Le nuove mani sulla città sono a Milano, non più a Napoli. E l’affare San Siro ne è l’emblema
Da un lato l'inchiesta della Procura sull'urbanistica, dall'altro la sentenza del Tar pro-ruspe a San Siro. Due facce della stessa medaglia: Milano sempre più vicina a Dubai e lontana dai casciavit

Db Milano 14/02/2021 - stadio San Siro / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: murales Romelu Lukaku-Zlatan Ibrahimovic
Le nuove mani sulla città sono a Milano, non più a Napoli. E l’affare San Siro ne è l’emblema
Dallo stadio di San Siro a City Life. Le mani sulla città, non Napoli ma Milano. I palazzinari non ci sono – o meglio c’erano – solo a Roma. Anzi, da qualche anno si stanno divorando la Capitale Morale d’Italia.
Siamo nel cuore del Nord che tira il resto del paese. Una Milano che in preda a una furia edilizia ha cambiato non solo la sua “sky line”, ma soprattutto stravolto il suo tessuto sociale, mutato il suo stesso dna, estromesso le classi popolari e borghesi, spalancato le braccia solo alla finanza e all’alta impresa. Insomma stiamo assistendo alla ristrutturazione di Milano, da vecchia casa di ringhiera in una specie di Dubai frequentabile solo da miliardari nel bel mezzo della Lombardia.
L’unica Milano possibile è esclusivamente quella del business e tutto il resto sarà, anzi già lo è, emarginato. La cintura periferica impiegatizia, travet e operai, una massa di plebe indistinta che si muove esclusivamente al servizio di fondi immobiliari, industriali, finanzieri, costruttori, speculatori, affaristi, senza alcuna finalità sociale se non quella di compiacere a ricchi e sempre più ricchi.
E poi quartieri abbandonati a loro stessi, piazze di spaccio controllate dalla malavita. In una Milano così con prezzi al metro quadro e caro affitti alle stelle, un impiegato che guadagna 1700 euro al mese, per non parlare del dramma autentico di uno studente universitario, dove va e come fa a vivere?
L’inchiesta sull’urbanistica di Milano, la richiesta di arresto per sei persone, fra cui l’immobiliarista Manfredi Catella, l’assessore all’urbanistica di Milano Giancarlo Tancredi, e fra le decine di indagati lo stesso sindaco Giuseppe Sala (false dichiarazioni e induzione indebita a dare o promettere utilità) e l’archistar Stefano Boeri, ovviamente irrompe in questo mondo di frenetiche colate di cemento e di grattacieli che spuntano come funghi. Il Miracolo a Milano diventa insomma il Sistema Milano, e dunque grattacieli costruiti con un’autocertificazione, edifici venuti su come se si stesse ristrutturando capannoni, aliquote di favore per i costruttori stessi.
Nello stesso giorno in cui il bubbone dell’urbanistica milanese scoppia con una clamorosa inchiesta giudiziaria che investe in pieno il Comune di Milano e la Giunta del Sindaco Sala e la parola “corruzione” fa la sua comparsa all’interno di questa giungla edilizia fuori controllo, si assiste all’esultanza per la sentenza del Tar che boccia il ricorso del comitato “Sì San Siro” in quanto non ancora trascorsi i 70 anni affinché scatti il vincolo della Sovrintendenza sulla costruzione del secondo anello dello stadio Meazza.
Perché il vincolo non scatti, tutta l’operazione di Inter e Milan per l’acquisizione dello stadio e di tutta l’area intorno in cambio di 197 milioni (cifra stabilita dall’Agenzia dell’Entrate ma ritenuta unanimemente un affarone per non dire un favorone) dovrà concludersi entro il 10 novembre.
Insomma giocando sul quel po’ di tempo che è rimasto si decide il destino di un monumento della città. Se si fa in tempo a fare tutto entro il giorno prima San Siro non è un monumento da salvare e può andar giù al 75% per costruirci intorno la qualunque (un nuovo stadio, edifici etc). Se non si fa in tempo, purtroppo per gli speculatori, San Siro diventa un monumento e Inter e Milan, o meglio i fondi americani che le governano, s’attaccheranno, dovranno tenersi San Siro e inventarsi qualcosa di diverso. Magari andare a costruire altri stadi altrove.
Ma facciamocela anche, a questo punto, la domanda delle domande sul nuovo stadio di Milano se e quando verrà o verranno (e se fossero due?) costruiti. Per chi sarà questo nuovo stadio? Per i tifosi comuni, per operai e impiegati, per i “bauscia” e “casciavit” con figli al seguito, si spera, che tifano Inter e Milan? Oppure sarà un trionfo di palchi e di box, di poltrone extralusso a biglietti carissimi, spazi interamente offerti dalle aziende di marketing, che nessuno si potrà permettere se non gli stessi manager della suddetta city milanese? Voglio dire se Milano è ormai questa perché anche il suo stadio dovrebbe avere un dna diverso? Anche il tifo insomma è destinato a diventare un bene extralusso.
La sentenza del Tar pro ruspe su San Siro è stata accolta dagli ambienti milanesi quelli giusti e che contano, comunicazione e non, trionfalmente, come se nulla fosse. Come se lo stadio si trovasse dentro una bolla a parte.
Ora che in questo enorme casino, su un affare così controverso e sensibile per la città, con la Giunta Sala che ha preso questa mazzata, con le opposizioni che sono scatenate all’attacco del sindaco e ne chiedono le dimissioni, si riesca a chiudere in tempo l’enorme business, pare oggettivamente difficile. In un primo tempo si parlava addirittura del 31 luglio, che è addirittura letteralmente impossibile nella situazione di oggi.
Ma contrariamente a quanto si legge e si dice, ignorando la realtà dello scandalo che ha investito l’intera urbanistica milanese, San Siro sta ancora lì bello in piedi. E si spera vivamente che a novembre, scavallando il fatidico giorno 10, la divina provvidenza finalmente lo salvi dalla voracità degli squali della finanza meneghina per affidarlo a un rispettoso e sano maquillage che ne rispetti l’austerità e il suo indubbio appartenere alla storia di questo paese.