Poesia per l’operaio morto a Poggiomarino

È un ramoscello spezzato, un albero senza radici, la carne che si sfalda tra i silenzi del potere.

Poesia

An Milano 24/01/2011 - cantiere Porta Vittoria / foto Andrea Ninni/Image nella foto: cantiere operai al lavoro sicurezza casco

Un soffio spezzato

Tre metri d’aria,
un soffio di cielo spezzato,
un filo invisibile che si tende,
poi si rompe, come un cuore stanco.

L’operaio, un’ombra di fatica,
scultura di sudore e speranze,
cammina sul bordo della vita,
sospeso tra il peso e la caduta.

Come miofibrille di cuori paralleli,
camminano vicini senza mai sfiorarsi,
ogni battito un viaggio isolato,
due destini in corsa, mai intrecciati.

Ma il dolore fonde,
accende una fiamma silente,
e le fibre del lutto si uniscono,
mettendo in comune le disgrazie,
creando un’unica catena di sangue.

Il suolo lo reclama,
terra che non perdona,
morsa d’acciaio senza volto,
dove le ossa diventano eco.

È un ramoscello spezzato,
un albero senza radici,
la carne che si sfalda
tra i silenzi del potere.

La politica chiude gli occhi,
manca il filo che intrecci la carne
con il cuore pulsante del mondo,
l’unione sinciziale che stringe,
che tiene insieme le fibre sottili
dell’umano e del giusto.

Nel cratere della morte,
il sangue è fiume che scava,
una ferita aperta e muta,
un grido che il vento non porta via.

O Poggiomarino,
non lasciare che l’uomo caduto
sia solo polvere d’aria,
ma radice oscura che respira,
fiume silente che spezza il buio,
frammento di fuoco nell’intreccio del tempo

Ho scritto questa poesia perché ogni caduta, ogni morte sul lavoro, è una voce che si spezza nel silenzio del mondo. Viene da dentro, da quel cuore diviso tra la terra che mi ha cresciuta e l’Italia che mi ha accolta, un cuore che batte per chi lotta, per chi si consuma nei gesti quotidiani senza mai essere visto. Voglio dare luce a chi cade nell’ombra, far vibrare le loro storie come corde di un’arpa invisibile. La mia poesia è un ponte, un tessuto fragile ma resistente, che unisce le radici profonde della sofferenza al cielo di un futuro che deve cambiare. Non è solo un racconto di dolore, ma un grido muto che chiede giustizia, attenzione, umanità. Perché dietro ogni nome c’è un universo intero di sogni, di mani, di respiro, un filo di vita che non deve spezzarsi invano.

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