si è ritirato dopo appena 23 minuto sotto 0-5 nel punteggio. Nelle interviste post-gara ha dichiarato: «Mi dispiace tanto tanto di deludervi ma da ieri non mi sentivo bene, speravo di migliorare nel corso della notte e invece sono peggiorato. Mi dispiace tanto, molti di voi lunedì devono lavorare o fare qualcos’altro. Carlos, congratulazioni, non è il modo in cui avresti voluto vincere. È stato uno dei tornei più caldi che abbia mai giocato. Grazie per il sostegno».

Un malessere, quello accusato dal giovane altoatesino, che probabilmente ha molto a che fare con lo stress e la stanchezza a cui devono far fronte i tennisti di oggi. Questi ultimi, in maniera inevitabile, finiscono per pagare sulla loro pelle gli sforzi di un calendario assurdo e di tornei giocati in condizioni climatiche estreme. Sull’argomento si è soffermato Valter Durigon, docente alla Scuola dello Sport, ai microfoni di Repubblica.

Sinner e il malessere a Cincinnati: il parere dell’esperto

«L’importante è che Sinner stia meglio. Gli Us Open vengono dopo. La salute, prima di tutto: la prestazione è una conseguenza», ha esordito lo specialista. Poi ci ha tenuto a sottolineare: «Un caso che riapre la discussione sul concetto di atleta forte: per esserlo basta vantare parametri funzionali e fisiologici fuori dal comune? O bisogna saper anche assorbire le sollecitazioni degli allenamenti senza riportare danni?».

Durigon ha continuato la sua analisi dicendo: «Anche in un’auto di F1 c’è un margine di rischio, se spingi al massimo. Nel tennis devi esprimere potenza, qualità e resistenza. Dobbiamo interrogarci sulla struttura, della macchina. Chiederci se è in grado di assorbire tutte quelle sollecitazioni. Visto che il tempo a disposizione non è mai abbastanza, nella preparazione mi chiedo sempre: lavoro per mantenere i punti forti, o mi dedico ai punti deboli rischiando di creare squilibri? L’atleta è importante costruirlo dentro, negli anni, con una struttura solida, ma non rigida, per assimilare le pressioni che arrivano soprattutto dagli allenamenti. Ogni colpo che Jannik tira, viene accumulato dal suo corpo».

Come dicevamo, oggigiorno il calendario è diventato fittissimo di impegni: la maggior parte dei Masters 1000 durano 12 giorni, e a Cincinnati si è giocato sotto un sole cocente. «La federazione internazionale di volley ha imposto un periodo di stop tra i tornei, il rugby sta studiando un progetto simile. Gli atleti devono riposare. È nell’interesse dello stesso sistema», sottolinea Durigon. Che in quanto alla natura del malessere di Jannik è convinto che «il fisico non abbia retto allo stress». Infine, ha concluso con una considerazione in vista dello Us Open: «La salute prima della prestazione, del recupero-record: dico no alla crioterapia (funziona solo in alcune discipline). Credo nel riposo. Jannik lavora con grandi professionisti: sanno cosa fare».

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