La Figc gioca col fuoco introducendo il “challenge video” in nome di una giustizia tecnologica illusoria (So Foot)
In Serie C e nella A femminile. Siamo alla santa inquisizione della telecamera. Non metterà fine alle controversie, così come non ci è riuscito il Var

Italian referee Maurizio Mariani checks the checks the Video Assistant Referee (VAR) prior to grant a penalty to Napoli during the Italian Serie A football match between AC Milan and Napoli on September 18, 2022 at the San Siro stadium in Milan. (Photo by MIGUEL MEDINA / AFP)
Un cambiamento silenzioso ma potenzialmente rivoluzionario è alle porte dell’arbitraggio calcistico europeo. La Figc ha annunciato l’introduzione del sistema di “challenge video”, una sorta di Var a basso costo, destinato alla Serie C maschile e alla Serie A femminile. Un esperimento che, se approvato da Ifab e Fifa, potrebbe aprire la strada a una nuova era del controllo tecnologico nel calcio. Anche la Spagna valuta l’ipotesi di seguirne l’esempio.
So Foot ne parla così: “Senza entrare nei dettagli tecnici di questo arbitraggio video ‘economico’, pensato per quella che sembra una santa inquisizione della telecamera, il principio non è affatto banale: l’arbitro potrà usarlo due volte per partita, ma, soprattutto, gli allenatori avranno lo stesso diritto, e anche di più: se la richiesta è fondata, il numero di tentativi (jolly) non verrà diminuito.”
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Figc, via libera alla “challenge video”: modernità o illusione tecnologica?
Come riportato da So Foot, Gabriele Gravina ha giustificato l’introduzione della “challenge video” con la “volontà di rendere il calcio sempre più moderno e attraente per un pubblico più ampio”, seguendo l’esempio di sport come tennis, pallavolo e Nba, pur a costo di sacrificare la specificità culturale del calcio in nome della modernità economica.
“Non facciamoci illusioni: l’introduzione del Var rappresentava già questo tipo di evoluzione. Ma portava con sé le sue contraddizioni. Lontano dal risolvere le polemiche o alleggerire il peso degli arbitri, o dal costruire una barriera “scientifica” contro l’errore umano, ha solo amplificato in modo esponenziale la naturale tendenza a contestare da parte di giocatori e allenatori. L’introduzione del challenge appare quindi una toppa per mascherare questo fallimento e provare a placare la rabbia che ancora esplode in panchina, offrendo ai frustrati un modo per appellarsi direttamente alla giustizia tecnologica.”
Agli occhi di So Foot, e non solo, il nuovo sistema solleva dubbi profondi sulla sua reale efficacia nel risolvere le polemiche arbitrali: “Chi conosce davvero il calcio dubita che questo sistema metta fine alle controversie (non più di quanto possano farlo i microfoni attaccati agli arbitri). Il problema resta: tutti vogliono l’applicazione rigida delle regole contro l’avversario, e indulgenza verso i propri compagni. Il calcio conserva quindi il suo ‘habitus’ culturale, o la sua malafede, a seconda del punto di vista – sociologico o letterario. Come diceva Georges Clemenceau: «Tutti possono sbagliare e dare la colpa agli altri: è fare politica», perfetta sintesi del paradosso eterno dell’arbitraggio calcistico.
Se, come probabile, il sistema sarà infine generalizzato, in linea con l’americanizzazione del calcio, dovremo abituarci a scene come Xabi Alonso che urla contro l’arbitro per aver perso un challenge, o perché ne servirebbero tre, ennesima ‘prova’ del complotto contro la Casa Bianca…”