Calori: «Conte perse palla e io gli strappai lo scudetto nel diluvio di Perugia»
L'Intervista di Repubblica all'uomo che tolse lo scudetto alla Juve di Ancelotti all'ultima giornata: "Ma stavolta non penso che Conte possa perdere lo scudetto..."

Dice Alessandro Calori che “no, stavolta non penso che Conte possa perdere lo scudetto. Lo stadio di Napoli spingerà in porta i palloni”. Detto da quello che nel diluvio di Perugia a Conte lo scudetto lo scippò, non è male. Un gol in rovesciata, da difensore “ruvido”. Lo psicodramma di Perugia-Juve sospesa da Collina per più di un’ora. Il campionato perso all’ultima giornata, con due punti di vantaggio. Giustamente Repubblica l’ha intervistato.
“In fondo quel diluvio dura da 25 anni. Feci gol al volo alla Juve e le tolsi uno scudetto all’ultimo respiro, io, tifoso juventino, cresciuto nel mito di Scirea. Non fu una partita, ma un segno del destino. Fu assurdo, vivemmo dentro una bolla. Un’ora e un quarto di sospensione tra il primo e il secondo tempo, Collina che telefonava e chiedeva cosa fare, noi nel tunnel che pareva un lago la carriera ad aspettare, la Juve che poi prese gol e capì immediatamente di essere caduta dentro una maledizione da cui non si esce. Ma non è vero che ci chiesero di rallentare: stavano tutti zitti, quasi increduli. Oggi ripenso che c’erano Materazzi, Zidane, Conte, Ancelotti…”.
Calori racconta quel gol leggendario: “Respinta corta di Conte, palla verso di me, la stoppo di petto e al volo la calcio nell’angolino. L’avessi lasciata cadere, sarebbe scappata via. Van der Sar era coperto da Montero: non la vide neanche partire. Io la colpii d’esterno, a girare: imparabile”.
Da un quarto di secolo ci si chiede se fu giusto riprendere a giocare. “Beh, forse gli juventini non Una pausa così lunga non si era mai vista, oggi sarebbe impossibile immaginarla. Quel diluvio mi sembrò biblico: l’acqua scese dal cielo a lavare tante cose, comprese le cattiverie dette su di me. Il presidente nello spogliatoio prima della partita disse: “Il mondo ci guarda, mi raccomando”. Poi minacciò di mandarci tutti in Cina se non avessimo fatto il nostro dovere. Però Mazzone rispose che mica ci saremmo andati… Carletto era unico, si vantava di avere vinto per tutta una carriera lo scudetto della lealtà e aveva ragione”.