Il calcio è sì un’industria ma funzionano meglio gli artigiani del settore che i manager col curriculum
La Roma ha capito che è meglio Ranieri della Ceo greca, al Milan Tare è più affidabile di Scaroni e Furlani, alla Juve hanno rispolverato Chiellini

As Roma 20/05/2023 - campionato di calcio serie A femminile / Roma-Inter / foto Antonello Sammarco/Image Sport nella foto: Lina Souloukou
Il calcio è sì un’industria ma funzionano meglio gli artigiani del settore che i manager col curriculum
È interessante il valzer degli allenatori, la dice lunga sul panico di molti club di Serie A e ora anche della Figc. Ma non si dice abbastanza, o così ci pare, della ricomposizione dei management degli stessi club. Il calcio italiano sta cambiando, per quanto lentamente, e le proprietà vecchie (in alcuni casi) e nuove (in molti) si stanno rendendo conto di una cosa forse inaspettata. Guidare una squadra è un’attività che assomiglia molto di più a un mestiere artigiano che si impara in bottega, piuttosto che a una professione di quelle che si apprendono nei master delle università internazionali.
Basta darsi un’occhiata intorno. La Roma degli americani, dopo una stagione bipolare, ha lasciato perdere i Ceo greci per affidarsi a due grandi vecchi nostrani: è stato Claudio Ranieri (73 anni, ora consulente) a scegliere il Gasp (67 anni). Il Milan, dopo i risultati non certo eccellenti della triade Scaroni (banchiere e public manager), Furlani (dirigente d’azienda con titoli di studio alla Bocconi e ad Harvard) e Ibra (alla prima esperienza – difficile da definire in quanto a ruolo – fuori dal campo), ha raddrizzato il tiro con un profilo d’esperienza come quello di Igli Tare (anzi due, mettendoci Allegri). Anche la Juventus, seppur zoppicando nell’esecuzione dei piani, sta ricostruendo (o meglio: vorrebbe ricostruire) la spina dorsale della dirigenza con chi ne sa del calcio di oggi, dopo anni di gente che non aveva combinato cose memorabili neanche in Formula 1.
In tanta confusione, spicca la continuità del Napoli. Che non solo non ha bisogno di un nuovo allenatore né di un ds, ma che ha un presidente, rappresentato per tradizione come eterno neofita, ormai esperto. È certo volubile (così come per fortuna reattivo ai propri errori), non lo lasceremmo più da solo a prendere tutte le decisioni come nell’estate 2023. Ma fa questo mestiere da 21 anni e lo conosce molto meglio di tanti colleghi che vivono all’estero e seguono i risultati della squadra da display come se fossero l’andamento di un titolo in Borsa.