Ceccon: «Sinner a Wimbledon ha vinto 3,5 milioni. Noi nuotatori, se va bene, prendiamo 15.000 euro»
A "D" di Repubblica: "Ho staccato per 4 mesi in Australia, ho fatto surf all'alba. In Italia l’aria è cupa e pesante, capisco chi a 18 anni fugge via in cerca di spensieratezza"

Italy's Thomas Ceccon celebrates after winning the final of the men's 100m backstroke swimming event during the Paris 2024 Olympic Games at the Paris La Defense Arena in Nanterre, west of Paris, on July 29, 2024. (Photo by Oli SCARFF / AFP)
Thomas Ceccon se n’è andato per qualche mese in Australia, da solo, come uno qualunque. Come se non fosse a 24 anni l’unico primatista mondiale dell’Italia del nuoto. Ha vinto l’oro a Parigi nei 100 dorso, finendo sui giornali quasi più per essere finito a dormire per terra, un un prato, perché in stanza faceva troppo caldo. S’è stufato e per quattro mesi ha fatto il fuorisede.
“Mi chiamano ancora così per via di quella foto nel villaggio olimpico che ha fatto il giro del mondo – dice intervistato da Emanuela Audisio per “D”, il magazine di Repubblica – Io sdraiato su un fianco accanto alla panchina, all’aria aperta. Mi ero svegliato all’alba, alle sei, ero stanco e arrabbiato perché la staffetta era andata male, volevo isolarmi e riposarmi. Quindici minuti di sonno e un oro olimpico. Chiedo: ‘Voi cosa volete ricordare di me? La medaglia o la panchina?’. E poi la principessa a svegliarmi con il bacio non c’era, sono ancora single. Quanto al bello e al sex symbol andiamoci piano, se di una atleta si sottolinea il lato fisico arriva la critica di maschilismo, io vorrei parità di trattamento. Anche io sono mio”.
Sempre parlato a ruota libera, Ceccon. E infatti fa un paragone che ovviamente regala il titolo all’intervista: la parola chiave Seo è sempre Sinner. “Sono diventato un grande fan di Sinner anche perché ogni suo incontro è ben segnalato. Il tennis è uno sport seguitissimo, dagli sponsor e dalla tv. È quasi a ciclo continuo, resta per ore e per giorni sul piccolo schermo. Perdi un match? Puoi rifarti la settimana dopo. Chi vince Wimbledon guadagna 3 milioni e mezzo di euro, meritatissimi, per carità, ma non c’è confronto con una gara di nuoto dove se ti va bene prendi 15mila dollari. E dove magari ti confondono con un altro. Siamo squali, ma restiamo pesci piccoli”.
E quindi racconta l’Australia: “Avevo bisogno di fuggire, ma è stato uno sbalzo emotivo enorme. Per la prima volta sono andato via da solo, alloggiavo presso una signora e mi cucinavo. Nulla di speciale, molte proteine e tanto tonno in scatola. Ho mangiato e bruciato di più. E spesso ho anche ordinato fuori le cene, perché ero stremato dalla fatica. Mi sono adeguato al gruppo di Dean Boxall con cui lavoravo. Lui è un allenatore molto famoso, eravamo circa 18 persone. Sveglia alle 5.30, niente riposo pomeridiano, io alla siesta ero abituato, palestra tre volte a settimana, molti chilometri in acqua. Ero stanchissimo, soprattutto all’inizio, alla sera crollavo, alle 22 a nanna. Proprio io che sono insonne, che vado a letto alle sei di mattina, che litigavo con la notte. Lì invece cadevo fulminato. L’Australia mi ha aiutato a svuotarmi la testa, è un’esperienza che consiglio. Ho imparato ad aprimi con le persone, a chiedere: come va, come stai? A interessarmi un po’ agli altri, al significato delle cose, a guardarmi attorno. Anche perché il mio inglese è migliorato e due parole in più potevo dirle”.
“Nei weekend sono andato a surfare all’alba, non avevo l’auto, mi sono mosso in treno, ho dato valore alle cose semplici, vedere il sorgere del sole, godersi quel momento. E alla fine sulla tavola non me la sono cavata male. Sempre acqua è”.
“La cultura anglosassone è così, forse formale e superficiale, ma da noi è troppo l’opposto, nessuno ti saluta o ti ringrazia, ognuno per la sua strada, tutto è dato per scontato. In Italia l’aria è cupa e pesante, capisco chi a 18 anni fugge via in cerca di spensieratezza. Quell’entusiasmo per la vita mi è piaciuto, lo dico da introverso che ha abbassato le difese”. “Appena rientrato sono ripiombato nella solita atmosfera, maleducata direi”.
Si racconta un po’: “Resto un appassionato di serie tv. Mma, arti marziali miste, boxe, tutti gli sport dove la rabbia brucia, esplode. Ho ammirato la combattività di Rafael Nadal. Mi piace chi si riscatta, chi risale da uno svantaggio, chi ribalta la vita. Mi hanno buttato in acqua a tre anni e lì sono rimasto. Mai fatto niente oltre al nuoto. I weekend della mia gioventù li ho passati sul divano a riposarmi. Avrei potuto uscire, nessuno me lo impediva, ma sul divano stavo bene, nessuna vergogna. Non sono uno sdraiato, ho fatto sacrifici, non solo io, anche i miei. Vengo da una famiglia normale, mio padre Loris è infermiere, per me ha fatto i doppi turni al lavoro. Ho un fratello più grande, Efrem, oggi anche lui infermiere, sono entrato in piscina per imitarlo, nuotava anche lui”.