Il pretenzioso progetto del Napoli di Conte (che ha accettato una sfida molto rischiosa)
Una solida campagna acquisti. Rosa molto più profonda. Ma in campo si va in undici ed è sugli undici che si giudica la forza di una squadra e va trovato l’equilibrio (e lui lo sta cercando). L’utopia della squadra intercambiabile

Ci ha colpito una risposta che Antonio Conte ha dato nell’unica conferenza stampa fin qui tenuta. È stato quando più o meno ha detto: “Chi chiede di titolari e riserve, non ha compreso il progetto del Napoli di quest’anno”. E siamo balzati dalla sedia. Perché molto probabilmente nasconde un vero e proprio progetto. Non si tratta solo di un espediente retorico per evitare la domanda che un po’ tutti si pongono: “ma a Sassuolo, prima giornata di campionato, chi resta fuori a centrocampo?”. Tema che sembra banale e che invece potrebbe riassumere l’intera stagione del Napoli. E anche portare a stravolgimenti tattici in corsa.
Facciamo un piccolo passo indietro. A Napoli si respira un clima di grande eccitazione. Grandissima. Lo scudetto – il quinto – è dato per acquisito. Il dibattito è su dove gli azzurri possano arrivare in Champions. C’è chi si informa e magari blocca i voli per Budapest il 30 maggio 2026. E la domanda è: perché c’è questo entusiasmo irrefrenabile? Da dove nasce, al di là dell’arrivo di Kevin De Bruyne? Il belga è stato un colpo da maestro del mercato, ascrivibile interamente al direttore sportivo Manna e portato a segno quando la permanenza di Conte a Napoli non era nemmeno presa in considerazione. Perché oggi impera il revisionismo storico ma i fatti non vanno dimenticati. Nel calcio, come in politica, il vuoto non esiste. E tutto prima o poi torna. Oggi Napoli viene raccontata come il luogo dell’idillio tra Conte, De Laurentiis e la città. Noi vorremmo sommessamente ricordare che se Pedro avesse sbagliato quel rigore, il tecnico sarebbe stato massacrato, gli sarebbe stato difficile rientrare in città da Parma e che lui e il presidente lo scorso anno si sono ignorati per mesi. I cinguettii con la Juve si sono infranti sui conti in profondo rosso di casa Elkann (basta guardare il mercato bianconero) e si è intelligentemente passati alla conferma di un matrimonio di interessi. Che sono sempre i migliori: patti chiari, amicizia lunga. Conte ha incassato l’aumento (meritato sul campo) e una serie di promesse (va detto, quasi tutte rispettate).
E così, oltre a De Bruyne, sono arrivati i rinforzi chiesti dal tecnico. Non proprio tutti ma quasi tutti. Non ci è parso casuale che l’altro giorno il direttore del Corriere dello Sport Ivan Zazzaroni abbia scritto di promesse rispettate al 75%. Scometteremmo che la cifra non se la sia inventata. In più, i giocatori sono arrivati nei tempi voluti dall’allenatore.
Ora, però, passiamo a una domanda che si lega alla prima: quanti dei nuovi arrivati possono essere considerati titolari, come nella arcaica accezione del termine? Perché la panchina lunga è importante, non c’è dubbio, ma in campo vanno undici calciatori. Anche al tempo delle cinque sostituzioni. E l’equilibrio si trova al massimo su 13-14 elementi (e ci stiamo tenendo larghi). È sempre stato così, da quando esiste il calcio. Qualcuno conosce chi faceva panchina a centrocampo nel Real Madrid di Modric-Casemiro-Kroos? O nel Barcellona di Iniesta-Xavi-Busquets? Potremmo fare millemila esempi. Le squadre intercambiabili sono progetti affascinanti e al tempo stesso operazioni complesse e delicate. A memoria, ci provò Arrigo Sacchi all’Europeo del 96 e per carità di patria evitiamo di ricordare come andò a finire.
Negli undici, il Napoli è sostanzialmente lo stesso dello scorso anno. Con una novità non da poco: Kevin De Bruyne. Un fuoriclasse assoluto che il Napoli ha preso a 34 anni. «Un fuoriclasse con una certa anagraficità», disse De Laurentiis che è schietto pure quando parla con l’aldilà. Ma ricordiamo che a 34 anni Benzema giocò la sua stagione da Pallone d’Oro. E poiché Modric ne ha quaranta, lui è un ragazzino. Per venire a Napoli, De Bruyne si è più che dimezzato lo stipendio. È stato un gran colpo. È inutile dilungarsi. Un colpo enorme. Per il resto, sarà il campo a dire se Lucca sia più forte di Lukaku, se Beukema lo sia di Rrahmani o di Buongiorno e via dicendo, portiere compreso. Miretti ad esempio è diverso, verrebbe da panchinaro e sarebbe un ottimo colpo. Si gioca in undici e l’equilibrio va trovato sugli undici CON De Bruyne. Avendo bene a mente che lo scorso anno fondamentali furono gli inserimenti e i gol di Anguissa e soprattutto di McTominay (ne segnò dodici) calciatore decisivo per la conquista dello scudetto. Il Napoli aveva una sua struttura e aveva trovato il proprio baricentro.
Questo è il punto. Anzi i due punti.
Il primo è che il Napoli ha stravolto la panchina, l’ha migliorata del trecento per cento. Forse anche di più. Ha una profondità da club europeo, solido. Aggiungiamo però un dettaglio non del tutto irrilevante. Una cosa è lasciare fuori prestiti come Billing e Okafor, calciatori a tempo, e un’altra è far accomodare in panchina nomi e cognomi che a bilancio rappresentano costi da trenta milioni. È un altro sport. E Conte sa benissimo quanto il presidente sia giustamente sensibile ai costi inutili.
Il secondo punto è un altro e concerne gli undici. E per gli undici il discorso è aperto. Va trovata la formula di gioco. Come stare in campo. Non sarà sempre allo stesso modo. Conte lo ha dimostrato lo scorso anno. Scopriamo l’acqua calda scrivendo che il Napoli ha vinto il campionato grazie a lui, alla sua tenacia, alla sua resilienza. Ma anche alla sua duttilità. Alla sua capacità di estrarre il meglio da quella squadra. Ha estratto 82 punti. Chi avrebbe potuto farne di più, non li ha fatti. E ha perso. Lo sport è così.
Adesso Conte sta cercando un’altra fisionomia, o altre fisionomie da far assumere al suo Napoli. Le squadre hanno bisogno di equilibri, di baricentri. Sennò non funzionano. L’intercambiabilità, ci scuserà Conte, è roba da dottor Frankenstein. È un’operazione audace, molto pretenziosa, che comporta non pochi rischi. E secondo noi, poiché l’uomo è sveglio, intelligente oltre che bravissimo, sta provando gli abiti per capire quale possa essere la forma del nuovo Napoli. O le forme del nuovo Napoli. Lui sa anche che questa è una squadra che dopo una grande vittoria, si è assopita. Così come sa che lo scorso anno ha over-performato. Queste riflessioni prescindono totalmente dagli inutili risultati delle amichevoli. Magari le perdessimo tutte. Servirebbe a placare questo entusiasmo che non ha ragion d’essere. È un altro Napoli rispetto allo scorso anno. Che deve trovare un nuovo bilanciamento. Un nuovo sincronismo. Se Conte lo troverà, allora il Napoli potrà dirsi compiutamente e per distacco più forte dello scorso anno. Molto più forte. Significherà che il corpo squadra avrà assimilato (proprio nel senso alimentare) gli sforzi economici sostenuti dalla società. Altrimenti… Altrimenti si continuerà a cercarlo. E in questi tentativi, tornando alla domanda sulla formazione di Sassuolo, non è affatto detto che si proceda come nell’idea di partenza. Le squadre trovano i loro equilibri in mille modi, per approssimazioni successive, anche casualmente. Tanto, se le cose dovessero andare bene, nessuno lo saprà. La narrazione corre sempre in soccorso del vincitore. Qualcuno ricorda che Mertens falso nueve fu l’ultimo disperato tentativo del Comandante dopo la partenza di Higuain, l’infortunio di Milik e l’espulsione a Crotone di Gabbiadini?
Vorremmo però qui ricordare che il progetto del Napoli è molto ambizioso. È una sfida affascinante che un grande allenatore sente di voler vivere e raccogliere per dimostrare – per l’ennesima volta – che lui è molto di più rispetto alla narrazione che lo avvolge. Ci sembra doveroso affermare che non sarà una passeggiata di salute.